Dopo I sotterranei di Notre-Dame, ambientato nell’anno bel signore 1301 e pubblicato nel 2017 dalla Newton Compton, Barbara Frale, con il suo nuovo e colto romanzo affresco corale medievale, I labirinti di Notre-Dame – arricchito da parti esoteriche spirituali talvolta al limite dell’eresia che caratterizzavano la vita dell’epoca – scrive il prequel, ambientato nel 1300, e ci riporta a quegli anni tempestosi impotenti testimoni del massimo scontro ideologico morale, sociale ed economico all’ultimo sangue tra il Papato e la Francia. Scontro dovuto da parte della Francia alla necessità di barcamenarsi a ogni costo per motivi economici e di nuovo con per principali antagonisti il pontefice romano Bonifacio VIII e il sovrano d’Oltralpe, Filippo il Bello.
Antagonisti storici dunque il primo: Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani, fu eletto papa nel tardo medioevo, e incoronato il 23 gennaio 1295 nella Basilica di S. Pietro alla presenza dell’aristocrazia romana e del re di Napoli Carlo II e di suo figlio Carlo Martello. Non risulta che abbia fatto uccidere il suo predecessore Celestino V, che aveva facilmente indotto alle dimissioni, ma non badò a mezzi per farsi largo tra i rivali romani ed eliminare i nemici (i Colonna) che congiuravano contro di lui. Vissuto in un periodo storico di forte transizione in cui gli stati europei si stavano evolvendo da monarchie feudali a stati nazionali e diventavano sempre più indipendenti dal potere temporale della chiesa, Bonifacio, aveva un’ idea di gestione del papato diversa e più energica rispetto ai suoi predecessori – il suo progetto di affermazione teocratica era ormai anacronistico e nonostante la mossa felice dell’istituzione (1300) del giubileo, breve ma felice parentesi di pace, che gli permise di rimpinguare le finanze pontificie – tentò con forza di opporsi a tali mutamenti, cercando al contempo di ristabilire il primato papale, ma non ebbe mai la strada in discesa con Filippo IV suo principale antagonista che lo sfidò più volte, anche a rischio della scomunica.
Il secondo antagonista: Filippo IV, detto il Bello, erede al trono dopo la morte del fratello maggiore, il 16 agosto 1284 sposò Giovanna I, regina di Navarra. Lo stesso anno, a 17 anni, fu unto re di Francia per la morte del padre. Per la sua granitica personalità fu detto sia dai suoi nemici che dai suoi ammiratori il “re di marmo” o “re di ferro”. Il suo regno, considerato di rottura, da molti storici sollevò non poche polemiche. Bisogna riconoscere che , benché parlasse poco e fosse quasi un maniaco della caccia e della falconeria, pensava sicuramente ai suoi interessi e soprattutto seppe “far cassa” in ogni modo. Fu un sovrano che si batté per consolidare i suoi domini e potenziare il sistema burocratico e , affidandosi a validi collaboratori, creò i presupposti in Francia di quella che divenne anche con i suoi successori una monarchia burocratizzata. Il suo regno fu segnato dal lungo e sanguinoso conflitto con re Edoardo I d’Inghilterra, ma e soprattutto dal feroce scontro con il papato.
Il rapporto tra Bonifacio VIII e Filippo IV cominciò a guastarsi con il primo atto ufficiale di Bonifacio: la bolla Clericis Laicos, il 24 febbraio 1296, con la quale vietava ai laici di imporre tasse al clero e a questo di pagare i tributi richiesti, pena la scomunica. Il re di Francia replicò con un decreto il 17 agosto 1296 con il quale vietava la fuoriuscita dal regno di denaro e metalli preziosi, provvedimento con il quale impediva a Roma (agli ecclesiastici dunque) la riscossione di decime. Onde evitare il peggio, il clero riuscì a convincere il pontefice a concedere a Filippo IV il diritto di prelevare in Francia un parte di tasse dovute dai religiosi, garantendo una pace momentanea. Ma il fuoco covava sotto le ceneri…
Ma ora torniamo a Notre-Dame. Ah no! Ai suoi labirinti…
Parigi, anno del Signore 1300. Padre Baldrico de Courtenay, abate del ricco monastero di Saint-Germain a Parigi, viene trovato morto sul sagrato di Notre-Dame. L’assassino ha lasciato sul volto e sul corpo del religioso orribili mutilazioni e una scritta il cui senso appare indecifrabile: Degluptor degluptus…Ma perché? La soluzione starebbe forse nella frase di Svetonio: Boni pastoris est tondere pecus, non deglubere, ovverosia “un buon pastore tosa le pecore, non le scortica”?
A Roma, intanto, sicari prezzolati dai peggiori nemici romani del papa, hanno fatto cadere in un agguato, uccidendolo a pugnalate, il vecchio benedettino padre Angelerio da Ferentino diretto alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, per impedirgli di consegnare una reliquia dal valore inestimabile. Reliquia destinata a Bonifacio VIII.
