Il libro (di un altra,altro) che avresti voluto scrivere e il libro (tuo) che NON avresti voluto scrivere ?
Ce ne sono mille che avrei voluto scrivere, ma se devo indicarne uno dire “Martin Eden” di Jack London. Non perché sia il più bello che ho letto in vita mia, ma perché è quello che mi ha fatto decidere – all’età degli undici/dodici/anni – di diventare una scrittrice. Ora, una non “diventa” una scrittrice ma scopre dentro di sé una vocazione. A me è accaduto così: dopo averlo letto ho pensato (e lo ricordo come fosse ieri): “Io vorrei emozionare così con una mia storia”. Emozionare come ero emozionata io mentre lo leggevo.
Un libro mio che non riscriverei è “Ladri e barattoli”, anche se è stato importante farlo perché ha rappresentato un passaggio: dal racconto al romanzo (anche se i racconti continuano a essere un mio grande amore). E sicuramente gli darei un altro titolo!
Sei una scrittrice di genere o scrittore toutcourt, perché?
Le etichette mi stanno strette. Diciamo che vorrei essere considerata una scrittrice tout court, capace di scrivere un noir ma anche altro. L’essenziale è che i libri scritti siano BELLI.
Un sempreverde da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare.
Ma un sempreverde inteso come pianta o un libro?!? Vabbe’, siccome non capisco bene risppndo così: una qualunque pianta grassa. Un libro qualunque di Joyce Carol Oates. “Come mi vuoi” di Paolo Conte. La banda degli onesti con Totò.
Si può vivere di sola scrittura oggi?
No. Però io lo faccio. A fatica, ma lo faccio.
Favorevole o contraria alle scuole di scrittura creativa? Perchè?
Sì, a patto che si sappia che da lì non esci scrittore. Il perché: io ne ho frequentate due, una con Giuseppe Pontiggia e una con Davide Pinardi e sono state due esperienze importanti e intense. Ho imparato delle cose, ho imparato che scrivere è anche un mestiere e non solo ispirazione.
(davide fent)