E’ bianca di ore senza consolazione la notte di Viola Carraturo, la tabaccaia del rione Materdei a Napoli. Una notte che si rinnova come una condanna e si consuma tra passi tormentati nel giardino incolto, quasi una discarica, su cui si affacciano casa e bottega. Finché all’improvviso, una sera diversa da tutte, quella notte muta colore e da bianca diviene nera. Nera come la morte, nera come la mano dell’assassino che colpisce Viola con violenza brutale fracassandole il cranio e poi, per finirla, la soffoca. Nessuno la piange, strega scarmigliata e sporca, neppure i nipoti accolti alla morte dei genitori. Non certo i condomini, che dalle finestre l’osservavano con malanimo mentre camminava senza sosta per quel giardino invaso da topi ed erbacce, e nemmeno i pochi clienti che solo per pigrizia frequentavano ancora la sua tabaccheria.
Solo Andrea Martino, commissario da poco in pensione chiamato a offrire il prezioso contributo della sua esperienza al collega che l’ha sostituito, sembra non acquietarsi al mistero di quella personalità, a non volerlo ridurre a un’essenza totalmente negativa. E scava: scava nel passato della vittima e di chi l’ha conosciuta. Di chi le ha abitato accanto, di chi ha avuto con lei rapporti di affari, di chi sembra averla solo sfiorata. Scava, Andrea Martino, con quella sua empatia che gli ha valso il soprannome di ‘commissario buono’, con quella sua capacità di non giudicare anche i peggiori, convinto che tutti si portino dentro un tormento.
Il dolore, si sa, è contagioso. E parla, basta saperlo ascoltare. E sarà proprio seguendone l’eco, antica e recente, che l’ex-commissario arriverà all’epilogo della vicenda, rimanendone toccato nel profondo, senza essere riuscito ad alleviarlo in alcun modo.
Un romanzo di particolare acume psicologico, quello di Letizia Vicidomini, che sarebbe riduttivo incasellare sotto l’etichetta di giallo o noir.
C’è un omicidio, è vero, anzi più di uno. E un’indagine che con esaustivo rigore svela movente e modus operandi dell’assassino. Ma il romanzo è molto di più.
E’ la voce straziata di un dolore che condanna a vita, che fa perdere la ragione, che si propaga per contagio e travolge le vite innocenti.
E’ l’amore appassionato per una città, Napoli, “metropoli meravigliosa e lazzara”, palcoscenico pirotecnico e vociante, che può intenerire con il blu dei suoi cieli o respingere con l’oscurità dei suoi crimini.
E’ l’abilità di evocare personaggi a rilievo, comparse o comprimari che siano, vividi e pulsanti di vita. Si affacciano da interni di immaginifico risalto, la luccicante casa di bambola della vedova Di Matteo o il basso ai Quartieri Spagnoli di Filuccia Starnone, e paiono usciti da altrettanti atti unici del teatro di Eduardo.
Una scrittura vivida e avvolgente, quella di Letizia Vicidomini, attenta ai piani sequenza e agli effetti di chiaroscuro come per un set cinematografico, umanissima sempre e piena di empatia quanto il suo ‘commissario buono’ che, come direbbe Simenon del suo Maigret, “ è un uomo in apparenza molto comune, con una comune intelligenza, di media cultura, ma sa annusare le persone, annusare dentro le persone...”.
LETIZIA VICIDOMINI, salernitana che vive a Napoli, è speaker radiofonica, attrice e voce pubblicitaria. E’ autrice di cinque romanzi. Per Homo Scrivens ha pubblicato La poltrona di seta rossa (2014) e Nero. Diario di una ballerina (2015), con il quale è stata finalista a Garfagnana in giallo – Sezione romanzi editi.