DELITTO A VILLA ADA



Giorgio Manacorda
DELITTO A VILLA ADA
Voland
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Delitto a Villa Ada. Ovvero, un pasticciaccio brutto a Villa Ada. Il profumo di Gadda si sente fin dalle prime pagine di questo giallo ambientato nel giardino della villa romana, descritto come una vera e propria foresta, misteriosa e inestricabile, proprio come una vera forra selvaggia. Giorgio Manacorda (che dà il suo nome anche a uno dei protagonisti del romanzo) sviluppa un intreccio giallo che parte dall’assassinio di un poeta/barbone che vive nel folto di questa foresta. Le indagini condotte dal commissario Sperandio volgono subito verso un gruppo di amanti della corsa, che si ritrovano ogni mattina per correre nei sentieri del grande parco. Ma la vera protagonista diventa fin da subito la poesia. Chi ha ucciso un poeta? Perchè uccidere un poeta? Per uccidere la persona o cancellarne l’arte? Distruggere la poesia? Di poesia si parla dall’inizio alla fine, in questo intreccio ricco di stile, che assume atmosfere sempre più “gaddiane”, man mano che la storia procede, fino all’entrata in scena del questore Incravallo (e qui l’omaggio appare evidente anche se non si è mai letto il “pasticciaccio”) che prende le redini dell’indagine, dopo l’abbandono del suo collega Sperandio, grande poliziotto che per la prima volta in vita sua abbandona un caso. Questa rinuncia diventa un giallo nel giallo, che Incravallo deve risolvere. Perché Sperandio abbandona? Cosa c’è di misterioso nel verde di Villa Ada? Cosa c’entra la mitica Olivetti d’oro, che, narra la leggenda, farebbe diventare chiunque un grande poeta? Il questore si muove fra tutte queste domande, indagando, interrogando, riflettendo, studiando. Il tutto sotto l’egida della poesia, la cui presenza e definizione è sempre nell’aria. Coinvolgendo anche chi di poesia non sa niente. Un po’ come l’aria, non si vede, ma si respira.

MARCO DI GRAZIA

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