giacchino
Doretta & Erika. Vercelli 1975, Novi Ligure 2001, anatomia di due stragi famigliari
marsilio
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Nel 1975, quando Doretta Graneris, 18 anni appena compiuti, massacrò a colpi di pistola la sua famiglia insieme con il fidanzato Guido Badini, l’Italia intera, dalle Alpi alle Madonie, fu percorsa da fremiti di orrore. Quattro persone e un bambino: Nonni, genitori e fratellino di Doretta, caddero a tradimento una sera dopo cena, davanti alla tivù accesa, sotto una gragnuola di proiettili sparati da lei, ragazzetta viziata, figlia di genitori che si erano spaccati la schiena per farla vivere con un certo agio e dal Badini. Motivo dichiarato della strage: la voglia di incassare in fretta l’eredità. Motivi non confessati: la gelosia per il fratellino e la smania di avere ancora più libertà nonostante i genitori, pur ingoiando chiodi e lamette, avessero accolto in casa quel fidanzato che non nascondeva le sue simpatie per l’estrema destra e la passione smodata per le armi.
Nel 2001 la storia si ripete. A Novi Ligure la diciassettenne Erika, il “pulcino eroce” della buona borghesia cittadina, insieme con il fidanzato Omar massacra a coltellate la madre e il fratellino. Il padre viene risparmiato solo perché i due giovani assassini non hanno pistole che sparano a raffica, ma solo i coltelli della cucina. E i coltelli sono difficili da manovrare: il sangue li rende scivolosi e “togliere la vita a una donna adulta e a un bambino forte come un torello che non vogliono saperne di morire, è una gran fatica”. Anche i moventi di Erika sono gli stessi: la voglia di incassare l’eredità e la smania di una libertà assoluta
Doretta e Erika sono le “regine di picche” di due stragi familiari che sembrano sovrapporsi l’una all’altra come fotocopie, facendo crollare la convinzione che dietro le devianze giovanili ci siano la povertà morale e materia, le privazioni e l’abbandono.
Perché in due ragazzine educate e cresciute negli agi, con genitori attenti e sempre pronti al dialogo, cova un odio mortale e dirompente di tale portata?
Non ci sono risposte certe a queste domande che purtroppo i fatti di cronaca pongono ormai con troppa frequenza fino a indurre nell’immaginario una sorta di anestesia all’orrore. Né l’autore Claudio Giacchino tenta di darne facendo della facile socio-psico-pedagogia da talk show. In questo libro sono esposti e messi a confronto solo i fatti, finalmente ricostruiti senza censure, attraverso gli atti processuali e i documenti investigativi. E dal confronto è dato capire come il relais della follia omicida arrivi a un certo punto a scattare dando fuoco alla miscela esplosiva prodotta dall’incontro di due personalità complementari, ciascuna con il proprio male oscuro e il proprio vuoto interiore.