Forse dopo i tanti romanzi di Maurizio de Giovanni che parlano di Pizzofalcone è venuto il momento per i “non napoletani” di offrire una descrizione, insomma un’immagine più precisa del quartiere partenopeo, che ha reso celebre il nome della serie. La collina di Pizzofalcone è nota anche come Monte di Dio per l’omonima chiesa con annesso convento, fondati nel XVI secolo in cima a via Monte di Dio ma oggi non più esistenti. Il nome Pizzofalcone invece ha radici più antiche, risale alla metà del Duecento, quando la popolosa collina non faceva ancora parte del tessuto urbano. L’allora re di Napoli Carlo I d’Angiò per destinare questa zona alla caccia al falcone, fece costruire sulla collina una falconiera per la real caccia. Con un antico e importante percorso storico alla spalle, oggi la collina di Pizzofalcone si trova tra il borgo di Santa Lucia, il Chiatamone e Chiaia e comprende tanti elementi di interesse, tra cui la chiesa di Santa Maria degli Angeli, la chiesa di Santa Maria Egiziaca, entrambe del ‘600 e il Teatro Politeama. All’apice della collina sorge il Gran Quartiere di Pizzofalcone, con la caserma Nino Bixio, che ospita un Reparto Mobile della Polizia di Stato. Inoltre, sempre qui troviamo la Scuola Militare Nunziatella di Napoli, uno dei più antichi istituti di formazione militare. Dello stesso complesso fa parte anche la Chiesa della Nunziatella, risalente alla seconda metà del Cinquecento. In cima alla collina troviamo poi l’eccezionale sito archeologico di Monte Echia, dove nel secolo VIII a. C. i Cumani fondarono Parthenope, e il suo incantevole belvedere sul Golfo di Napoli e i resti della villa di Lucullo.
Dal centro per raggiungere Pizzofalcone, a conti fatti a pochi passi da Piazza Plebiscito, luogo simbolo di Napoli, si può servirsi dell’ascensore a via Chiaia oppure prendere le rampe di Pizzofalcone da via Chiatamone.
Dal punto di vista sociologico mentre via Monte di Dio è l’emblema della Pizzofalcone dei nobili, la parallela via Egiziaca esibisce un’edilizia sorta per essere riservata al ceto medio e popolare con le altre parallele, via Pallonetto e Solitaria, che ospitavano il ceto di basso livello destinato a prestar servizio ai signori o a fare il marinaio o il pescatore nella vicina S. Lucia. Fino a un secolo fa questa era la situazione sociale del quartiere, oggi diversa e più problematica.
Ma dopo avervi presentato il grandioso scenario che Maurizio de Giovanni regala ai suoi lettori, rendendolo addirittura palpabile, passiamo al suo nuovo libro: Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone.
È presto, il sole è sorto da poco ed è una splendida mattina di primavera, anche se la primavera di Pizzofalcone sembra diversa dalle altre. Forse perché nell’aria c’è una luce speciale e l’odore del mare si mischia sia al profumo del glicine in fioritura, sul muro borbonico, che a quello della ginestra selvatica che scende dal monte Echia, l’origine di tutto.
Perché il quartiere somiglia ad altri ma non è la stessa cosa. Intanto è una collina maritata con il vento che la trastulla. Rinunciate a fissare una meta, se è di poco passata l’alba e siete a Pizzofalcone in primavera. Diventate sensoriali, andate a vela. Non lasciatevi incantare dalla musica che fuoriesce da spiragli dischiusi al primo tepore. Affidatevi alla pelle, alle orecchie, al naso e passeggiate lenti in silenziosa cupida ammirazione dei muri scrostati e degli immensi portoni, che talvolta si aprono su meravigliosi giardini incolti, muti testimoni della lotta fra l’umido e il sole in via Egiziaca. Ma, attenti, non è vero che questa è solo una passeggiata di primavera. Perché questo è un romanzo della serie/saga di Pizzofalcone. E infatti se continuate fino all’angolo di Santa Maria degli Angeli, imboccate Via Monte di Dio fate qualche metro e vedrete infilato a fatica in un vicolo sulla vostra destra, un stretto chiosco di quelli antichi, in ferro battuto e vetro, piastrelle e scaffali in legno. Vedrete quello che dovrebbe essere il perenne regno della primavera perché in quel chiosco, un’aggraziata edicola liberty, si vendono fiori, e la primavera pare si celi tutto l’anno in mezzo ai fiori, neppure fosse imprigionata in un ciborio, sempre pronta all’uso. Ma allora cos’è questo magone, questa sensazione di angoscia che provate avvicinandovi? Perché percepite qualcosa che non va, di sbagliato, man mano che ci avvicinate al chiosco? Perché niente è piú stridente, depravato e in contrasto con il fiorire della primavera del sangue e della morte. Come si può morire in un giorno come questo? Anzi farsi ammazzare, perché Savio Niola, il settantaquattrenne proprietario dello storico chiosco di fiori, che abitava poco lontano, è stato ucciso. A prima vista, un orrido macello, qualcuno ha infierito su lui massacrandolo. Un suo vecchio caro amico e coetaneo, Ciro Durante, proprietario di un negozio di raffinate stoffe e tovagliati in via Chiaia che, come ogni mattina passava da lui, per fare due chiacchiere mentre tirava fuori i suoi fiori, ha telefonato alla polizia per denunciare l’omicidio. Quel feroce e sanguinoso delitto, dal sapore di un regolamento di conti, scuote tutto il quartiere, Niola non aveva famiglia sua, ma tutti lo consideravano una specie di “nume tutelare “, che non avendo affetti propri si prodigava e si era sempre prodigato per aiutare gli altri indistintamente. Purtroppo, data la posizione defilata del chiosco nessuno ha visto o avrebbe potuto vedere qualcosa, nella zona non ci sono telecamere nemmeno private e l’ingresso non era visibile da balconi o finestre del vicinato.
