Nella musica del vento -Marco Steiner



Marco Steiner
Nella musica del vento -Marco Steiner
Salani
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Morgan in gallese vuol dire nato in mare e questo è vero, come è vero che Morgan Jones conosce l’inferno.  Tanto bene, neppure fosse casa sua, perché è stato proprio l’inferno, o quanto di più simile all’Ade,  ad accoglierlo alla nascita, già orfano di padre morto di polmonite qualche settimana  prima a bordo di una nave partita  da Cardiff  e diretta  alla  Patagonia  argentina. E come ha visto la luce, nel 1887, sul piancito di legno tra una panca e una vela,  è stato subito  orfano anche di madre, uccisa da una spaventosa emorragia durante il parto, con la nave ormai vicina ad attraccare. Orfano, un povero  fagottino che allo sbarco urlava affamato, raccolto e adottato per pietà dal prete presbiteriano e da lui affidato alla generose mammelle di una giovane Tehuelche convertita. Nanita che si divideva tra il compito di  riempire le bocche dell’orfanello e  dei suoi marmocchi e quello di rallegrare le serate al  religioso quando beveva. 
I Gallesi avevano cominciato ad arrivare in Patagonia  nella seconda metà dell’800 con l’illusione di trovare il sostegno per una nuova e miglior vita  in quella terra tanto lontana, mentre la fame bussava alle loro porte, con le  miniere di carbone in chiusura per esaurimento, e  vittime di un  fallito sogno d’indipendenza. Ma in Patagonia trovarono solo la desolazione di torride estati  in cui non cadeva una goccia di pioggia sui campicelli che si ostinavano a coltivare  e crudeli inverni con le piene dei fiumi che travolgevano  ogni e qualunque cosa sulla loro strada. E il vento secco, sibilante, continuo, implacabile.  Molti di loro che rimasero non ce le fecero, morirono di malattia o fame,  mentre i più coraggiosi cercavano di proseguire verso l’interno, incamminandosi per un desolato deserto infinito in una sterile caccia di terreni migliori. Riuscirono a sopravvivere  in pochi:  i più forti e i più coriacei. Tra loro Morgan Jones. A quindici anni, dopo aver scansato le insane voglie del prete a suon di sganassoni, prese con sé  una coperta , due borracce d’acqua, un sacco di gallette e un po’ di carne secca e  staccato il  cavallo dal calesse, montò a pelo e via. Da allora per tre anni si era fatto le ossa nel deserto,  aveva imparato a cacciare, a pescare, a sfamarsi con bacche e radici, a seguire i serpenti per trovare l’acqua, insomma era sopravvissuto in quelche modo fino ad arrivare nei pressi di Cholila ed essere arruolato nella banda di Butch Cassidy, El Bandido yanqui.  Da allora impelagato in  rapine, razzie uccisioni senza freni e senza  rimorsi, vagando in lungo e largo senza conoscere confini.  E mesi su mesi anche di continuo lavoro per i possidenti locali come mandriano. Vivo per miracolo dopo un mortale  agguato, sopravvissuto solo grazie all’aiuto e alle cure di un gruppo di nomadi Tehuelche e infine accolto da una carovana  era tornato verso Bariloche . Al suo arrivo molte cose erano cambiate e  i giornali scrivevano che Cassidy fosse morto caduto in un agguato della polizia …
Aveva ripreso a fare il mandriano ma sempre stregato dalla pampa, da quel maestoso scenario di terra bruciata  rossa senza fine,  aveva continuato per anni a vagare per quell’infinito dominio  del vuoto, dove ogni  uomo è padrone dei proprio demoni. Fino al giorno in cui aveva incontrato una donna, Maria, una che come lui conosceva l’inferno e, come lui, indurita dalle esperienze e dalla vita e tuttavia  mai doma.
