L’artiglieria col suo carico di fuoco è mostruosa, il marciume che ci circonda pretende un vero e proprio blitzkrieg. Il campo di battaglia viene occupato dalla triade più celebre del noir italiano in difesa della magistratura, la classe professionale più vituperata dall’esercito più parassita del nostro paese. Come? Raccontando la vita di tre singoli giudici, ambientate in tre diverse e centrali epoche di questo paese stuprato ormai non più solo dalla criminalità organizzata: l’Italia neo unita (Camilleri), quella che sta andando incontro alla strage di Bologna (Lucarelli) e quella del presente, assassinata, De Gregori mi perdoni, dalle zoccole e dal cemento (De Cataldo).
Tre racconti brevi questo Giudici, uscito con lo stampo della Einaudi (cos’è, il paradosso di una nemesi o l’estremo tentativo di una resistenza partigiana dall’interno?), ma volume capace di raccontarci quanto l’eroismo di cui avremmo bisogno si coniuga sempre più con la necessità di possedere un’umana dose di coraggio personale in grado di farci semplicemente compiere le azioni più ordinarie della nostra vita quotidiana. Comprese quelle più scontate o elementari.
«C’è bisogno di eroi in magistratura?», venne chiesto a Giovanni Falcone. «No, di persone normali», fu la risposta. Come il giudice Surra catapultato da Torino a Montelusa a tu per tu con una nuova abitudine socio-culturale chiamata Fratellanza che poi diventerà Maffia (e poi perderà la doppia), o Valentina Lorenzini, giudice istruttore con primo incarico a Bologna e soprannominata la Bambina per la sua giovane età, o il procuratore Ottavio Mandati, a cui il sindaco di Novere vuole in qualche modo provare la superiorità antropologica della politica sulla magistratura. Tre persone normali. Tre modelli che sanno di acqua fresca e pane buono. Figli di un’Italia sbadata che non da oggi disprezza i suoi figli migliori. Ma che da quasi vent’anni si compiace dello stato di derisione e umiliazione a cui intende abbandonarli.