Nel 1992 alcuni efferati omicidi di prostitute portarono la città di Bolzano sulle prime pagine dei giornali italiani; in seguito alle indagini si scoprì che dietro questi delitti, a cui se ne aggiunsero altri due perpetrati in anni precedenti, si nascondeva un serial killer definito dall’opinione pubblica Il mostro di Bolzano. Questi venne catturato, fu condannato e in seguito morì nel 2017 nel carcere di Bollate, a causa di una grave infezione polmonare. Da questa tragica vicenda, Luca D’Andrea trae i fatti su cui è impostato il suo ultimo romanzo, Il girotondo delle iene, rimanendo in buona parte fedele allo svolgimento reale delle vicende. Nel libro, tutto parte dall’assassinio della Bambina, Lorena Haller, una giovane prostituta chiamata in questo modo per la delicatezza d’animo e l’esile corporatura.
Le indagini del commissario Krupp e della sua inizialmente neghittosa squadra porteranno alla luce una città che, dietro il benessere economico e la notorietà turistica, nasconde un’anima nera e purulenta.
D’Andrea ha imperniato il suo romanzo, oltre che sulla ricostruzione approfondita dei fatti, su personaggi di grande impatto emotivo: Krupp, anima tormentata e idealista, che si avvicinerà troppo al baratro del male, la squadra di poliziotti, Levada mano de Dios, Lopez faccia da ratto, Ayrton Senna e tutti gli altri, ormai contaminati dalla violenza e dalla ferocia contro cui dovrebbero combattere.
Quis custodiet ipsos custodes? Come ci ricorda il poeta latino Giovenale, chi sorveglierà gli stessi sorveglianti? Il problema, che è nato con l’istituzione della giustizia umana, continua ad assillare le società di ogni epoca e, con colta raffinatezza, citando Virgilio e Cesare, D’Andrea ce lo ripropone, mostrandocelo in tutta la sua complessità e in tutte le sue sfaccettature: Krupp, che disprezza i metodi violenti e senza alcun rispetto dei diritti degli arrestati di Levada e della sua squadra, sarà poi costretto a tollerarli per ottenere risultati utili alle indagini, infettandosi così con quella brutalità e quella sopraffazione da cui voleva rifuggire; Levada stesso, padre-padrone della sua squadra, che verrà spodestato dal suo sottoposto; Lopez, che usa la violenza per negare la propria mediocrità.
L’altro tema portante del romanzo è la rappresentazione del maschilismo, l’esaltazione del maschio alfa, che costringe la poliziotta Arianna ad adeguarsi ai codici di spietatezza e ferocia dei ‘mastini’ per potere essere accettata da loro. Lo stesso maschilismo che spinge gli ‘onesti cittadini’ a minimizzare gli omicidi o a disinteressarsene, perché perpetrati ai danni di donne emarginate, con le stigmate della prostituta e della tossica.
È un affresco cupo e plumbeo quello dipinto da D’Andrea, che reca in sé toni biblici da Antico Testamento, come nell’ambiguo rapporto tra Levada e Krupp, in cui si intravedono le ombre di Saul e Davide, il dramma del potente spodestato; o nella figura del giornalista Jo, un Abner cinico e machiavellico. L’atmosfera in cui agiscono vittime, carnefici e poliziotti è impregnata di un pessimismo dolente, di un apocalittico incombere del male, che finisce col diventare parte integrante di ogni essere umano.
Dopo gli anni oscuri delle vicende narrate, negli ultimi tempi Bolzano è risultata la città più vivibile d’Italia. Ci piace sperare che da quelle tragiche vicende la città sia riuscita a ricostruire un nuovo e positivo senso di comunità.