Anche Maria Leibowitz aveva visto l’inferno. Praticamente prigioniera nella casa paterna, era stata venduta da un padre, per mostruosa abiezione in cambio di moneta sonante, a un falso fidanzato, incaricato di reclutare in Europa merce fresca per rimpolpare i bordelli argentini di Buonos Ayres. Lei che sperava di essersi lasciata alle spalle la miseria, il fango del villaggio, il puzzo dei cavoli, le angherie e la turpe ferocia delle sevizie subite in famiglia e , sognava magari  una vita normale, magari di moglie e di madre era finita invece a Buenos Aires, in una prigione peggiore.  Perché il suo miserabile  punto di arrivo era stato di  merce da smerciare  in un casino di lusso. Tanto per cominciare venduta all’asta come una schiava poi  trasformata  in una prostituta di qualità, in una  fattrice a pagamento e, non appena aveva tentato di contattare la stampa e ribellarsi, punita atrocemente con il trasferimento a Bariloche, nel bordello cittadino, luogo di  sfogo e intrattenimento dei mandriani della zona. Là è diventata la Polaca, la più rinomata attrazione del locale in cui lavora.  E ora Morgan vuole incontrarla.
Non ci sarà un rapporto tra loro la prima volta. Ci sarà curiosità ma rispetto da parte di Margan, disgusto e inquietudine forse  da parte di Maria, ma dopo giorni che i loro occhi si valutano e  si riconoscono.  Un riconoscimento il loro di un proprio simile, alla pari e  degno di appoggio. Il rapporto diventerà fisico, appassionato, anche se non ci sarà  forse mai amore, ma rispetto sì. Perche il loro sarà  l’incontro tra due animali feriti, due cani rabbiosi ma che si considerano. E così, quando a Morgan viene offerto un incarico che potrebbe permettergli di andarsene, diventare ricco  e dimenticare il passato, decide di portare Maria con sé, in cerca di una nuova vita. Ma per farlo  bisogna spingersi in fondo alla Terra del Fuoco, dove il vento artiglia l’anima e non la lascia più, a recuperare un carico d’oro maledetto, per poi prendere il mare a bordo di una specie di  veliero ‘fantasma’ perché ufficialmente scomparso in un naufragio, e trasportare il prezioso carico fino in Europa. Ma il destino non fa mai sconti…
Come attori sul palcoscenico passano sulle pagine  nel ruolo di coprotagonisti Butch Cassidy, il bandito assassino e  manager finanziario, Harry Cavendish, l’inglese. l’uomo da caccia alla volpe,  Aurelio, lo splendido e generoso marinaio maremmano venuto da Talamone che sapeva fare le navi e Buno Kremer, il viscido e gelido  tedesco doppiogiochista.
Con l’introduzioni di personaggi inventati, di altri semileggendari e il ricordo di coloro  che hanno contribuito a migliorare la storia di quel paese, Steiner si è servito in questo libro  della sua grande capacità descrittiva  in grado di ricreare pezzi dal fascino visionario di Hugo Pratt, mischiati alla  violenza selvaggia di Cormac McCarthy. E con le sue colte e  puntuali descrizioni di  uno scenario denso di sogni e fascinose visioni di  terre lontane, offrendo un importante contributo alla grande tradizione del romanzo d’avventura, ci ha introdotto a forza  in uno splendido ma  rabbioso territorio lontano dove anche il fischiare sembra  avere molte storie da raccontare.

Marco Steiner è nato a Roma nel 1956. Ha conosciuto Hugo Pratt negli anni Ottanta e ha lavorato al suo fianco fino al 1995. Con Patrizia Zanotti, sua moglie, e lo stesso Pratt ha fondato la casa editrice Lizard, di cui si è occupato per tredici anni. Dopo la scomparsa del maestro ha completato il romanzo Corte Sconta detta Arcana (Einaudi 1996), seguendo le tracce della sua prima stesura. A lui si deve anche la versione romanzesca di Una ballata del mare salato, la storia a fumetti che rappresenta la nascita di Corto Maltese. Tra i suoi libri ricordiamo Il corvo di pietra (2014) e Oltremare (2015, vincitore del Premio Salgari), entrambi pubblicati da Sellerio.

Patrizia Debicke

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