L’anteprima che più ho gradito nel corso del Noir in Festival è stata Tomato Red e, grazie all’organizzazione e Milano Nera, ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere e scambiare qualche parola con la regista Juanita Wilson.
Il film ha come protagonisti degli “outsiders”, quelli che non possono avere nessun riscatto o la possibilità di accedere a un’esistenza migliore. Non si tratta della solita storia in salsa americana, dove basta levare gli occhiali al protagonista per portarlo a essere il più “cool”, ma segue da vicino i passi incerti di un vagabondo – interpretato da Jake Weary, una prostituta – Anna Friel- e i suoi due figli difficili Julia Garner e Nick Roux.
Come ha affermato la regista, il cast è stato scelto dopo un attento casting e ha avuto una notevole resa per la felice alchimia nata tra gli attori.
Venus Holler è una microscopica città nel sud degli Stati Uniti dove le uniche cose interessanti accadono “a uno stato e mezzo in qualunque direzione”. La rossa Jamalee e il fratello Jason cercano di sfuggire al proprio destino alimentando sogni e speranze a cui la madre Bev ha smesso di credere da tempo. Sammy vorrebbe incontrare un “branco” per aggregarsi ma le cose alla fabbrica di cibo per cani non vanno come dovrebbero e quando incontra i tre, formano una vera e propria famiglia per cambiare il futuro che li attende.
Una produzione irlandese/canadese, girata in Canada sotto cieli infiniti e degli spazi sterminati, sono lo scenario adatto per mostrare quanto la rabbia serva per lottare e redimersi, anche quando un’opportunità potrebbe dissolvere l’amore, l’amicizia e il senso di appartenenza.
Ecco la trascrizione della breve intervista
Ha incontrato difficoltà nel realizzare un lungometraggio in un mondo che viene spesso considerato “maschile”, essere donna l’ha penalizzata?
Non lo so perché non sono un uomo e non posso sapere se essere donna mi ha penalizzato o meno. Essendo una donna e parlando di relazioni, ogni tanto non so come relazionarmi con molte persone.
Per me contano i soggetti, ho visto che in molti avevano lo stesso interesse, senza considerare il genere di chi lo proponeva.
Lavorare su un progetto che tutti condividono è una cosa decisamente più facile.
Come mai ha scelto di trasporre sul grande schermo il romanzo “Tomato red, uno strano destino” di Daniel Woodrell?
Mi piaceva il messaggio che attraversa il romanzo; tutti possiamo agire per raggiungere degli obiettivi, anche quelli che credevamo di non riuscire a realizzare, che consideravamo impossibili, fuori dalla nostra portata.
Il motore di tutta la narrazione è l’obbligo di dover vivere costantemente schiacciati dall’ingiustizia, una situazione che- prima o poi – fa reagire chiunque.
Il romanzo è basato su di un fatto realmente accaduto e ruota attorno all’omicidio di un uomo che viene discriminato ed è vittima di odio e pregiudizi.
Inoltre mi piaceva molto lo humor che Daniel [Woodrell] usa per sviluppare la trama.
Quali le difficoltà nel trasporre il libro in sceneggiatura?
La principale difficoltà era quella di trovare il giusto spazio, la voce di ognuno dei protagonisti e, infine, di riuscire a trovare un finale. In realtà ne ho girato uno ma non l’ho inserito nella versione definitiva della pellicola. Ho preferito chiudere il film con una sequenza ben precisa, per “scioccare” lo spettatore e dargli il modo di riflettere su quanto aveva visto.