Andrea Purgatori

Riproponiamo l’intervista apparsa sul n. 4 del cartaceo di MilanoNera in occasione dell’uscita del film Fortapasc dedicato a Giancarlo Siani, di cui Andrea Purgatori è co-sceneggiatore 

Andrea Purgatori, giornalista, inviato speciale, corrispondente di guerra, e’ anche autore e conduttore di reportage e programmi televisivi e docente di Tecnica dell’inchiesta alla Luiss. Si è occupato di importanti inchieste giornalistiche quali quella sul disastro aereo di Ustica raccontata nel film “Il muro di gomma”, quella sul sequestro di Abu Omar, al cui processo è stato chiamato a testimoniare, e sul delitto di Giancarlo Siani su cui ha scritto la sceneggiatura del film Fortapasc che uscirà prossimamente.

Sei famoso per inchieste giornalistiche sui misteri della storia italiana recente, che in alcuni casi sono diventati sceneggiature di film. Come è cambiato il sistema dell’indagine giornalistica rispetto ai primi tempi della tua attività?
Più che cambiato è peggiorato perché i giornali investono sempre meno nelle inchieste e lo fanno per due motivi: un’inchiesta costa in termini economici nel distaccare qualcuno dal lavoro quotidiano senza la certezza di un risultato e perché le proprietà dei giornali sono sempre più intrecciate con il potere economico e si corre il rischio che l’inchiesta possa ritorcersi contro chi la fa. Se per esempio il proprietario del giornale ha interessi nella sanità, è difficile indagare in questo campo.

Hai conseguito un master di giornalismo negli USA, è diverso il sistema di indagine giornalistica rispetto all’Italia?
Si, è molto più strutturato e rappresenta materia di studio nelle scuole di giornalismo. Più che l’inchiesta si insegna il giornalismo investigativo, cioè quel giornalismo che ti permette di scavare dietro le notizie. Ci sono libri che insegnano la psicologia dell’intervista, come mettere a proprio agio la persona da intervistare per farsi raccontare più cose possibile. Ho frequentato la scuola di giornalismo della Columbia University fondata da Joseph Pulitzer che ha dato il nome al famoso premio di giornalismo. Il preside della facoltà è anche presidente del premio, che è riservato solo agli americani.

La tua prima indagine importante è stata relativa al disastro aereo di Ustica, quali indizi ti avevano fatto pensare che le cose fossero andate diversamente dalla versione ufficiale?
Una fonte mi aveva chiamato appena accaduto il disastro per dirmi che l’aereo era stato abbattuto.
Avevo chiamato subito il giornale per informare la redazione, e mi ero accorto che la versione ufficiale era diversa. Qualche giorno dopo durante una conferenza un generale dell’aeronautica mi aveva zittito e da lì ho cominciato a indagare.

Che cosa hai provato vedendo la tua vicenda sullo schermo nel film di Marco Risi, “Il muro di gomma”?
Grande imbarazzo. Ho sempre pensato che in questo paese strano diventi un personaggio solo perché hai fatto bene il tuo lavoro. Si trattava di un intrigo internazionale, a seguito della mia inchiesta sono stati costretti a prendere posizione i Presidenti italiano, francese, degli Stati Uniti e lo stesso Gheddafi. Tutto ciò ha costituito u grosso impatto.

Pensi che si sappia tutta la verità?
Si, sicuramente è stata una azione di guerra anche se è diventato un pasticcio internazionale e questo è uno dei motivi per cui le cose non si sono sapute subito.

Il tuo ultimo libro riguarda il sequestro di Abu Omar, come hai potuto raccogliere informazioni dal momento che il governo Prodi aveva mantenuto il segreto di Stato sull’operazione?
Tramite le mie fonti personali, poi sono andato ad ascoltare Abu Omar al Cairo. Sono stato chiamato a testimoniare al processo che si sta svolgendo a Milano. Se Abu Omar non si presenterà in aula dovrò deporre nuovamente come testimone.Dubito che verrà, sarebbe arrestato come terrorista. Quando venne rapito c’era un’indagine in corso su di lui, i suoi amici sono stati condannati a 10 anni.

Credi che oggi accadano ancora fatti in cui la verità viene taciuta in nome della ragion di Stato?
Si, assolutamente si, ad esempio il caso Callipari. Penso che ci siano elementi ancora oscuri perché gli Stati Uniti si sono rifiutati di collaborare non consentendo a chi ha sparato di venire a deporre in aula.

Di cosa ti stai occupando ora?
Della revisione della sceneggiatura del film su Vallanzasca. Ho collaborato con lui che è recluso nel carcere di Opera. E’ accusato di 5 omicidi, in realtà dice di aver sparato solo in tre occasioni e di aver casualmente colpito le vittime.
Nel 2009 uscirà Fortapasc, film girato da Marco Risi che racconta gli ultimi quattro mesi di vita del giornalista del Mattino ucciso dalla camorra Giancarlo Siani. Ho scritto la sceneggiatura con James H. Carrington e Marco Risi.

Qual è la molla che ti spinge a questo tipo di indagini?
La grande curiosità. Sono una persona molto curiosa. Puoi fare questo lavoro solo se hai gli strumenti adatti per farlo. Spiegare fatti che hanno segnato la vita del paese è un dovere. Si deve trovare una spiegazione plausibile per tutto, quindi la verità. Si devono fare le cose con passione.

Ambretta Sampietro

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