Savio Niola era benvoluto da tutti. Aiutava chiunque si rivolgesse a lui per aiuto e ciascuno poteva contare sulla sua attenzione e se necessario persino su un sostegno materiale. E tuttavia è stato letteralmente fatto a pezzi. Chi e perché può aver commesso un simile abominio?
La vittima era un uomo evoluto, civile, incensurato, a suo carico neppure una multa. Niente da riferire sul suo conto. Solo un po’di recente notorietà, dovuta all’essersi esposto per denunciare il racket che da anni imponeva il pizzo ai commercianti della zona, ma la pista della criminalità organizzata non convince i Bastardi. Potrebbe invece trattarsi di un diverbio finito nel sangue? Il caso appare difficile, non resta loro che stringere i denti e cercare di saperne di più. I Bastardi si sono guadagnati stima e rispetto, il commissariato di Pizzofalcone può ormai definirsi una realtà ma nella mente e nel cuore del vice questore Palma serpeggia sempre l’inquietudine. Il galloni guadagnati sul campo vanno bene ma non rappresentano una sicumera per il futuro, bisogna lavorare sodo per mantenerli ben lustri. E il commissariato ormai per tutti loro, è diventato piú di un luogo di lavoro. È diventato come un pegno d’onore per il riscatto delle loro vite. Come forse per Savio era il suo chiosco?
Fatti e pensieri corali dei tanti personaggi scorrono davanti a noi, quasi come i titoli di coda di un film. Non sbaglia Palma a coinvolgere Pisanelli, ancora convalescente a casa dopo l’ospedale e l’operazione che gli ha salvato la vita. Tollera di buon animo come coinquilino Aragona, che però scalpita pericolosamente irrequieto. Pisanelli soffre ancora per la perdita di quella che credeva una grande amicizia, ma non rinuncia al suo istinto di poliziotto e la sua politica di sapersi muovere nel quartiere come pensionato verrà utile. Scorgiamo ancora tanti dubbi e insicurezza nella vita della rossa vice commissario Elsa Martini, ma sua figlia sa meglio di lei cosa fare. Laura Piras è stanca di sotterfugi con Lojacono e pensa di dare un altro indirizzo alla sua vita. Cosa farà lui? Continuiamo a spiare la difficile tenerezza e complicità tra Palma e Ottavia mentre Romano non sa più cosa vuole. Potrà una bambina legare un matrimonio? Vediamo tristezza e insicurezza per Alex, ma se invece si prospettasse una scelta obbligata ? E assistiamo all’attonita accettazione di Buffardi, il magistrato tutto d’un pezzo, forgiato da una vita amara, di un qualcosa che non vuole più controllare.
Rispetto ad altri capitoli della saga, Fiori ha cominciato beandosi in una pigra partenza lenta e ingannatrice. Poi il delitto, il sangue, l’infamia, ma stavolta il caso giallo appare più sfumato e l’indagine poliziesca sembra più un pretesto per dedicarsi alle complicate vicende dei suoi protagonisti. E forse Maurizio de Giovanni non sbaglia, perché con gran parte dei suoi lettori ammaestrati dal successo della fiction televisiva molti ormai sono più interessati al dipanarsi delle loro storie private. Fiori per ogni occasione e per ogni momento. Anemone speranza, ranucolo tenerezza, rosa gialla tradimento, rosa rossa amore? Sarà poi vero? Certo, se i fiori potessero spiegarsi e parlare.