Un libro denso di umanità in cui la piccola storia diviene protagonista. La storia sorda e muta di persone emarginate che vogliono oltrepassare i margini impostogli da una sorte avversa e beffarda. Come in un’odissea Julio, Secundo, Milton, dopo essersi indebitati per tutta la vita con i coyotes, i veri carnefici, cercano di traghettare da un mondo vecchio ad uno nuovo in cerca di fortuna. Un viaggio difficoltoso, verso gli Stati Uniti, con mezzi non confortevoli, di notte per non essere scoperti, trattati non come passeggeri ma come bestie. Umiliati. Una spiaggia come punto di arrivo e di nuova partenza. Una barca “di cartone inanimato” troppo piccola e poi il naufragio in un mare divoratore e immenso, con la sola compagnia di una speranza insperata.
Così Jean Piere Boris riesce a raccontare, grazie alle testimonianze dei superstiti, quel terribile viaggio di agosto. Un viaggio in cui i fatti di cronaca diventano realtà dai retroscena inaspettati con storie sconvolgenti, quelle degli schiavi del mare, da sembrare irreali. Una lettura da consigliare almeno per sentirsi più vicini all’immigrato che incontriamo ogni mattina sulla nostra strada e per capire forse che il razzismo è divenuto ormai non un problema da terzo mondo ma da mondo che si crede occidentalizzato e democratico, quale quello in cui viviamo.