Håkan Nesser si trovava a Como al Noir In festival per presentare, oltre al suo ultimo libro, La Confraternita dei mancini, Guanda, i film della serie Intrigo, tratta da tre suoi libri.
Cominciamo proprio dalla serie Intrigo, come è nato questo progetto?
Cinque o sei anni fa, venni chiamato dal regista Daniel Alfredson che mi chiese se mi potesse interessare trasformare in film tre dei miei libri. Perché? ho chiesto? Perché sono buoni, mi ha risposto.
I tre libri che erano stati scelti avevano la lunghezza giusta per una trasposizione fedele. Se un libro ha all’incirca 120 pagine, puoi portarlo sullo schermo senza dover apportare tagli o cambiamenti e quei tre erano proprio della lunghezza perfetta.
Sono libri abbastanza vecchi, Morte di uno scrittore risale al ’93, e ci sono cose che ho scritto di cui mi sono ricordato adesso, vedendo il film.
A La nemica del cuore, il libro del secondo episodio, è stato cambiato il finale e pensa, gli sceneggiatori hanno trovato una fine decisamente migliore della mia ( ride ndr). Samaria,il terzo, è stato scritto quando ancora insegnavo.
Tutti e tre sono collegati dai temi che trattano: colpa, vendetta e segreti del passato che tornano a galla.
Se Hitchcock fosse stato vivo, li avrebbe diretti lui ( ride ): non puoi andartene, sei inchiodato alla poltrona per capire cosa è successo, cosa succede e cosa succederà. In Svezia e Germania hanno tratto film da una quindicina di miei libri, ma questi sono quelli che mi piacciono di più.
Colpa e vendetta sono i tuoi temi cardine?
Quando scrivo non penso mai a dei temi, ma alla storia. Poi però mi accorgo che torno sempre lì, perché in fondo sono le cose che mi chiedo io come uomo: perché facciamo del male? Il male che c’è nel mondo forse è troppo grande per me. Quello che mi interessa sono i crimini commessi da gente normale, da persone buone. Mi concentro sui personaggi, sulla filosofia di vita. Sono un po’ esistenzialista, per me vita e morte sono collegate. Le mie storie che potrebbero accadere ovunque, basta togliere l’inutile e avere un’ambientazione non caratterizzata. Scrivere una storia vuol dire entrare nella mente delle persone. Solo che poi è difficile uscirne…
Sai poi, scrivere un giallo è difficilissimo, ma analizzare come lo fai è ancora più complicato.
I libri sono ancora armi?
Lo spero. Io però non sono coinvolto politicamente. Molti scrittori di gialli dicono che io non scrivo gialli ma critica sociale. Non scrivo storie connotate politicamente. Certo ho le mie idee, ma non le metto nei libri. I lettori sono brave persone…i lettori e i padroni di cani..(ride)
Io ho un gatto…
Anch’io. Anche i gatti vanno benissimo, sei a posto..
Dicevo…Sono nel mondo dei libri da 30 anni e da sempre si parla di questa enorme crisi del settore, dicendo che i libri sono morti. Ma non è vero, vanno su e giù ciclicamente. Credo che la gente abbia un fondamentale bisogno di sentirsi raccontare delle storie.
Sei stato un insegnante di letteratura. Quali sono i tre libri che si dovrebbero assolutamente leggere nella vita?
Insegnavo svedese ,che comprende lingua e letteratura. I ragazzini andavano dai 13 ai 16 anni. La cosa straordinaria è che puoi far leggere i classici anche a quella età e i ragazzi rimangono colpiti. Leggevano Dante ed erano folgorati. Poi Romeo e Giulietta, di Shakespeare, l’Amleto. Sono storie potenti e non importa che siano vecchie di secoli. Una volta avevo o una classe particolarmente brillante: il lunedì mattina alla prima ora, la più dura della settimana, nessuno doveva dire una sola parola. Io aprivo la porta della biblioteca. Loro entravano e dovevano leggere qualcosa per 40 minuti. Trovo fosse un grande inizio di settimana. Quando avevano finito io dicevo: grazie, godetevi il resto della settimana!” Praticamente si svegliavano leggendo un libro-
Per quanto riguarda i tre libri fondamentali…uno di Dostoevskij, forse Delitto e castigo, oppure i Fratelli Karamazov e almeno i primi due canti della Commedia di Dante. Non so perché tutti conoscono l’Inferno e il Purgatorio, mentre il Paradiso no, forse perché è più complesso. Ma forse è proprio più facile descrivere il male e l’oscurità dei primi due canti che la felicità del Paradiso.
Anche con Shakespeare capita la stessa cosa: preferiamo le grandi tragedie come Macbeth ad altre opere meno “nere”. Probabilmente ha a che fare con la nostra natura. Siamo strani, per qualche motivo perverso perverso proviamo piacere nel leggere delle disavventure altrui. Guarda anche questo Noir In Festival: esiste perché ci piacciono le cose dark , brutali, gli omicidi etc..
Tutti nascondiamo angoli bui..
Sì, ma forse il mio angolo è in qualche modo collegato o simile al tuo e questo fa sì che ci capiamo
Ieri sera durante la presentazione si è parlato di Van Vetereen e del “Determinante”, cos’è?
