L’America in cartolina.
Quella dei volti presidenziali sulla sommità monte Rushmore, quella del sogno americano, quella della terra della libertà.
L’America del coraggio, della determinazione, della prosperità.
James Ellroy da tempo prende in mano quella cartolina, la osserva con un ghigno mentre con uno Zippo cromato le dà fuoco, mentre un agro di benzina va spandendosi sotto il suo sorriso subdolo.
Ellroy destruttura quell’America della speranza, quella ottimista aggregazione di stelle su una bandiera ormai lisa dalle distanze sociali e razziali.
Perché, dopo gli anni Cinquanta affrescati nella tetralogia “Dalia Nera”, “Il grande nulla”, “L.A. Confidential” e “White Jazz” e dopo i Sessanta Kennediani di “American Tabloid”, “Sei pezzi da mille” e “Il sangue è randagio”, l’Autore di Los Angeles fa un passo indietro proseguendo fotografando con abile destrezza quegli anni Quaranta attraversati dal precedente “Perfidia”.
La trama è come sempre robusta nella sua struttura e bel diluita nella costruzione dei capitoli a cavallo tra narrazione e diaristica personale, volta a ricostruire fatti ed eventi dietro ad un ritrovamento di un cadavere nel parco di Los Angeles, che porta indietro le lancette a dieci anni prima.
“Devono spargere ora i semi della loro redenzione dopo la guerra, mentre il risultato resta ancora in dubbio”: la prosa è quella alla quale Ellroy ci ha abituato da sempre. Secca nello stile e torbida in un lessico che ben dipinge quel rancore razziale che negli Anni Trenta pervade gli occhi di una America troppo impegnata ad osservare lo scacchiere mondiale Oltreoceano, per distrarsi osservando quel che accade nel proprio ventre, tra rapine, discriminazione e forze dell’ordine corrotte.
Einaudi confeziona un prodotto di eccellente fattura e traduzione, che occhieggia dagli scaffali grazie ad un’ottima copertina di Joey Guidone già visto per gli Einaudi di Carlo Lucarelli.
Questa tempesta – James Ellroy
Giuseppe Calogiuri
