Cinque donne e mezzo



francisco gonzáles ledesma
Cinque donne e mezzo
giunti
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Eva, Patricia, Marta, Sonia, Anna. Tra di loro l’ispettore Méndez. C’è da dare giustizia a Palmira Canadell, affascinante ragazza del Raval di Barcellona, violentata e uccisa. Di più, c’è da sfidare la legge perché i responsabili paghino il dovuto nonostante un codice penale che non sembra affatto tagliato sulle vittime. Di più, c’è da reagire al maschilismo senza confini. Quello che non solo s’impone come dententore del potere. Ma che gode solo quando alla violenza associa l’umiliazione delle donne. Puri oggetti che si vuole educare insegnando loro che per natura devono chiedere al maschio di essere battuteper poter vivere in uno stato di perenne e rassegnata prostrazione . Perché per questo sono nate.

Cinque donne e mezzo è uno dei romanzi più affettati di Francisco Gonzáles Ledesma. Il suo alter ego Méndez, supportato da un paio di personaggi maschili di spalla, lascia spesso campo e azioni a donne che che, soffocando ogni dolore o schifo, si compattano come la creta per creare un unico personaggio femminile che con fosforo e coraggio riesce a far fronte a uomini dal membro sempiternamente bollente. Se non fosse un libro, questo romanzo sarebbe un quadro di Edward Hopper. Con lo stato di vuoto e la malinconia dei celebri dipinti solo più deviati da sentimenti più segnati col fuoco sulla pelle e nel cuore. Gonzáles Ledesma non fa sconti con la sua Barcellona. Né lascia l’uscio troppo aperto perché nei suoi quartieri entri un po’ di poesia. Non ora, sembra dire l’autore. E non qui. Perché oltre all’investigazione pura bisogna affrontare a mani nude un’ abitudine del comportamento che genera mostri. Qualcosa di più pericoloso del semplice sonno della ragione. Méndez è abituato a giocare “a carte con i piccoli malfattori locali, e invece di arrestarli li invita a cercarsi un lavoro e smetterla di scassare l’anima”. Questa volta l’ispettore giocherà un’altra partita. Quella che esce da codici e pandette. E rispetta solo le regole della strada.

Unico dato non impeccabile: la traduzione. La scelta di riportare in italiano i luoghi della toponomastica del testo (carrer con via, piazza per l’originale catalano o castigliano) ha un che di comico che ricorda i tempi in cui, prima della guerra, si era soliti scrivere Guglielmo Shakespeare o Benny Buonuomo.

corrado ori tanzi

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