Una nuova avventura per la penna di Alfredo Colitto, raffinato scrittore e attento novellatore di fiction storiche che ha reso protagonista della sua serie medievale Mondino de’ Liuzzi, medico e stimato anatomista bolognese, nato in seno a una famiglia di origine fiorentine, celebre accademico che esercita l’attività presso l’Alma Studiourum di Bologna agli inizi del XIV secolo, l’età d’oro dell’Ateneo, quella dell’“Università degli Studenti”, dello Studium, della più antica e rinomata università del mondo.
Ma torniamo subito, è doveroso, a questo nuovo episodio della serie, o meglio, della saga dal titolo: I delitti della chimera,
Bologna, 1314. Con l’inverno alle porte e con il buio che assedia la città ogni giorno di più, dopo una di queste lunghissime notti, verrà ritrovato abbandonato a terra nella sua dimora il cadavere del giudice Fondieri.
Senz’altro un delitto, anzi un orrendo omicidio perché il suo cadavere, orribilmente sfigurato, pare sbranato da una fiera. Indagare sul caso sarà compito del Capitano del popolo Pellaio dei Pellai, nemico viscerale di Mondino de’ Liuzzi al quale imputa dissezioni fuori legge su cadaveri e che, in combutta con il medico Ardizzone Guaçaloti coadiuvato dal notaio Bismaltorti, ha chiamato a rispondere penalmente dell’accusa. Ciò nondimeno, su ordine del Comune che, su richiesta del notaio Greppi, ha Mondino de’ Liuzzi sul libro paga “come collaboratore della giustizia per i delitti più gravi ”, il riottoso Pellaio dei Pellai dovrà far buon viso a cattivo gioco e risolversi ad accettare l’aiuto dell’illustre medico.
Il primo esame di Mondino, in grado come pochi di trarre tutti gli indizi da un’analisi approfondita sui cadaveri, tuttavia questa volta servirà solo a sollevare misteriosi interrogativi sul feroce delitto: l’accanimento riscontrato sulla vittima appare infatti imputabile senz’altro a un animale, o meglio a una belva ma i denti che hanno dilaniato oscenamente le sue carni sono inspiegabilmente umani.
Chi o meglio cosa mai potrebbe provocare tale mostruoso omicidio? E, soprattutto, perché? Potrebbe trattarsi di una vendetta? Ma quando Mondino, coadiuvato da Pellai prova a scavare nei casi e nelle sentenze seguiti nel tempo dal giudice, cercando segreti e improbabili risposte, la faccenda rischia di complicarsi parecchio. E solo una enigmatica X, come una diabolica firma lasciata dall’assassino rimanda alla bestiale raffigurazione della mitologica chimera cantata da Omero nell’Iliade.
Quando la spirale di sangue incalzerà vertiginosamente, mentre le tenebrose trame del livoroso collega Guaçaloti, alleato con il capitano del popolo, paiono volersi stringere attorno alla sua testa assillandolo con la minaccia di una fatale condanna, Mondino sarà costretto ad ammettere di aver bisogno di tutto l’aiuto possibile, sia per portare avanti l’indagine che per coprirsi in qualche modo le spalle dalle trame dei suoi nemici.
E dunque, in primis, l’aiuto della famiglia con l’oculato avviso del dotto zio Liuzzo, ma più in particolare di Gabardino, figlio primogenito di primo letto, l’indipendente e permaloso speziale che a torto si crede poco stimato dal padre e di Mina la sua bella, giovane e geniale seconda moglie, grande studiosa, poco adatta a fare solo la donna di casa, quasi una femminista ante litteram, al di fuori delle convenzioni medievali.Tutti disposti ad allearsi di nuovo per dare una mano. Ma visto che per grandi problemi servono maggiori risorse anche e per fortuna potrà contare sull’inatteso ritorno a Bologna del vecchio allievo e caro amico di Mondin,o Gerardo, l’ex templare da poco ritornato in città dopo un lungo viaggio che l’ha portato persino in Portogallo.
Tuttavia, nonostante il diretto coinvolgimento di tante teste e braccia, pare quasi impossibile sbrogliare un mistero che anzi, a ogni passo, sembra volersi fare più fitto.
Nell’ intricato susseguirsi d’indizi e di potenziali sospetti, tutta Bologna dovrà essere messa sottosopra. E poi, come si pensa di agire? Insomma, stavolta a Mondino non basterà più il suo favoloso e incredibile intuito. Il nemico non ha remora alcuna, sa il fatto suo, ha avuto tutto il tempo per covare subdolamente ogni minuto particolare, e studiare ogni mossa da compiere, prima di cominciare a mettere in atto la sua tragedia, per poi continuare a colpire.
Bisogna muoversi con prudente circospezione se si vuole incastralo, perché si rischia di pagare ogni errore con la vita.
Un applauso ad Alfredo Colitto per il suo doppio regalo: per la straordinaria ambientazione della storia che ci permette ancora una volta di muoverci nello spazio e nel tempo, inseriti con la massima disinvoltura del tessuto urbano e sociale della sua colta e cosmopolita Bologna di allora, e per l’enigma poliziesco decifrato da Mondino de Liuzzi su basi deduttive-scientifiche e dalla sua insostituibile squadra (composta da familiari e amici, in un’epoca in cui invece, come è noto, la tortura con i suoi tratti di corda, la ruota e le tenaglie arroventate erano il sistema più gettonato per risolvere un caso).
Come già detto, Mondino de’ Liuzzi è realmente esistito e rappresenta una vera grande figura storica e scientifica .
Nel 1316 redasse il suo Anothomia: un testo che sarà utilizzato da intere generazioni di studenti, ai quali si rivolgeva spiegando i tempi e i modi della dissezione autoptica. Padre della moderna anatomia patologica, con i suoi studi portati avanti su cadaveri umani (pratica, allora, molto contestata e giudicata nella penisola, più a lungo che altrove, vicino alla blasfemia), fece fare tali progressi allo studio della medicina anatomica che i suoi trattati divennero addirittura dei classici, fondamentali per lo studio nei due secoli successivi.
E dobbiamo a lui l’aver sottratto di nuovo l’amico Colitto all’insegnamento e alla sua seconda feconda missione di traduttore. Sue infatti sono le tante traduzioni in italiano di testi di giganti anglosassoni mondiali della letteratura quali : Don Winslow, Michael Connelly, James Ellroy, ecce. ecc.