La sera del 6 novembre 1944, nella piazza centrale di un piccolo paese della provincia di Agrigento, Vicari, viene ucciso Baldassarre Farrauto, sindaco protempore nominato dagli americani all’indomani dello sbarco in Sicilia e ricco proprietario della miniera di zolfo locale Iacuzzo Pietrebianche.
I carabinieri, ormai abituati all’omertà che regna sovrana in occasione degli omicidi, cominciano le indagini in maniera pigra e apatica. A differenza delle altre volte, però, in questo caso i testimoni spuntano come funghi e tutti, unanimamente, indicano come colpevole Vincenzo Picipò, detto Centoedieci, uno zolfataro della miniera del sindaco che questi aveva licenziato; Picipò, peraltro, aveva pubblicamente minacciato di morte Farrauto e non aveva alcun alibi attendibile per l’ora dell’omicidio.
La sera stessa dell’omicidio, arriva in paese il Tenente Benjamin Adano, ufficiale italo-americano dell’Amgot (Allied Military Government of Occupied Territories), incaricato di indagare sul furto di alcuni camion militari americani, rubati in quelle zone nell’ultimo anno. Anche questi, inevitabilmente, si troverà coinvolto nel caso.
La congiura dei loquaci trae lo spunto da un fatto vero accaduto a Racalmuto, paese natale dell’autore e di Leonardo Sciascia, e raccontato da quest’ultimo nella raccolta Parrocchie di Regalpetra. Si tratta, peraltro, del primo romanzo pubblicato da Savatteri, ripubblicato quest’anno da Sellerio, che ha inserito anche l’originaria nota finale scritta da Andrea Camilleri il quale, con la sua solita e attenta ironia, si sofferma su alcuni particolari di questo piccolo ma piacevolissimo romanzo.
Si tratta di due gialli in uno, due gialli che hanno già una soluzione fin dalle prime pagine del libro. All’autore, infatti, non interessa scoprire chi ha ucciso il sindaco di Vicari o chi ha rubato i camion dell’Amgot; come scrive Camilleri, “a Savatteri interessa “dire” lo stato delle cose con estrema oggettività”; gli interessa fare una fotografia non tanto della Sicilia alla fine della guerra, quanto del senso di giustizia e di ingiustizia in una società sicuramente problematica e complessa.
Ne La congiura dei loquaci, Savatteri rende partecipe il lettore del suo profondo rispetto per Sciascia, con il quale decide di dialogare a distanza, facendo incontrare il tenente Adano, suo alter ego all’interno del libro, con un giovane impiegato del Consorzio agrario locale, che impersona Sciascia, il quale spiega al tenente come interpretare i silenzi, le parole e, soprattutto, il profondo senso di ingiustizia che l’ufficiale italo-americano prova per Centoedieci. Insomma, la chiave di lettura di questo libro ci viene data da Sciascia stesso: e chi meglio di lui?
La congiura dei loquaci è’ un piccolo libro che trascina il lettore in un’alternanza di notte e giorno che definiscono quasi le scene di un copione teatrale; la sua lettura è molto piacevole e invoglia il lettore a non fermarsi, a continuare per capire se quella fine, che sembra scritta sin dalle prime pagine, possa mostrarsi in realtà diversa. A tutti voi, lettori amanti del giallo, consiglio caldamente questo libro; avrete modo di leggere un giallo diverso dal solito e, soprattutto, avrete la possibilità di fare un salto indietro di 70 anni e di apprendere un mondo che, forse, non è ancora del tutto scomparso.
Buona lettura a tutti