Mentre il vescovo di Parigi, Simone Matifort, è costretto a indagare di persona per scoprire chi e perché qualcuno abbia voluto uccidere con tale barbarie l’abate di Saint- Germain, Crescenzio Caetani, studente di medicina a Salerno e nipote di Bonifacio VIII, sospetta e a ragione che la reliquia fatta rubare a padre Angelerio dai Colonna sia già arrivata a Parigi, e stia per finire nelle mani del re di Francia.
Possibile che Filippo il Bello sia tra i mandanti della morte del frate francescano? Oppure lo si vorrebbe coinvolgere? E poi chi avrebbe massacrato l’abate di Saint-Germain, lasciando sul corpo quel misterioso messaggio?
Arnaldo da Villanova, medico del papa ed esperto di dottrine esoteriche, non ha dubbi: la reliquia rubata non è un oggetto sacro, ma un’opera del Maligno che sarebbe in grado di scatenare una guerra rovinosa fra i troni più potenti della terra…
Un ritratto più approfondito (vero? Falso? Chissà ma certo offre un soffio di delicatezza alla trama) di Filippo IV. La storia di un’infanzia negata, di una durissima educazione imposta, con il crescere in una gelida solitudine, accompagnata da rudezza, seguita da una feroce preparazione atta a fare di un bambino un belva in grado certo di spiegare ogni sua reazione. Quella sua teatrale e disumana ieraticità in cui i pochissimi momenti di debolezza, come per la sommossa dei fiordalisi, in cui si potrebbe parlare di accondiscendente cedevolezza, vanno nascosti a tutti accuratamente.
Un’ambientazione dettagliata persino perfetta nei minimi particolari di questo denso romanzo corale.
Ho parlato di due principali antagonisti che l’autrice inquadra e descrive perfettamente nel loro mondo, modo di agire e probabilmente di pensare. Poi ci sono gli altri.
Anche stavolta mi hanno particolarmente colpito le figure femminili, protagoniste positive o negative della storia: la regina di Francia e di Navarra Giovanna, eccezionale, lucida e pragmatica tempra di leonessa, moglie, amante e madre appassionata e per salvare la sua famiglia, la Regina, la pericolosa, intrigante, e velenosa matrigna e madre pronta a tutto, Maria di Brabante, la bella amante cugina di Filippo, l’amazzone Matilde d’Artois e Maddalena Caetani, nipote dodicenne del pontefice, l’innocente, vivace e solare ragazzina, forte ma pieghevole come un giunco, intelligentissima e soprattutto dotata di quell’ umanità che la renderanno indispensabile nel contesto della trama e poi un’allieva alla quale Arnaldo forse potrà trasmettere la sua saggezza . Tra i personaggi maschili bisogna citare Louis d’Evreux, il bel fratellastro del re, leale, fedele e tanto innamorato della regina da essere pronto al sacrificio, Alfonso de la Cerda il cugino spagnolo di Filippo IV , forse l’unico suo vero e devoto amico, mastro Nogaret il giurista emerito promosso avvocato della Corona dal sovrano, il vescovo Nogaret, uomo di polizia, uso al sangue e all’infamia prima di farsi servitore della chiesa, Crescenzio, il Caetani ribelle, colui che non accetta legami religiosi, il medico, il geniale fratello maggiore di Maddalena. E come non ricordare anche altri personaggi, imperdibili camei nel succo della narrazione. Vedi un Marco Polo anziano che chiede al papa in sposa la nipote per Temür, nipote del grande Kublai e porta in dono una splendida spada forgiata in purissimo acciaio: una spada dentro un fodero di lacca nera destinata a una donna, una spada molto sottile. Una spada chiamata Il volo della fenice… E la comparsata in Vaticano dei Templari…
Ben calibrata la ricostruzione di un cattolicesimo complesso, particolare che portava in sé ancora alcuni liberatori influssi pagani, e tuttavia spesso umiliato o peggio martoriato dal commercio carnale, da supine e barbariche credenze legate alla stregoneria. E chi potrebbe sapere tutto meglio di Arnaldo da Villanova, per le sue origini detto il Catalano, geniale e contestato medico di Bonifacio VIII? Lui già, che un tempo esercitava a Parigi, legato strettamente a Filippo il Bello, poi dal re imprigionato con l’infamante accusa di ingiurie contro la chiesa. C’è è un qualcosa in grado di collegare Filippo di Fontainbleu al Catalano?
Arnaldo di Villanova poi liberato in virtù del perdono del pontefice e a Roma come suo protetto. Ora tuttavia sa che nelle sue mani ci sono i destini della cristianità. Ma non ci riuscirà mai da solo deve trovare aiuto… qualcosa o meglio qualcuno a cui trasmettere il suo sapere. Gli serve un apprendista… Deve trovarlo!