“Settembre dice” è un gioco che la sorella, più grande di dieci mesi, fa con la minore che si chiama Luglio.
In quel “dice” c’è tutto il suo comando, il suo porsi nei confronti di una sorella debole, una bambola da manipolare.
Il romanzo è la storia di Settembre e Luglio, legate da un rapporto malato, un legame scritto col sangue quando erano bambine. Si sono da poco trasferite in una nuova casa, con la madre, per ricominciare a vivere dopo che è successo qualcosa, a scuola.
Non sono le adolescenti che immaginiamo, non hanno amici o compagnie, non frequentano luoghi di ritrovo. Sembrano persino più piccole rispetto all’età anagrafica.
L’ho trovato un libro angosciante: un po’ perché l’autrice è brava a farti sentire aliti di vento e scricchiolii sinistri,ma anche perché si addentra così tanto nella sofferenza umana, da far soffrire anche chi legge.
La casa dove abitano è un incubo continuo, il gioco “Settembre dice” lo è ancora di più perché le richieste sono eccessive e pericolose; in questo quadro familiare convivono una madre, assente, e la figura del padre, morto.
L’autrice è brava a condurci, oltre che nelle stanze inquietanti della casa, in quelle ancor più inquietanti della mente umana mostrando un caleidoscopio di passioni, emozioni, pensieri malati.
E’ uno di quei libri che vorresti abbandonare, soprattutto se lo leggi di sera e magari sei in casa da sola, ma poi non lo fai perché vuoi sapere tutto.
Attraverso i pertugi della mente, della casa, negli spazi di azzurro – pochi in realtà – dove ogni tanto si libera un pensiero che definiremmo consono, normale, arriviamo alla fine della storia.
In tutto il romanzo abbiamo sempre avuto una doppia inquietante presenza.
Il finale non è da meno: non c’è un solo finale, io ne vedo due.
Sorelle – Daisy Johnson
Marinella Giuni