La detective in gonnella, questa espressione può essere un buon punto di partenza per la riflessione sul noir e i generi. Se l’investigatore fosse un uomo non aggiungeremo in pantaloni a coste, anzi la descrizione dell’uomo di solito prosegue con dettagli sul suo cattivo carattere o sui suoi gusti in fatto di rum.
Con le donne è diverso, si sottolinea il loro genere quasi come se dovesse giustificare la loro presenza in club riservato agli uomini. Lo è stato quasi da sempre e sono stati rari i casi contrari, Agatha Christie è di certo la più celebre. Anche se la sua Miss Marple era una signora che si intrometteva in indagini altrui, non era un Tenente Colombo o un Philp Marlowe.
Mariella De Luca, il personaggio creato da Gilda Piersanti, invece è un’ispettrice. Non risolve casi tra un thè e la cena, è una delle donne moderne della letteratura poliziesca. La De Luca è una di quelle donne che ha pieno potere di decidere della sua vita e che non viene definita dal suo rapporto con un uomo.
In Giallo Caravaggio (ed. La nave di Teseo), l’ultimo romanzo che ha per protagonista l’ispettrice il rosa non tinge solo le pagine positive, ma anche quelle oscure. Il male e il bene hanno entrambi dei tratti femminili, la donna in questo caso rappresenta sia la luce che l’ombra, la giustizia e l’efferatezza.
Con Gilda Piersanti abbiamo parlato proprio di questa dualità e di come il club del noir si stia aprendo alle donne.
Nel corso degli ultimi vent’anni c’è stata una trasformazione del genere noir e dei suoi personaggi Nei romanzi recenti le donne hanno assunto dei ruoli che non avevano mai ricoperto. È stato il caso delle donne medico legale, così come le poliziotte…
Ci sono stati dei mestieri che hanno cambiato la posizione e l’importanza delle donne nel racconto. Questo è ovviamente vero. Però la letteratura non di genere giallo è piena di figure femminili meravigliose anche in ruoli subalterni. Ce ne sono mille da elencare. Penso per esempio a Madame Bovary, Anna Karenina. Al di là del loro ruolo di donne e alle loro posizioni sociali così diverse, entrambe sono state donne sottomesse ad una dominazione maschile. Dal punto di vista narrativo però sono loro molto più luminose, sono loro le eroine rispetto alle figure maschili. Oggi nessuno si ricorda del marito di Madame Bovary oppure del principe Vrònskij, l’amante di Anna Karenina.
Lei però ha preso ad esempio dei personaggi che fuoriescono dai ruoli che gli vengono imposti. Nel noir non è stato così.
La cosa paradossale è che la letteratura gialla si è presentata ed è nata come un elemento di rottura dalla letteratura che i francesi chiamano bianca. Proprio quindi in questa letteratura nera c’è stata una categoria di donne un po’ a due dimensioni. Non ci sono state vere e proprie eroine.
Almeno fino ad un certo punto…
Poi effettivamente si è assistito ad un cambiamento. Queste donne sono cambiate perché è cambiata anche la storia della donna nella società. Anche se non è una conquista ancora definitiva. È vero che le donne del genere sono cambiate. I personaggi femminili sono diventati protagonisti e non stanno semplicemente al latere, non sono figure secondarie o fantasmatiche di donne fatali. Quindi sì dal punto di vista del genere della letteratura gialla c’è stato un cambiamento che credo abbia seguito il cambiamento del mondo.
Il cambiamento non è avvenuto solo per quanto riguarda le eroine. Sono anche spuntate una serie di donne con delle caratteristiche marcatamente più nere…
Delle vere criminali. Questa è una cosa che esiste da quando esiste la letteratura, basti pensare a Medea. Sono degli archetipi, sono donne che rappresentano passioni non controllabili che sono quelle che nutrono la tragedia. Se non ci fossero delle passioni funeste forse non ci sarebbe neanche la letteratura. Quello che attira i lettori di solito è il lato un po’ oscuro di queste storie. L’esplosione di queste passioni irrefrenabili è probabilmente l’unica vera uguaglianza tra uomini e donne. Non è che uno dei due sia più buono o più cattivo, è che queste sono le passioni umane.
Lei esplora entrambe le facce delle nuove donne del noir. Sia quella dell’eroina che dell’assassina…
La personalità è complessa e quindi lo sono anche i racconti in cui non c’è il buono o il cattivo assoluto. Anche l’assassina è un personaggio complicato e ha dei solchi nell’anima che spiegano, ma non giustificano, come mai poi nella realtà sia passata ad un atto di violenza così crudele. Sulla persona che amava di più. Mariella invece è l’eroina, lei la definisce donna moderna e penso che sia così. L’ho immaginata così. È sempre divisa in due, credo che questa sia proprio una scissione che rappresenta la donna contemporanea.
Quindi noi donne del 2018 tendiamo tra due estremi secondo lei?
L’ispettrice da una parte è una persona che investe tutto nel lavoro, che vuole dare e fare il suo meglio. Lei si rende conto che per essere considerata al pari dei suoi colleghi deve fare sempre molto di. Deve quindi fare di più per fare normale. Molte donne questa situazione la vivono tutti i giorni al lavoro. Questo investire totalmente nella professione però la tormenta. È come se la sua vita intima debba essere sacrificata e non possa essere completamente sviluppata.
È una contraddizione che solo una donna può sentire?
Sì, credo sia così. Da una parte la vita intima familiare, lei infatti non ha famiglia, e dall’altra la professione. Una deve essere sottomessa all’altra e questo le fa vivere una specie di colpevolezza, o comunque di innaturalezza. Tutto ciò è culturale, però è così che viene vissuta. Rimane una specie di doppia vita e doppia personalità. Da un lato la Mariella del giorno che cerca di essere inattaccabile al lavoro e che ci riesce grazie alla sua capacità di immedesimarsi negli altri. Dall’altro lato c’è la Mariella intima che ha trovato un equilibrio curioso nella sua vita privata. Nel mondo maschile invece questo conflitto non esiste, non viene percepito.
C’è un problema di genere nel noir?
Quello che c’è è che in questo genere di letteratura anti, di rivolta è un grande paradosso. È stata estremamente maschile. Le poche donne che 20 anni fa scrivevano gialli dovevano quasi assumere degli abbigliamenti e degli atteggiamenti maschili: giubbotto nero e jeans, bere vino rosso e fumare. Dovevano indossare una divisa che le faceva appartenere ad un mondo maschile. Dal punto di vista sociologico le donne erano “costrette” a non essere femminili. E questo resta in parte anche oggi. Una poliziotta in gonna e tacco alto è ancora un’eccezione. Nei circoli più duri e pure permane questo machismo.
Eppure i detective e gli assassini dei noir sono un elogio dei vizi…
Le azioni elogiate nell’uomo diventano un difetto nella donna. È paradossale come certe cose sono state assorbite culturalmente come maschili vengono viste diversamente se a compierle è una donna. Anche nei circoli artistici e più liberi per definizione, penso al caso Weinstein, in realtà permangono dei tratti di dominazione molto forti.
Cosa significa essere un’autrice noir?
In realtà non so. Mi interessa molto l’aspetto psicologico che spinge le persone a compiere dei gesti estremi. Le persone per fortuna si controllano, ma se le pulsioni umane esploderebbero? Cosa accadrebbe se i paletti che ci autoimponiamo saltassero? Questa è la domanda a cui si tenta di rispondere con il noir, investiga questo lato oscuro dell’umanità. Personalmente trovo il lato oscuro delle donne anche più interessante di quello degli uomini.
Milanonera ringrazia Gilda Piersanti per la disponibilità