M. J. Arlidge
Nessuno escluso
Dal 23 Aprile
Corbaccio Editore
Le notti di Southampton sono abitate da uno spietato serial killer che strappa il cuore alle sue vittime per poi consegnarlo alle famiglie. Gli uomini uccisi conducono tutti una doppia vita, dietro all’apparente rispettabilità nascondono segreti fatti di vizi e abusi. A indagare sul caso torna l’ispettore Helen Grace, già protagonista del precedente thriller “Questa volta tocca a te”. Una donna forte e determinata che combatte non solo contro il serial killer ma anche contro i fantasmi del suo passato che tornano sempre prepotentemente a farle male.
Un thriller avvincente e adrenalinico,uno di quelli che non riesci a abbandonare se non arrivata all’ultima pagina.
Il tuo libro è caratterizzato da donne molto forti, nel bene e nel male. Perché hai scelto di dare vita prevalentemente a personaggi femminili?
E’ vero. Trovo i personaggi femminili molto più interessanti da descrivere, più complessi, profondi e sfaccettati. E poi volevo fare qualcosa di diverso, di originale anche e soprattutto per quanto riguardava i due personaggi principali. Per la protagonista, Helen Grace, ho tratto ispirazione da Lisbeth Salander, il personaggio che in assoluto amo di più perchè leggendo Larsson è stata la prima volta che ho trovato un personaggio così forte e interessante da oscurare tutti gli altri. E nella costruzione di Grace, Lisbeth è molto presente.
Per quanto riguarda invece il serial killer, volevo ribaltare lo stereotipo della prostituta vittima indifesa, immagnandone una che prende il controllo e che si vendica in nome e per conte di tutte quelle donne che nel mondo letteraio e non sono state vittime. E poi se a trasgredire e a trasformarsi è una donna, ecco che capirne le motivazioni profonde diventa ancora più interessante.
Ti svelo una curiosità: i miei libri sono firmati M.J. Arlidge, senza mettere per esteso il nome Matthew James e molti lettori pensano io sia una donna. Leggo commenti sui siti dove si riferiscono a me parlando al femminile e la cosa non mi disturba, anzi. E’ la conferma che sono riuscito a rendere i miei personaggi femminili talmente credibili da far pensare che li abbia ideati una donna.
Nella versione originale entrambi i tuoi libri hanno come titolo delle filastrocche da bambini. Perché scegliere una filastocca per un thriller?
L’idea di associare una filastrocca per bambini a un thriller è molto sinistra, stridente e questo era l’effetto che cercavo. Voglio sottolinerare però come molte canzoncine per bambini non siano così dolci come sembrano. Le due scelte per i primi libri sono comuni in molti paesi del nord Europa e in una di esse, nella versione polacca, compare la parola “morte”.
Per i titoli italiani non è stato possibile fare lo stesso.
Voglio però aggiungere che le copertine italiane dei miei libri sono decisamente le più belle.
Hai dichiarato di avere in programma almeno sette libri con protagonista Helen Grace, e pochi minuti prima di iniziare questa intervista hai detto di avere finito il quarto proprio qui a Milano ieri sera. Tu sei uno scrittore di crime fiction per la tv, abituato a pensare in “serie”. Non trovi che possa diventare un limite a lungo andare?
No, io non amo i libri che non hanno un collegamento tra loro, li trovo irrealistici, e parlo di un collegamento emotivo, perché i personaggi crescono mano a mano che le vicende raccontate si ripercuotono su di loro, sulla loro vita, dando loro spessore e realismo, rendendoli tridimensionali e quindi credibili.
Certo è fondamentale trovare il giusto equilibrio tra tutti gli aspetti, storia e personaggi.
Come procedi nella stesura di un nuovo libro?
Parto dalla fine. Sì, perché troppo spesso mi sono trovato a leggere storie bellissime e avvincenti che crollavano in un finale deludente, che lasciava l’amaro in bocca.
Una volta trovata la storia giusta quella che può spingere a non mollare il libro fino alla fine, penso subito a un finale che non possa deludere il lettore.
Poi pianifico tutto. Traccio una rotta perfetta che seguo diligentemente. Certo, in corso d’opera posso fare piccole deviazioni, ma poi torno nel percorso già tracciato. Stilo scalette precise, so perfettamente cosa accadrà in ogni capitolo. Perdo più tempo nell’organizzazione del lavoro che nella scrittura vera e propria. Una volta tracciato “il piano di volo”, procedo molto spedito nella scrittura.
Scrittore e autore televisivo, quale mezzo preferisci?
Sono molto diversi, io preferisco decisamente i libri perché puoi agire molto più in profondità, puoi in un certo senso manipolare il lettore, in senso buono, ovvio. Quando leggi sei solo con l’immagine del tuo cervello, non hai mediazioni di immagini scelte da altri, e questa è l’attrattiva maggiore dei libri, quella per cui, a dispetto di qualsiasi tecnologia e innovazione, i libri sopravviveranno sempre.
Il libro è un’esperienza unica, soggettiva e solitaria, una magia che si rinnova ogni volta.