Ideale seguito temporale di Le sigarette del manager, questo Voci nel silenzio, è un romanzo da lockdown, tutto costruito, parrebbe, in conferenza telefonica, in tele conferenza o con spezzoni di archivio. Nell’aprile del 2020, con tutta l’Italia condannata all’ agghiacciante silenzio del coprifuoco sanitario decretato dal governo per contrastare la pandemia, insomma l’incontrollabile diffusione nazionale del Covid 19, Bacci Pagano riceve una strana telefonata. Dall’altro capo del telefono una sconosciuta, una ragazza ventunenne che si presenta come Lara Bortoli. Dice di essere figlia dell’ ex-brigatista, Beppe Bortoli, che Bacci vent’anni prima era riuscito funambolescamente a far scagionare da un’accusa di omicidio. Bortoli che è appena morto in ospedale, vittima della pandemia, ha lasciato quasi come un testamento materiale e morale una lettera sigillata destinata a Bacci. La ragazza non ne conosce il contenuto perché, rispettando la volontà del padre non l’ha aperta, ma avverte l’investigatore della sua intenzione di fargliela pervenire e confida che lui voglia accettare di investigare per suo conto. Di scoprire ben diciotto anni dopo il perché della follia distruttiva vissuta dalla madre di Lara negli ultimi mesi di vita. E la ragione di quella lettera, di quello strano lascito, di quella stravagante richiesta, sta nell’identità della madre della ragazza di Lara, morta quando lei aveva appena due anni. E la ragione è perché Marina conosceva Bacci Pagano. Questa donna infatti, la madre della figlia di Bertoli, era Marina Tanzi compagna di Bacci per una breve storia d’amore, quasi quarant’anni prima, consumata nella piantagione di canna da zucchero dove entrambi lavoravano, sognando la rivoluzione. E ora Beppe Bortoli gli chiede di svolgere una nuova indagine per lui e dopo, se lo ritiene giusto riferire a Lara, sua figlia. Ma Bacci sa, che Bortoli non era un militante, insomma non era un puro e duro sia pur dalla parte del torto. Conosce le sue tante pecche, le sue sospette macchinazioni di presunto rivoluzionario, ma soprattutto di farabutto imbroglione e non gli è difficile immaginare anche peggio. E tuttavia, in memoria di un ricordo. di un volto su una vecchia fotografia che torna dal passato, Bacci si imbarca in un’indagine che sembra impossibile. Un’indagine che per di più lo costringerà a ripercorrere gli anni più bui della sua esistenza: i cinque trascorsi in carcere a seguito dell’ingiusta condanna per terrorismo. Certo è che con Voci nel silenzio Morchio scopre molte delle sue carte, scavando impietosamente nell’intimo del suo personaggio più amato, l’investigatore dei carruggi Bacci Pagano, mentre presente e passato convivono e si incastrano perfettamente con estrema lucidità. Due, o meglio, tre diversi piani temporali infatti per un romanzo che si rifà al passato, all’incarico svolto di malavoglia ma con successo da Pagano nel 1998 per discolpare Bortoli dalla quale scaturisce questa nuova, impalpabile pare e improbabile indagine, condotta senza uscire di casa (o quasi), usando il telefono e qualche singolare videochiamata via Skype. Indagine che tuttavia riesce ad andare a raccogliere testimonianze lontane, a scavare su misteri che risalgono al lontano 1986, a riesumare misteri racchiusi in un vaso di Pandora che forse non avrebbe dovuto aprirsi mai. Ad aiutare Bacci, con dati, spinte effettive, informazioni e consigli, sia allora che oggi, sono le voci e il supporto reale degli amici vedi Totò Pertusiello un tempo vicequestore poi capo della mobile e ora in pensione, e magari la guardia carceraria sarda Virgilio Loi, divenuto un amico dai tempi della sua ingiusta detenzione, ora in pensione anche lui ma sempre con gli agganci giusti per arrivare a sapere.
E, importante, la confortante apportatrice di serenità e calore, sia pur solo telematici, la sua nuova fiamma, la maestra elementare Giulia Corsini che vuole diventare sua socia. Tutti pronti ad assisterlo, sia pur non di persona, ma con informazioni e consigli, nell’inquietante silenzio rotto solo dal gridare delle sirene nelle strade svuotate dal coprifuoco sanitario. Ma un silenzio ancora più inquietante lo attende: quello emerso da una memoria frammentata e confusa, popolata dagli spettri e le ferite d’un passato a cui neppure l’oblio è in grado di offrire sollievo. Terribile ferite che costringeranno Bacci a confrontarsi con un tragico dilemma: raccontare quanto ha scoperto, e affrancarsi, o sostenere fino in fondo l’insopportabile peso della verità? Un romanzo questo Voci nel silenzio in cui assumono forte gioco e spessore l’immaginario, la ricerca introspettiva del protagonista, e dunque il suo dare volto e figura a voci o il dover precisare meglio le immagini collegate ai ricordi, alle testimonianze dirette o riportate. E il doverle accettare. Forse si può distogliersi da questi cupi pensieri, solo con l’apertura particolarmente allegra e vivace del concerto per pianoforte e orchestra numero 19 K 459 in fa maggiore, di Wolfgang Amadeus Mozart.
In Voci nel silenzio Bruno Morchio ci fa convivere con il lockdown, lo tratta quasi come un dato di fatto acquisito ‘normale.’ Possibile? Credo che certe situazioni quando si prolungano nel tempo portano magari impercettibili tanti piccoli e grandi cambiamenti anche dentro di noi. Parigi è deserta ormai da settimane. Nei prossimi giorni anche Milano toccherà di nuovo con mano il lockdown. Le grandi città potrebbero essere destinate a perdere consistenza, peso specifico nella umana convivenza? Forse dovranno reinventarsi per tornare a essere l’ombelico economico e sociale delle nazioni.
Voci nel silenzio – Bruno Morchio
Patrizia Debicke