In occasione della partecipazione al festival Piemonte Grinzane Noir dove ha ricevuto il premio Grinzane Noir 2008 “Sezione racconto in Giallo Italiano” Giorgio Faletti ha (finalmente!) concesso un’intervista a MilanoNera:
La tua attività artistica è poliedrica, cabarettista, cantautore, scrittore, attore in momenti diversi della vita. In quale ruolo ti identifichi oggi?
Quando mi chiedono cosa faccio, dico lo scrittore. Spero prima o poi di riuscire a soddisfare i tre gradi di giudizio: la critica, i lettori e il tempo.
Circa undici milioni di copie dei tuoi romanzi vendute in Italia, Pochi inutili nascondigli in pochi mesi ha raggiunto le 500’000 copie. Qual è il segreto del grande successo che hai avuto in tutte le attività intraprese?
Solo una grande fortuna, ho incrociato il successo in un percorso che ha avuto anche momenti poco esaltanti che avrei potuto evitare ma che mi hanno insegnato cosa non si deve fare. Credo di potermi definire vivace, molte cose mi hanno incuriosito, e dato grandi soddisfazioni. Ho avuto la possibilità di seguire le mie inclinazioni e di esprimere la mia creatività con entusiasmo e anche con faccia tosta. Questo è l’unico merito che mi arrogo.
Quando è nata la passione per la scrittura e con che percorso sei arrivato a pubblicare il primo libro?
A vent’anni volevo diventare scrittore ma non avevo disciplina, ero distratto da altre cose. Scrivevo i testi dei miei spettacoli televisivi e di cabaret e alcune canzoni. In un periodo in cui ho avuto più tempo ho cominciato a scriver qualche racconto. Li ho fatti leggere, erano piaciuti ma l’editore mi aveva detto che per i racconti non c’è molto mercato e mi aveva chiesto di scrivere un romanzo. A quel punto avevo abbastanza autodisciplina per farlo e ho scritto “Io uccido”.
Perchè un noir?
A volte le cose sono casuali, a Sanremo, il giorno dopo aver cantato “Signor tenente” i giornali avevano definito l’interpretazione “straordinaria”. In realtà avevo una grandissima paura. Poi senza un motivo particolare mi è venuto in mente il titolo ”Io uccido”. Sono partito da lì per costruire la storia seguendo quella strada.
Usi qualche metodo particolare per scrivere?
Cerco di usare un linguaggio facilmente comprensibile perché penso che il lettore non legga il libro tutto di fila, ma che si interrompa e a volte le interruzioni durino qualche giorno. Uso l’escamotage di fare ogni tanto il punto della situazione con un piccolo riassunto dei fatti, utilizzando qualche personaggio. E’ utile per non fare perdere il filo della narrazione al lettore se la trama è complessa.
Il tuo rapporto con la critica non è sempre idilliaco…
In Italia la critica è volubile legata al momento e all’ideologia. Non credo di essere l’erede di Hemingway, scrivo storie, le propongo al pubblico e spero che piacciano. Continuerò a scriverle. Libri osannati dalla critica a volte vendono pochissime copie. Mi paragono a Totò che veniva sempre stroncato dalla critica, poi è stato rivalutato e definito “grande”.
“I kill” è uscito da alcuni mesi negli Stati Uniti e lì ha avuto riscontri positivi della critica.
La più bella soddisfazione della tua vita?
Ho avuto tanti momenti belli a livello lavorativo, il momento più bello è stato quando mi sono svegliato dopo una notte di coma e mi avevano detto che ero diventato un autore di successo. Ma soprattutto ero ancora vivo.
Che cosa legge Giorgio Faletti?
Mi picco di avere desunto un po’ di tecnica leggendo thriller, ho letto anche fantascienza, western e fumetti. A undici anni ho letto l’amante di lady Chatterly. Sono una specie di lavatrice in cui hanno buttato panni di diversi colori e fatto andare a 90 gradi. Il mio libro della vita è “Il vecchio e il mare” di Hemingway. Ho letto Steinbeck, autori umoristici come Mark Twain, Jerome e Richard Powell.. Ora leggo un po’ meno, sono impegnato a scrivere e ho due buoni motivi per non farlo: non voglio essere influenzato e perchè se in questo momento leggo una cosa che mi piace divento invidiosissimo.
Leggere e molto bello, dovrebbe diventare un obbligo.
Hai appena ricevuto il Premio Piemonte Grinzane Noir per il racconto giallo. Favorevole o contrario ai premi letterari?
I premi sono sempre molto piacevoli, sono il riconoscimento che hai fatto bene il tuo lavoro, fermo restando che il premio più ambito è il consenso del pubblico. Il Grinzane è un premio prestigioso e
mi ha fatto molto piacere riceverlo. Gli autori si dibattono intorno a una domanda, un libro che ha il plauso generale della critica e vende una sola copia, può considerasi un successo?
Non si sa mai quando uscirà un capolavoro, il migliore libro è quello che scriverò e questo pensiero è quello che mi fa andare avanti come autore.
A chi vorresti dire grazie?
Alle persone che conosco da parecchi anni e mi hanno incoraggiato e aiutato e sono tuttora miei cari amici. Persone che mi hanno sostenuto e soccorso quando ero scoraggiato e hanno sempre creduto in me. Se vogliamo prendere in considerazione un fatto contingente, i medici che mi hanno permesso di continuare a ammorbare il mondo con i miei libri.
Per il futuro: quando un altro libro?
Sto terminando un romanzo che avrebbe dovuto uscire a dicembre, ma in corso di scrittura si è talmente articolato che ho dovuto implementare la documentazione. E’ ambientato negli Stati Uniti e ha un antefatto durante la guerra del Vietnam.
Per documentarmi mi reco sempre sul posto, mi piace viaggiare e questo è anche uno dei motivi per cui cambio spesso la location delle mie storie.