Mi piace indagare il mondo dei giovani – Intervista a Silvio Governi – La lista di Greta


Sceneggiatore, regista, scrittore: quale di queste attività senti più tua?
Mi definisco un regista prestato alla scrittura, niente di più e, se devo essere sincero, mi sembra anche troppo. Per il mio primo libro ma anche per quest’ultimo, La Lista di Greta, ho fatto coincidere le due cose, girando un book trailer, una sorta di cortometraggio di un paio di minuti con protagonista mia figlia Emma. Mi è venuto naturale farlo e vedere quelle parole scritte nella pagina trasformarsi in immagini è stato come se questi due linguaggi, in qualche modo, mi fossero sempre appartenuti. 

Quanto l’attività di sceneggiatore e regista influenza, o ha influenzato, la tua scrittura?
Quando ero poco più di un moccioso, mi guardavo gli interventi chirurgici nelle tv private e, per questo, in qualche modo, e da qualche parte, mi sono sempre sentito un medico mancato, cardiochirurgo, per la precisione. Ho respirato Cinema fin dai primi anni della mia infanzia e, un giorno, non avevo ancora dieci anni, mi sono accorto che sognavo per immagini, come se avessi in testa una macchina da presa. Solo più tardi ho scoperto che quelle immagini non erano altro che inquadrature. E forse, tutto questo, ha influito sul mio modo di scrivere. Io parto sempre da un’immagine, appunto, e ci costruisco intorno una storia, un racconto, come se fosse una scena proiettata su uno schermo. 

Come hai cominciato a scrivere?
Vorrei dirvi che mi è venuto naturale perché provengo da una famiglia di scrittori ma in realtà è come se avessi sentito l’esigenza di raccontare delle storie che mi suscitano delle emozioni ma intraprendendo un percorso all’inverso. Mi spiego. Di solito, non sempre, ovviamente, si parte da un libro per poi trasporlo cinematograficamente, traendone un film. Io, invece, quando ho cominciato a scrivere, mi sono immaginato una storia già sviluppata cinematograficamente, come avrei voluto vederla sul grande schermo, e da lì ho pensato a come potesse essere tradotta narrativamente e quindi messa su carta. Ci ho provato e mi sono reso conto che, anche se sono due linguaggi completamente diversi, mi riusciva quasi naturale, come se lo avessi sempre fatto. Ecco, è così che ho iniziato.   

Nei tuoi romanzi racconti i giovani d’oggi, nelle loro fatiche e fragilità: da dove ti viene questa conoscenza così precisa e puntuale? 
La conoscenza mi viene dal fatto che è un mondo, quello dell’adolescenza, che mi ha sempre attratto, per quanto, anagraficamente, non mi appartenga da diverso tempo. E credo che mi derivi dal mio “mestiere” di padre che si è incuriosito e quindi avvicinato a tutto ciò che gli ruota intorno, attraverso la propria figlia Emma che è stata una sorta di passe-partout che mi ha letteralmente fatto entrare in certi meccanismi, modi di parlare e comportamenti tipici dei “nostri ragazzi” che, seppur lontani, mi sono sembrati fin da subito straordinariamente vicini. Qualcuno ha definito l’adolescenza una malattia, in parte è anche vera questa affermazione, ma io credo, a maggior ragione, che valga la pena capirla, e quindi raccontarla, in ogni sua sfumatura. Perché poi, alla fine, siamo partiti tutti da lì, solo che non ce lo ricordiamo più.   

Viola, Greta e Giulia sono tue invenzioni o, in qualche misura, esistono o le conosci? 
Le protagoniste del mio libro sono delle mie invenzioni ispirate a personaggi e fatti realmente accaduti. Ma la vera origine è stata l’amicizia che ha legato mia figlia, quando era un’adolescente, a due compagne della stessa classe. Mi sono messo ad osservarle e ho capito che nella loro amicizia esclusiva dalle maglie molto strette, esisteva una dinamica che mi affascinava e che valeva la pena, trasfigurandola narrativamente, raccontare. Questa forte amicizia consisteva in una leader piuttosto carismatica, nel libro è Giulia, che aveva un’influenza molto forte sull’altra ragazza, cioè Viola, e con mia figlia, nel romanzo Greta, presa nel mezzo, come relegata in panchina. Si dice che in amicizia, soprattutto quella femminile, il tre sia un numero imperfetto in cui uno si allea a un altro e il terzo ne rimane escluso. Partendo da qui, ho provato quindi a entrare nei meccanismi di questo rapporto così condizionante, chiedendomi da dove scaturisse, cosa ci fosse dietro e, soprattutto, come avrei potuto crearci una storia. Ed è così che è nato il libro. 

Perché questo interesse per il mondo giovanile?
Da padre mi piace “indagare”, osservare il mondo in cui vive mia figlia perché lo trovo anni luce lontano da quell’adolescente che sono stato. Del mondo giovanile mi attrae la parte più oscura quella che alla fine fa più paura a noi come adulti ma soprattutto come genitori. E mi piace immaginare, e questo mi concede molti spunti narrativi, come avrei vissuto la mia adolescenza se solo fossi stato un Millenial o se fossi appartenuto alla generazione Z.  Quando racconto il mondo giovanile cerco di rimanere in una posizione privilegiata, quasi distaccandomene e osservandolo dall’alto ma, allo stesso tempo, provo a calarmi tra questi ragazzi come un perfetto estraneo che non vuole far altro che raccontare questa generazione tentando di comprenderla e facendola apparire più vicina ai nostri occhi e al nostro sguardo, senza compromessi ma in maniera vera, non certo edulcorata.    

Quali i progetti per il tuo futuro?
Nel mio futuro mi piacerebbe scrivere un terzo libro sull’adolescenza per completare quella che può definirsi una vera e propria trilogia di una generazione. Il primo, Domani arriva veloce, è un romanzo di formazione, un vero e proprio young adult che in Italia, al contrario di altri Paesi, non ha ancora, come genere, una sua precisa collocazione. Il secondo è La lista di Greta, un romanzo che può definirsi un noir, un thriller, in quanto tutto ruota intorno alla sparizione della protagonista. Per completare la trilogia vorrei raccontare la storia di un padre e di una figlia che, per un gioco del destino, siano costretti a stare insieme e conoscersi, nonostante la vita li abbia portati lontano l’uno dall’altra. 

MilanoNera ringrazia Silvio Governi e Antonia del Sambro per la disponibilità.

Michela Vittorio

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