Ho preso il concetto di determinante dal polacco Leon Rapaport. Secondo lui è un pensiero mistico che ci spinge a fare la cosa giusta
Per me Van Vetereen ( il protagonista di molti libri di Håkan Nesser) è una persona misteriosa, non lo capisco. È il classico detective letterario, molto intuitivo, conosce cose che non so, scova indizi e riesce a vedere dietro gli angoli. È un tipo strano e anche “determinante “ è un concetto strano. E lo incarna perfettamente. Ma io come scrittore non devo scoprire esattamente cosa c’è nella mente di Van Vetereen . Ne scrivo, ci posso arrivare vicino, ma non devo per forza capirlo. Per questo ho scelto un concetto come il determinante per descriverlo. È un mistero, ma anche Van Vetereen lo è. Sapete cosa vuol dire Van Vetereen? Significa : il diavolo lo sa…
Per chi scrivi?
Per un buon lettore e per me stesso. Scrivere e leggere sono in fondo molto simili. Scrivo perché sono un lettore e scrivo i libri che vorrei leggere. E spero che qualcuno apprezzi quello che anche io apprezzerei. Credo sia la stessa cosa per ogni scrittore.
Che mi dici della moglie di Van Vetereen? È il suo specchio o il suo opposto? Sembrano completarsi a vicenda?
Lei è la persona che sa guardare dentro di lui e vederlo per ciò che veramente è e lui ne ha bisogno perché lei lo sostiene, lo sprona e gli indica la giusta direzione.
Hai detto che Van Vetereen non tornerà più. Perché lo hai pensionato e non ucciso come hanno fatto molti scrittori?
Perché, dovessi mai cambiare idea, dovrei resuscitarlo, come hanno fatto con Sherlock Holmes.
Diventa problematico continuare troppo a lungo con una serie. Dieci libri era un buon numero, ora sono diventarti undici, ma c’è stata una pausa di 10 anni in mezzo. Avere un personaggio seriale va bene, perché nel tempo crei un legame, ti “colleghi” a lui, inoltre in un solo libro non c’è tempo per sviluppare appieno un personaggio perché la storia, il crimine porta via molto spazio.Per dare spessore e sviluppare a un personaggio serve qualche libro, ma poi c’è un limite a tutto, ci deve essere una fine, C’è un autore che se non sbaglio ha scritto 48 libri con lo stesso personaggio: decisamente troppi!
Parlando di limiti, la letteratura deve avere dei limiti e tutto è permesso?
È tutto permesso, puoi scrivere quello che vuoi, è la storia che conta. Se poi pubblichi un libro e nessuno lo legge, forse vuol dire che hai raggiunto qualche tipo di limite e la tua storia non funziona.
Quello è un limite naturale ( ride. nda)
C’è qualche argomento di cui non hai mai parlato e di cui mai parlerai?
Non lo so…io non amo i libri “sanguinolenti”. Nei miei libri la violenza c’è ma non è esibita, è tra le righe.Ci sono tante cose di cui non scrivo, ma questo non vuol dire che eviti di leggerle nei libri di altri. Come dicevo prima, io evito anche di scrivere di politica, che mi interessa come persona ma non come scrittore. Altro esempio,la criminalità organizzata, che è ovunque: ne potrei scrivere,ma non mi interessa metterla nelle mie storie. Sono cattive persone che commettono crimini, ok, ma questo non crea una bella storia.. Non mi dice nulla sulla condizione umana e non risponde alla domanda che per me è fondamentale: perché una persona buona può commettere il male? Per quale ragione?
Immagina di essere a cena con Barbarotti e Van Vetereen ,di cosa parlereste, si lamenterebbero con te di qualcosa?
Sono sicuro che Van Vetereen si lamenterebbe: mi direbbe: non capisci un c….!!! Barbarotti invece è un tipo più carino, è come un fratello minore, naif e un po’ immaturo.
Che oggetto ti rappresenta?
Per forza un oggetto? Posso scegliere un animale? Il cavallo.
Devi sapere che ho una fattoria e ogni due settimane ci vado e passo il tempo a parlare con i cavalli, col cane, col gatto. e con un’oca veramente stupida.
Barbarotti è mezzo italiano, come mai hai scelto questo nome?
Perché mi piaceva la combinazione tra nome e cognome.
Gunnar è un nome che più svedese non si può,e Barbarotti è ovviamente un cognome italiano. Poi dovevo spiegare come mai avesse questo nome e quindi mi sono inventato la storia del padre italiano da cui la madre si era separata prima che lui nascesse . E l’unica cosa che il padre gli ha dato, è stato il cognome. Henning Mankell ha un personaggio che si chiama Giuseppe Larsson, che è il gioco contrario del mio.
Giri molti paesi presentando i tuoi libri, noti delle differenze tra i lettori? Le domande sono le stesse?
No, i lettori sono gli stessi ovunque e per fortuna, aggiungo. Perché un libro dovrebbe essere un ponte tra le persone, non importa dove vivano. Anche le domande sono le stesse, ma io cerco di dare risposte sempre diverse… ( ride. nda)
Quando insegnavo e preparavo dei test capitava che i ragazzi che avevano magari avuto fratelli a scuola l’anno precedente mi chiedessero: è lo stesso test dell’anno scorso? Io rispondevo: sì le domande sono uguali, ma quest’anno abbiamo risposte diverse….
MilanoNera ringrazia Håkan Nesser per disponibilità e la grande simpatia.