È l’alba di una fresca mattina di settembre in Val Greveglia quando Jill,( che sta per Gilberto) di ritorno da una fantasmagorico rave party dopo un estenuante viaggio in autobus, piomba nel sonno dimenticandosi in bagno della piantina di cannabis che gli hanno regalato. Jill non ha mai combinato granché nella sua vita e per barcamenarsi con i miseri proventi di reporter freelance musicale vive ancora in campagna a casa della zia Iris che, unica sopravvissuta della sua famiglia, dopo averlo allevato lo nutre e lo alloggia generosamente. Cinque mesi dopo tre passeggeri che viaggiano a bordo di un vecchio Ford Transit scassato e con le gomme lisce, imboccano male una curva, sbandano sfondando il gardrail e finiscono a testa in giù in un bosco nel cuore dell’entroterra ligure. Su segnalazione di alcuni automobilisti molto mattinieri, la stradale ha trovato il furgone con i tre cadaveri, poi è arrivata la polizia, per primo l’ispettore vichingo Solari, poi Rosset e per ultimo Calabrò, l’anatomopatologo. Uno dei tre morti è senza documenti e il Transit ufficialmente rottamato dal ‘96 è pieno fino all’orlo di un grosso carico di marijuana. Merde de la vache putain, come dice Rosset! Parte l’indagine ma sarà un’indagine complicata, dai contorni sfocati in bilico tra lecito e illecito, quella in cui si trovano catapultati il montanaro ispettore Jules Rosset e la colf Alma, inquieta e ritrosa come sempre quando deve confrontarsi con i guai e i segreti altrui, mentre il sottile confine tra ciò che sia giusto e sbagliato ci mette lo zampino costringendola a mettersi in gioco come sempre. Un’indagine che sembra ingessata finché tutti e due capiranno che l’unica pista da seguire è collegata da un sottile filo, verde come quell’erba e allora prende svolte inaspettate. Perché ogni nuovo indizio portà diritto là. Insomma si sa: perché da cosa nasce cosa. Scenari irrinunciabili che scorrono nelle pagine quali il blu del mare d’inverno, Chiavari, Recco, Uscio ma e soprattutto un romanzo permeato dalla selvaggia bellezza della Val Graveglia, terra ricca di sapori e di cultura. Una terra che nasconde storie, un passato con un alone di mistero che sembra contraddistinguerla e alcuni segreti… Per scoprirne alcuni ci vorrà un gioco di guerra, il Raftair, che unisce e impegna Alberto, figlio di Rosset, e i gemelli di Alma. Tutto questo, e anche molto di più, lo troverete in E come sempre da cosa nasce cosa, l’ultimo romanzo di Valeria Corciolani, il quarto della serie “La colf e l’ispettore”, con due protagonisti così tangibili da sembrare veri e tanti altri a far loro ala, dal brillante e geniale anatomopatologo Osvaldo Calabrò, amichevole e misconosciuto faro nella vita di Rosset, al malmostoso Soleri, dal dentista innamorato Messi, al perfetto gentleman farmacista che qualche volta si trova in bilico, fino al devoto marito che vorrebbe ballare il valzer e invece deve fare i conti con le sofferenze di una donna, una prof in grado di far amare la letteratura anche agli asini e di combattere una terribile malattia. Questa volta però Valeria non ci fa sconti. Perché il caso del furgone apre nuovi difficili ipotesi. E infatti non solo ci costringe a fronteggiare lo spaventoso dramma di una madre, ma anche a entrare in punta di piedi nel quotidiano mondo delle persone condannate a patire malattie invalidanti e dei loro cari che si tormentano per loro. Il nostro giudizio verrà messo alla prova. Il nostro e quello di tutti coloro che devono fare i conti con la pietà e per non parlare poi di Rosset l’ispettore, che dovrà arrabattarsi come un funambolo tra la Legge con la maiuscola e quanto gli suggerisce il cuore. E dovrà far tesoro anche delle parola di Don Andrea, il prete suo amico, e svuota coscienza, che dopo averlo fiaccato in una scapicollata coi fiocchi su pei monti, racconta: «il mio amico rabbino della comunità ebraica dice sempre una cosa.» … «Che Tzedakah, la parola ebraica per giustizia, significa semplicemente “carità”, come se un atto di carità non fosse una possibilità ma una parte essenziale del vivere una vita giusta». Ecco appunto Valeria Corciolani e la sua scrittura unica e inconfondibile. “Ecco appunto”, proprio come piace dire a lei che si è inventata quel suo modo ironico, così straordinariamente diverso. Insomma “ecco appunto” una narrativa tutta sua: un raccontare fatto spesso di parole scarne, scandito da un ritmo particolare, parlante, che dando voce e corpo ai pensieri, fa rotolare frasi e parole scatenando la curiosità di chi legge. Ho detto e ripeto ad alta voce “parlante” ma aggiungo vivacissima e al tempo stesso riflessiva, con tutti i personaggi in perpetuo intimistico confronto e scontro con se stessi. Si sorride delle espressioni che usa per farci andare dritti al cuore della storia, della sua bravura di gestire la coralità di gesti, pensieri e intenti dei suoi tanti e diversi personaggi.
Valeria Corciolani è nata e vive a Chiavari (GE). Si è laureata in Belle Arti. Nel 2010 il suo primo romanzo Lacrime di coccodrillo è stato pubblicato dalla Mondadori. Nel 2014 inizia una collaborazione con Emma Books, casa editrice digitale di letteratura femminile, con la quale pubblica Il morso del ramarro (finalista al Premio internazionale di letteratura Città di Como 2015), il racconto Pesto dolce – la ricetta della possibilità, La mossa della cernia e ripubblica Lacrime di coccodrillo. Con Amazon ha pubblicato: A mali estremi, Acqua passata, Non è tutto oro e E come sempre da cosa nasce cosa.
Valeria Corciolani – E come sempre da cosa nasce cosa
Patrizia Debicke