Quantum of Solace, ventiduesimo James Bond cinematografico, in realtà il secondo della nuova serie. Che c’entra in una rubrica sul nero hard boiled? Più di quello che uno potrebbe immaginare se ricorda le commedie d’azione più basate sull’ironia che sulla spy-story con Roger Moore. Ho sempre sostenuto che la spy-story(nella sua forma letteraria e cinematografica) ha una stretta parentela con il noir. Nel filone di cui Le Carré è emblematico portabandiera tutto ciò è più evidente. Le atmosfere cupe, lo squallore morale che circondano Smiley e Leamas (La trilogia della Talpa,la Spia che venne dal freddo) sono intrise di quel male di vivere che è tipico del noir più classico. Bond, almeno al cinema, è sempre stato una declinazione moderna del romanzo d’avventura unito all’hard boiled in stile Lemmy Caution. I romanzi originali di Fleming, però, presentavano un protagonista più oscuro, crudele le cui manie da bon vivant erano una forma di autodistruzione. In pratica, un personaggio per gli anni 60 troppo duro per poter raccogliere un grande successo di pubblico. Ma oggi per continuare a far vivere il mito era necessario ricominciare da…007. Quello originale, cupo, misogino, a suo modo romantico ma con una carica di violenza e aggressività che mal si sposavano coni precedenti 20 film. Il Bond di Craig già con Casinò Royale si differenziava non solo nell’aspetto ma anche in cento altri modi dal modello precedente senza disattendere alcune delle fondamentali aspettative del suo pubblico. Location variate, azione sempre spettacolare, uno stuolo di femmine pericolose. Craig è come Il cavaliere oscuro. Conferisce all’icona una nuova visione e così si è ricominciato con uno Year One che prosegue direttamente in questo secondo film della serie che si ispira solo per il titolo a un racconto pubblicato nella raccolta Solo peri tuoi occhi (Un Quantum di Sicurezza). Per il resto è la seconda parte del primo film e, a conferma di quanto la critica ufficiale non ci abbia capito una cicca, è evidente chela storia si concluderà con un terzo episodio. Sulle tracce dell’organizzazione che ha indotto Vesper a tradirlo(causandone poi la morte) Bond picchia, spara, distrugge, si mette contro tutto e contro tutti (anche i suoi) e identifica una fantomatica organizzazione Quantum che viene nominata solo sullo sfondo. I cattivi di turno vengono eliminati ma l’inferno di bond resta dentro la sua testa(come gli dice la magica Olga Kurylenko nel finale) ed è lontano dall’esaurirsi. Gli osservatori attenti hanno sicuramente notato che il perfido Mr.White se l’è cavata e appare nella scena di Bregenz svignandosela . E certamente ci si può aspettare che questa Quantum sia una nuova SPECTRE, più insidiosa perché è invisibile e ha uomini dappertutto. Anche nel Servizio segreto inglese, negli altri film visto come una grande famiglia. Qui invece il dubbio che…il nemico siamo noi… affiora anche nel determinato Bond. Bene fa il regista di Il cacciatore di aquiloni a contenere dubbi e rovelli a poche ma intense scene. Non è un film psicologico, diamine! Ma i colloqui con Mathis(Giancarlo Giannini) , il deserto di Atacama paradigma della desolazione che rispecchia la condizione umana di Bond, sono tocchi d’autore. Poi entrano in scena ben due unità differenti per le scene d’azione, raramente così violente e sincopate. Poco importa se dal Lago di Garda raggiungiamo Siena in un paio di curve…è la magia del cinema. Corpo a corpo, pistola in mano, su auto e impalcature, Bond corre senza fermarsi mai, con la faccia di pietra di Craig, così occupato da potersi concedere solo un paio di battute, eppure ugualmente affascinante per Gemma Haterton e Olga Kurylenko. Un eroe moderno, nero dentro prima che nelle azioni, si definisce per quello che fa e per quello che ‘non’ dice. In fin dei conti l’eroe del noir non ha bisogno di troppe parole. Non è nemmeno un eroe. È un sopravvissuto. Proprio come Bond.
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