Le regole di Londra – Mick Herron



Mick Herron
Le regole di Londra
Feltrinelli
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Se state cercando un thriller ad alta tensione, con inseguimenti mozzafiato, colpi di scena ogni dieci pagine e un caso da manuale, Le regole di Londra edito da Feltrinelli non è il libro che fa per voi. Ma se invece vi intrigano le storie dove l’ironia, il sarcasmo e un linguaggio dissacrante — al limite del politically correct — fanno da padroni, allora preparatevi a conoscere Jackson Lamb e la sua banda di disadattati, i cosiddetti “Brocchi” di Slough House.

Il tratto più evidente e sorprendente del romanzo di Mick Herron è senza dubbio lo stile linguistico tagliente, corrosivo, impietoso. Herron si diverte a smontare le liturgie dello spionaggio tradizionale britannico, sostituendo la compostezza con sbuffi di fumo, rutti, flatulenze e insulti ben assestati. In questo contesto, l’ironia è l’unica vera arma efficace, e viene usata senza filtri per decostruire il mito dell’MI5 impeccabile, lasciando spazio a un’umanità fragile, goffa, spesso patetica — ma terribilmente credibile.

I protagonisti, i “Brocchi”, sono agenti caduti in disgrazia, spediti a Slough House per aver commesso errori imbarazzanti (o per essere stati incastrati). Nonostante tutto, riescono ad ispirare simpatia. Sono figure tragicomiche, ciascuna con un bagaglio di rimpianti, insicurezze e vizi, ma unite da un certo senso di dignità residuale e da una testarda voglia di dimostrare che valgono ancora qualcosa.

L’indagine su cui ruota il romanzo, un goffo tentativo di attentato da parte di un gruppo di cinesi desiderosi di prendere il controllo dell’Inghilterra, è in realtà più un pretesto narrativo che il cuore pulsante del libro. Non c’è una suspense martellante, né una trama mozzafiato che tiene il lettore incollato alla pagina. L’azione è frammentata, talvolta secondaria, rispetto alla caratterizzazione dei personaggi e al tono corrosivo della narrazione. Ma è proprio qui che risiede l’originalità del romanzo: Herron sposta l’attenzione dal “cosa succede” al “come succede” e, soprattutto, a chi succede.

Il vero protagonista è Jackson Lamb, un personaggio che da solo vale l’intero libro. Sgradevole, scorretto, cinico fino all’osso, Lamb è un ex agente operativo dallo sguardo tagliente e dalla mente brillante, capace di intuizioni geniali proprio perché sa come ragionano i poteri forti, da cui si è volutamente tenuto ai margini. Il suo punto di vista privilegiato — e disincantato — sull’intelligence britannica è uno specchio deformante che riflette un mondo di ipocrisie, giochi di potere e manipolazioni.

In Lamb convivono l’intelligenza tattica del veterano e la trasandatezza di un uomo che sembra aver rinunciato a tutto — tranne che al gusto per la provocazione. È lui, con le sue uscite al vetriolo e la sua feroce lucidità, a tenere insieme l’intero cast, fungendo da collante e da contrappunto morale (per quanto storto) in un mondo in cui la morale è spesso solo una copertura di facciata.

In definitiva, Le regole di Londra è un thriller atipico, che si legge più per il piacere della scrittura e per la galleria di personaggi borderline che per la tensione narrativa. È una storia di spie cadute, ma non del tutto sconfitte, di falliti che sanno ancora colpire — a modo loro. Dissacrante, brillante, e con una voce inconfondibile, Herron ci regala un ritratto cinico ma autentico di una Londra dove le regole, in fondo, le scrivono sempre gli stessi. Ma ogni tanto qualcuno, anche solo per sbaglio, riesce a infrangerle.

Daniele Bonetti

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