Oscuri resti – Le indagini di Laidlow
Siamo a Glasgow, la più grande città della Scozia e sua capitale economica.
L’anno è il 1972. L’avvocato Bobby Carter non dà sue notizie da due giorni, la famiglia ha presentato denuncia di scomparsa e Jack Laidlaw spera che sia stato rapito dagli alieni piuttosto che possa verificarsi quello che si teme. Bobby Carter infatti, non è un tizio qualunque, ma un criminale incallito
O meglio, un avvocato venale e astuto che non si limitava a sfiorare le acque inquinate della criminalità, ma ci sguazzava dentro. Istruito e di buona famiglia, Carter aveva deciso di dedicare la vita a proteggere e consigliare la feccia che popolava il territorio di Frederick. Il suo lavoro era spostare denaro sporco, mettendolo fuori dalla portata del fisco. Lo ripuliva acquistando attività legali e redditizie, e si preoccupava che i contratti favorissero sempre il compratore e non il venditore.
Carter, insomma, sa quali buoni consigli dispensare a Cam Colvin, gangster feroce e sanguinario, perciò quando il suo cadavere viene ritrovato da un tizio in un vicolo dietro il pub Parlour, nel quartiere Calton che ricade nel territorio di John Rhodes, altro angioletto che in quanto a ferocia rivaleggia con Colvin, il comandante della squadra Omicidi di Glasgow, Robert Frederick, sa dove indirizzare le sue indagini: è stato un regolamento di conti tra bande rivali.
D’altronde il suo pensiero è chiaro: Tutte le città sono pervase dal crimine. Fa parte del gioco. Riunisci insieme abbastanza persone nello stesso posto, e in una forma o nell’altra il male si manifesta. Garantito. È la natura della bestia.
L’ispettore Jack Laidlaw però ragiona in modo diverso e lo sanno bene anche i suoi colleghi. La sua reputazione lo precede e dà fastidio in una città come Glasgow popolata da farabutti e potenti uomini d’affari, di vittime che non credono nella giustizia e quartieri malfamati.
Jack Laidlaw conosce le domande giuste, i suoi metodi sono ben poco ortodossi e anche adesso che l’età non è più verdissima, vuole vederci chiaro.
Ai quaranta mancava poco. Laidlaw se li sentiva addosso, nel girovita più largo, nelle ginocchia che gli facevano male quando saliva troppe scale, nella tensione agli occhi. Ormai dubitava di riuscire a inseguire un indiziato su una strada abbastanza lunga da meritarne il nome.
Proprio seguendo il suo fiuto troverà il colpevole ed eviterà che a Glasgow i gangster si facciano la guerra, trasformando le strade in campi di battaglia.
Una soluzione molto amara.
Non importava quanto pattinasse bene, con quale sicurezza si muovesse, le tenebre erano lì. Qualunque cosa accada, ci sono sempre oscuri resti.
Questo romanzo, che racconta il primo caso di Jack Laidlaw, ha scalato le classifiche inglesi e ha vinto il British Book Award come miglior giallo dell’anno.
Tradotto da Alfredo Colito, la storia di questo romanzo però è alquanto singolare.
Il creatore di Jack Laidlaw e della Glasgow degli anni ‘70, lo scrittore William McIlvanney, inventore del Tartan noir, il giallo scozzese che strizza l’occhio all’hard boiled americano, è mancato nel 2015, lasciando il romanzo incompiuto. L’editore ha quindi individuato in Ian Rankin il suo erede ideale. Già vincitore dell’Edgard Award nel 2004, autore della serie best-seller con protagonista John Rebus, tradotta in ventidue Paesi (pubblicata in Italia da Rizzoli, Rankin è andato in biblioteca e s’è immerso nella lettura del Glasgow Herald del 1972 per ricreare l’atmosfera. Poi ha riletto i romanzi di Laidlaw per assorbire la voce e lo stile di McIlvanney e gli ha reso omaggio con questo magistrale romanzo che porta in copertina, e giustamente, i nomi dei due grandi scrittori.