In una tranquilla cittadina americana, Flint City, ove ci si conosce tutti, la sera del 10 Luglio, il Signor Ritz, mentre passeggiava col cane nel parco, rinviene il cadavere martoriato di un bambino, Frank Peterson, undici anni, orrendamente mutilato.
Il Dipartimento di Polizia di Flint City, sempre a corto di agenti, svolge nonostante tutto un lavoro di indagini davvero lodevole. Il detective Ralph Anderson, in pochissimo tempo, raccoglie prove tutt’altro che indiziarie, con testimoni oculari, DNA, impronte digitali, che riconducono a Terry Maitland, professore d’inglese e allenatore di baseball dei pulcini, un cittadino esemplare.
Non gli viene pertanto risparmiato un arresto esemplare, durante la partita. Ma il detective Ralph Anderson ha mancato di verificare se l’allenatore Maitland avesse un alibi. Ebbene lo ha, un alibi inoppugnabile: la sera del 10 Luglio non era a Flint City, ma a Cap City, a 110 chilometri di distanza, ad un convegno di un famoso autori di gialli, ripreso da un video.
La cittadina di Flint City piomba nel panico … Stephen King sembra sogghignare…
Il Maestro del brivido parte da un legal thriller, puro, ma poi, come piace a lui, seguendo orme sulla sabbia, ci conduce attraverso un percorso inimmaginabile, che solo un re dell’horror come lui può concepire, a un finale dal retrogusto soprannaturale, sempre molto caro a colui che scrive.
L’omicidio di un ragazzino, di soli undici anni, diventa una vicenda lunga e complessa, che inizialmente procede come un classico thriller, attraverso deposizioni, interrogatori e raccolta di prove, poi si verifica un errore clamoroso: fidarsi del DNA, l’arresto plateale e non controllare se avesse un alibi. Ma ormai la macchina dell’odio era scattata, si avverte un’accusa non troppo velata ad un uso strumentale delle Fake News e al mondo politico che se ne serve per acquisire potere, come anche l’accenno ai vampiri psichici, persone che si nutrono del disagio di altre. Molto figurativo anche l’esempio del melone, intatto al di fuori, ma quando viene aperto, si scopre che è infestato dai vermi. Il male ha molte facce.
E infine quella linea di mezzo, quel trasudare in un modo soprannaturale, extraterrestre, fatto di leggende messicane, che raccontano dell’uomo con il sacco, che vive nutrendosi del sangue e della carne dei bambini, di scontri fisici, di scambi di liquidi biologici, di furgoni bianchi scomparsi, della ritrovata investigatrice Holly Gibney col suo Fitbit e di qualcuno che viene da molto lontano.
Recentemente Stephen King ha dichiarato di non scrivere i suoi libri per arricchirsi, semplicemente perché è divertente che lui possa inventarsi tutte queste storie e anziché mandarlo da uno psichiatra, lo paghino per farlo!!
In effetti THE OUTSIDER, nero e cupissimo, non poteva che essere partorito da una mente dalla intricatissima immaginazione, come quella del maestro Stephen King.
The outsider
Valeria Arancio