Henry Walker è un sedicenne come molti. Vive a Glass Island nello Stato di Washington, un tranquillo arcipelago, meta di turismo estivo e – per la restante parte dell’anno – luogo pressoché disabitato, di una bellezza incontaminata. La popolazione locale è ridotta al minimo, tutti si conoscono, la vita degli autoctoni è scandita dagli orari dei traghetti che collegano le isole alla terraferma. Seattle vista da lì è una sorta di eldorado, lontana anni luce.
In realtà Henry si è trasferito a Glass Island solo all’età di dodici anni, insieme alle sue due madri, Liv e France, una coppia omosessuale che lo ha adottato quando era poco più di un neonato, e che con lui ha viaggiato attraverso l’America, senza trovare mai una sistemazione che non fosse temporanea e precaria.
Le madri di Henry nascondono un segreto nel loro passato, che coinvolge il figlio adottivo e che le porta ad imporre al ragazzo di mantenere un low profile: mai una foto sull’annuario scolastico, nessun account sui social, nessun album dei ricordi di famiglia.
Quando la fidanzata di Henry, Naomi Sanders, viene ritrovata morta impigliata in una rete da pesca su una spiaggia desolata, tutti i sospetti si concentrano sul ragazzo che cercherà – con il proprio gruppo di amici – di trovare il vero colpevole.
Henry non tarderà a rendersi conto che la sua intera esistenza è una maschera che nasconde aspetti a lui non noti: chi è la sua vera madre? Perché un investigatore privato è sulle sue tracce e lo pedina con discrezione? Chi lo ha ingaggiato? Ed infine chi è quel misterioso Grant Augustine di cui Liv e France parlano in tono cospiratorio, quasi che il suo solo nome evocasse inenarrabili fantasmi?
Con “Una fottuta storia” Bernard Minier intende riproporci alcuni archetipi e temi tipici del thriller contemporaneo: fra i primi, il tycoon senza scrupoli che vuole scalare la Casa Bianca, l’investigatore privato alla Chandler, brillante ma disincantato, il poliziotto corrotto, gli amici d’infanzia legati da un patto di fratellanza romantico ed indissolubile; fra i secondi l’uso distorto dei mezzi di informazione, che con il loro tribunale mediatico condannano inappellabilmente il sospettato ideale, i pericoli del dark web, i Servizi di sicurezza nazionale che spiano la vita degli ignari cittadini. E potremmo continuare.
E’ lo stesso Minier a chiarirci, nei ringraziamenti finali, che il suo è un sentito omaggio al thriller d’oltreoceano ed al cinema di quel genere.
Sono pregevoli le descrizioni dei luoghi, molto evocative: la natura è protagonista essa stessa, talvolta alleata talaltra nemica di Henry nella sua lotta per la sopravvivenza. Buono anche il ritmo che rende il racconto vivace, fino al colpo di scena finale, per quel che mi riguarda inaspettato.
Lodevole è l’intento di far pensare il lettore, intrattenendolo su una questione di stretta attualità : la legittimità dei sistemi di controllo delle attività web, con numerosi appigli a fatti di cronaca recente, dal caso Snowden ai vari scandali che hanno coinvolto i candidati politici americani durante le passate tornate elettorali.
Anche la collocazione del giovane protagonista in un nucleo familiare omosessuale è interessante, non convenzionale e sintomatica di un’apertura ad un più ampio concetto di genitorialità .
“Una fottuta storia” è infine un romanzo sull’adolescenza e sul passaggio doloroso all’età adulta.
Tuttavia, il racconto dell’interiorità del protagonista non è del tutto convincente, o quantomeno è sacrificato sull’altare del romanzo d’azione: si attribuiscono ad Henry, che resta pur sempre un sedicenne, considerazioni etiche non di poco momento, sulla pervasività dei media e sul sacrificio della privacy individuale imposto dalla ragion di stato, elucubrazioni che sarebbero più alla portata di un massmediologo o di un filosofo.
Una maggiore introspezione psicologica avrebbe reso – da ultimo – più verosimili anche i comprimari che restano, irrimediabilmente, sullo sfondo.
Il libro in una frase
“Quest’isola che pensavamo di conoscere, che abitavamo da così tanto tempo, ci rivelava a poco a poco degli aspetti più sotterranei, più sinistri … Sollevando sempre degli interrogativi: Naomi mi sospettava di essere il ricattatore? O lo era lei? Era già stata vittima di un ricatto? ‘La notte ci attende’, aveva detto il sacerdote in chiesa. Si sbagliava: la notte era già lì”