Chelsea Cain

In occasione della presentazione italiana del suo ultimo romanzo La ragazza dei corpi, MilanoNera ha intervistato Chelsea Cain

Come è nata l’idea di questo romanzo, come ci ha lavorato e che tipo di ricerche ha effettuato?
E’ nata quando ero in stato interessante, non riuscivo a dormire e guardavo molta TV. Mi capitò di vedere sulla CNN uno speciale che parlava di un Serial Killer di prostitute, catturato un paio di anni prima, il cui primo cadavere fu scoperto quando io avevo solo 10 anni e nella zona dove abitavo. Insomma sapere che era in libertà una persona del genere, proprio dove abitavo allora, fu per me un fatto sconvolgente e questa idea mi ha accompagnato per molto tempo. Vedere le interviste dei poliziotti appartenenti alla Task force e quelle del serial killer stesso mi indusse a considerare il loro rapporto quasi un legame spirituale, un attaccamento morboso e questo fu il punto centrale da cui è scaturito il mio romanzo.

Perché la scelta del thriller psicologico?
Il romanzo si è sviluppato così spontaneamente, non sono partita con l’idea precisa di un thriller psicologico.Volevo analizzare e descrivere i rapporti tra i protagonisti, la psicologia sta alla base del romanzo.Ho voluto mettere a frutto tutti i libri che ho dovuto leggere e studiar negli anni di scuola, credo che la possibilità che un’azione abbia luogo abbia più patos dell’azione stessa; per esempio la giornalista Susan è un esplicito travestimento psicologico.

La Femme Fatale è il personaggio per eccellenza del romanzo, perché la scelta di una “donna” in un ruolo così ammaliante e spietato?
Ho scelto una donna per creare una tensione sessuale. Gli uomini nella nostra società hanno timore delle donne avvenenti e affascinanti, esiste una equazione tra bellezza e potere, ho voluto insomma che il lettore si identificasse nella situazione del detective e nel suo stato d’animo trovandosi davanti a una femme fatale.

Le altre donne del romanzo (Susan, la moglie del detective, le adolescenti ammazzate) cosa rappresentano?
Non rappresentano nulla di particolare, sono protagoniste a sé, figure autentiche, non di plastica, non sono figure sospese, ma personaggi con i quali ci si può immedesimare.

La malvagità e la perversione si manifestano in varie forme nel suo libro, sia attraverso torture fisiche che psicologiche, quale sono le peggiori e le più indelebili a suo parere?
Quelle psicologiche senza dubbio sono le più potenti.

Ha esagerato nel raccontare il Male del mondo oppure crede che sia “reale”?
Mi piacerebbe che la mia descrizione fosse esagerata, eppure, dopo parecchie ricerche, sottolineo che quello che si fanno gli uomini supera, purtroppo, di molto l’immaginazione.

Esiste sempre un riscatto contro un ricatto?
Ogni tipo di rapporto umano è caratterizzato da uno scambio di potere, di attrazione, come l’ago di una bilancia che può pendere da una parte o da quella opposta, tutto dipende da queste oscillazioni.In questo episodio pare che il detective abbia la meglio, ma vedrete nel secondo….

Chi è la vera vittima del romanzo?
Sono tutti vittime, chi più, chi meno, ognuno con problematiche forti, ognuno è dipendente da qualcheduno.

Quanto dei lei si può trovare nei suoi personaggi e quale di questi la tratteggia meglio?
Nel libro c’è di me più di quanto voglia ammettere, è stata un’esperienza liberatoria. Credo comunque che il personaggio che più mi assomiglia sia Susan, è giornalista come me, posso perciò parlare con una certa cognizione di causa e poi abbiamo gli stessi abiti…

Quando e cosa ha influito nel suo divenire scrittrice?
Ho sempre voluto scrivere, già da bambina, infatti amavo disegnare su tanti fogli sparsi che poi cercavo di unire, mettere insieme, proprio come accade quando si scrive un libro. Ho sempre considerato il giornalismo come il mio mestiere, il mio lavoro e solo ultimamente sono riuscita a pensare che lo “scrivere” potesse divenire una vera professione, la mia.

In breve ci può raccontare qualche cosa che descriva il suo modo di essere?
Sono cupa, più divertente di quanto la gente possa pensare, mamma e bohemien, Quest’ultima particolarità è dovuta alla mia infanzia hippy che mi ha consentito di avere uno spirito creativo, oggi faccio di tutto per definirmi ed essere una bohemien. E’ singolare, da bambina mi sentivo diversa e volevo assomigliare agli altri bambini, volevo uniformarmi a loro, oggi è l’esatto contrario, non voglio essere ridotta a un elemento del sistema, voglio differenziarmi.

Cosa dobbiamo aspettarci dai suoi prossimi romanzi?
Nei prossimi libri ci saranno tutti i personaggi che sono sopravvissuti nel primo, ci saranno sesso, violenza e rapporti complessi e forti.

claudia caramaschi

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