Héléna è un grande autore francese, amato dal pubblico e dai redattori di Milanonera che hanno deciso di dedicargli due recensioni. Eccole qui di seguito
Il 2010 può essere considerato un anno di enorme aiuto nel conoscere un autore ormai considerato di indubbio spessore; infatti oltre a Una vita dura per le canaglie durante quest’ anno sono già stati pubblicati Divieto di soggiorno e La vittima .
Il primo sempre per la casa editrice Aisara, che in passato ha già pubblicato quattro romanzi di Héléna, l’ altro per Fanucci, anche questa casa editrice aveva già pubblicato un romanzo dell’ autore francese considerato a ragione uno dei maestri del noir, fino a pochi anni fa del tutto sconosciuto.
Come per altri autori, francesi ma non solo, il carcere, luogo in cui Héléna ha trascorso alcuni mesi, diviene scuola di scrittura, stimolo per la sua produzione letteraria.
Quasi tutti i libri di Héléna fino ad oggi pubblicati, hanno come ambientazione il periodo della seconda guerra mondiale compreso tra l’occupazione tedesca, la resistenza e la successiva ricostruzione, intesa non in senso edilizio ma piuttosto in senso politico. In questo caso, tale contesto diviene fondamentale per la trama del libro. Si assiste a come, in modo del tutto casuale, un habitué del sottobosco malavitoso presente a Parigi, entra in rotta di collisione con l’ occupazione tedesca.
Per molto tempo le sue avventure non implicano un coinvolgimento nella Resistenza, la sua trasformazione non è in un partigiano, un maquis, ma piuttosto in un antesignano del killer. Un killer che odia i tedeschi e che nutre un odio viscerale per i francesi che collaborano. Inseguito da uomini della Gestapo, francesi collaborazionisti ecc. il protagonista ci conduce in tour forzato attraverso la Francia ( la solita Parigi, ma anche Lione in particolare), un tour contraddistinto da una quantità industriale di bevute, pastis soprattutto.
Le ultime pagine sono quelle che portano colui che abbiamo visto essersi trasformato in un semplice, anche se pericolosissimo, fuorilegge, a prendere coscienza e contatto con la Resistenza compiendo il passaggio, nello scontro quotidiano, da soggetto solitario ad una collettività di liberazione. Ma quanto detto è ciò che si desume, perchè in realtà in questo libro un finale, in effetti, non c’è.
Come andrà a finire? La risposta efficace a fine romanzo : “La storia prosegue nel seguito di questo romanzo”.
(edoardo todaro)
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Parigi 1944. L’occupazione tedesca dura ormai da quattro anni e, anche se la guerra da lì a poco finirà, ancora non si vedono spiragli per una fine prossima. Maurice non ha alcuna simpatia per i crucchi. Gli ha appena venduto bare per un milione di franchi e quello che vuole è solo vivere con la sua Hermine. Ma la follia dei tempi porta sulla giostra anche lui. Vede la sua amata baciare un uomo della milizia tedesca. Fine delle trasmissioni. Parte un cortocircuito di proporzioni cosmiche e la sua esistenza entra in tutt’altro palcoscenico. Nuovo anche il canovaccio: omicidi, fughe, arresti, treni, hotel, tradimenti, donne con cui sfogare una pulsione che non nasce solo all’interno dei calzoni, città dentro cui portare a termine incarichi da cui non si torna indietro. Fino ad arrivare a conoscere la Resistenza.
Ambientato come altri suoi romanzi durante la Seconda Guerra Mondiale (I clienti del Central Hôtel, ad esempio), Vita dura per le canaglie appartiene al filone più dolente di André Héléna. Come se il conflitto bellico, e l’orrore che trascinò con sé, avesse scavato nello stomaco dell’autore da portare in superficie una ancor più forte pietà umana di cui ogni rappresentante della categoria può dirsi sempre legittimo portatore. Un romanzo insolitamente corposo per Héléna (oltre le 400 pagine), che peraltro non chiude l’intera vicenda (aspettiamo il seguito Il festival dei cadaveri annunciato dalla stessa Aìsara, che meritoriamente da qualche anno ha deciso di pubblicare un corposo numero di titoli del superlativo maledetto noirista francese).
Sono pagine imbrattate di sangue queste. Ma il sangue che scorre non è più disumano dell’ipocrisia e della falsità che spesso ne determinano la fuoriuscita. Liberi tutti?, sembra chiedersi Héléna. Ma se proprio deve vincere il caos, che almeno si cerchi di essere complici solo di se stessi. E di quella minima idea di giustizia terrena che anche solo nervosamente spinge il nostro agire. E si decida di imprestare fiducia solo a chi fa festa degnandoci di un invito. A cui però poter sempre rispondere: «Ci penserò. Devo ancora terminare il mio pastis non vede?»
P.S. Possibile sperare in una prossima pubblicazione della biografia di questo maestro (non meno romanzesca delle sue storie)?
(corrado ori tanzi)