La signora in giallo abita in Liguria. Basta il nome, Maria Masella, per evocare efferati delitti e misteri da risolvere, a cui fanno seguito un turbinio di indagini che hanno come epicentro Genova e dintorni. La Liguria, infatti, è l’altra protagonista di questa prolifica autrice che della signora in giallo ha tutto: la postura e le sigarette, la competenza e l’inventiva, la verve e la perfetta conoscenza dei meccanismi del giallo aderenti all’attualità.
Nota al grande pubblico per la lunga serie di romanzi che raccontano le storie del commissario genovese Antonio Mariani, giunto alla ventesima indagine, tante quanti sono gli anni della sua storica casa editrice, Fratelli Frilli Editori, da qualche anno Maria Masella ha affiancato al suo personaggio principale un altro filone, con un’altra protagonista gagliarda e tosta, Teresa Maritano, Tea, ex ispettrice di polizia (costretta a lasciare per troppa competenza), proprietaria di un bar nel capoluogo ligure, che si ritrova a indagare insieme al commissario Marco Ardini. E va da sé che tra i due non sono certo rose e fiori, anzi, e il problematico rapporto esistente tra loro dà verve e pepe al dipanarsi della trama.
In questa quarta indagine, “Un posto per morire”, troviamo Tea Maritano in una fredda giornata di ottobre, in viaggio da Genova a Savona, per presenziare al funerale del suo ex marito, il capitano Alberto Terracini, morto in montagna a causa di un incidente durante un’escursione. Nonostante non si parlassero da anni, Terracini le ha lasciato in eredità un rustico a Ormea, deliziosa località piemontese al confine con la Liguria.
Ecco l’incipit che tratteggia le basi per l’evoluzione della trama, tutta in divenire.
“Intervenire a questo funerale è stato insensato, è stato farmi male con le mie mani. Niente ormai mi lega al corpo chiuso nella bara coperta dalla bandiera. Niente ormai mi lega all’uomo che, un tempo, abitava quel corpo. Sono fuori dalla chiesa, la targa informa che è la Collegiata di San Martino e risale al tredicesimo secolo. Sì, mi aggrappo a dettagli inutili per non pensare all’uomo di cui stanno celebrando un funerale solenne. Dall’interno arrivano suono d’organo e voci di preghiere. Di lato trovo un angolo abbastanza riparato dal vento gelido. Perché non mi sono vestita più pesante?
Dalla tasca del giubbino beige tolgo sigarette e accendino, ma per accendere devo rifugiarmi sotto il porticato laterale dove c’è una specie di grotta artificiale trasformata in cappella. Mi siedo sull’inginocchiatoio volgendo le spalle all’altarino.
Fumo tenendo i gomiti puntati alle ginocchia.
Perché sono venuta? Per metterci una pietra sopra.
Perché sono venuta da sola, rifiutando l’aiuto di Luca, il medico che conosco da anni, Luca che, quando avevo ancora Paola, mi aveva proposto di formare una famiglia e ogni volta che Ardini era ricomparso si era fatto da parte? Perché non posso sfruttare un amico come stampella, soprattutto sapendo che lui vorrebbe essere qualcosa di più che non riesco a dargli. So che forse aspetta l’occasione in cui abbasserò le difese e accetterò che diventi parte della mia vita in modo più stabile.
Il mazzo di chiavi avuto dal notaio è pesante nella tasca del giubbotto. La tentazione di prenderlo e buttarlo è forte, ma non risolverebbe niente.”
Il capitano Terracini aveva un segreto che voleva restasse tale agli occhi del mondo, un segreto che Tea ben conosce e ha scoperto nel modo più drammatico. Un segreto che è stato la causa del loro divorzio. L’ex era innamorato del suo compagno d’armi, il capitano Massimo Urso. E proprio Massimo al funerale vorrebbe parlarle, ma lei non gli concede nessuno spazio. Vorrebbe perfino rinunciate allo chalet avuto in eredità dall’ex marito, ma quando anche il capitano Urso viene ucciso con un colpo di pistola, qualcosa le scatta dentro e si reca a Ormea in cerca di risposte.
Se i rapporti tra lei e l’ex marito non erano buoni, perché le ha lasciato il rustico in eredità?
Lo ha lasciato a Tea, l’ex moglie che adoperava come copertura per nascondere la sua diversità, o a Teresa Maritano a cui come ispettrice riconosceva acume e notevoli dote investigative?
Perché aveva donato una coppia di cavalli ai vicini invece che a Massimo?
Cos’era successo tra loro due?
Cosa si nasconde dietro quella doppia morte?
Tea adesso fa la barista, ma non ha mai smesso di svestire i panni di ispettore di polizia e quando annusa puzza di bruciato, fa quello che le costa non poco fare, coinvolge il commissario Ardini, che nel frattempo è stato promosso vice questore, e i due, insieme, daranno inizio a una indagine che dipanerà anche i nodi mai sciolti del proprio passato.
Maria Masella tratteggia con consumata abilità la trama, arricchendola con uno stile narrativo secco e un ritmo martellante, non rinunciando tuttavia alle descrizioni di alcuni luoghi del ponente ligure e del basso Piemonte che ben conosce e da cui traspare l’amore profondo.
Un’autrice con un palmares di tutto rispetto, tradotta anche in tedesco, e a cui nel 2015 è stato conferito il premio “La Vie en Rose” e nel 2020 il Premio alla carriera La Quercia del Myr e che non ha timore di reinventarsi con nuovi personaggi.