L’ombrello dell’imperatore – Tommaso Scotti



Tommaso Scotti
L’ombrello dell’imperatore
Longanesi
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E’ una bella novità editoriale quella che ci propone Tommaso Scotti col suo “L’ombrello dell’Imperatore” aprendo  questo nuovo anno con una ventata di freschezza e di mistero.
Grazie a questo romanzo e alla disponibilità dell’autore nel presentare il suo libro e nel raccontarsi abbiamo la possibilità di osservare dalla poltrona di casa uno spaccato di vita vissuta  che altrimenti ci sarebbe negata.
Tommaso Scotti è nato a Roma e lì ha studiato laureandosi in matematica; spinto dalla passione per le arti marziali e dall’interesse verso l’estremo oriente parte per uno stage accademico circa dieci anni fa decidendo poi di fermarsi  a vivere in quei posti, assimilandone cultura e abitudini.  
Dall’osservazione  delle abitudini dei cittadini di Tokyo, o meglio da una loro curiosa caratteristica, nasce l’idea che darà corpo al romanzo.
Ci racconta l’autore che la gente comune quando piove usa un particolare tipo di ombrello fatto di plastica trasparente, che ripara ma che lascia la possibilità di osservare tutto; è un ombrello di poco valore, utile al momento, ma che viene spesso perso, spesso rubato, spesso ancora dimenticato, diventando così un filo rosso che lega tra loro vite quanto mai diverse.
Ecco che su uno di questi ombrelli, casualmente diventato l’arma di un efferato delitto, viene ritrovata l’impronta di quello che per i giapponesi è l’intoccabile per diritto l’imperatore. 
Una delle caratteristiche interessanti  nello svolgersi di questa storia è l’indagine nell’indagine, cioè  da un lato la ricerca del colpevole, dall’altro la necessità di compredere perché sull’ombrello vi sia tale inspiegabile presenza di una impronta quasi sacra.
Inizia da qui una conoscenza di persone e di storie diverse tra di loro che in comune hanno l’aver posseduto anche per poco tempo l’ombrello, fatto questo che le accomuna.
Incaricato di svolgere le indagini è l’ispettore Takeshi Nishida, squadra omicidi di Tokyo, che è un “hafu”, cioè un mezzosangue, madre americana e padre giapponese.
Non è un elemento da poco, alla parte americana si attribuiscono certe caratteristiche occidentali come la schiettezza o l’inquietudine propria del nostro pensiero,  peraltro  Nishida è profondamente legato al suo Giappone e alle tradizioni di una cultura millenaria.
Comunque  questa doppia natura è un ottimo escamotage letterario che, come  ci racconta l’autore, gli ha permesso di descrivere  Nishida e le sue azioni  in un modo non giapponese al cento per cento.
Così seguendo il percorso dell’ombrello seguiamo persone e vite diverse che incarnano di volta in volta la tradizione o la modernità, capiamo quanto dura sia l’educazione dei giovani, quanto sia radicato nella loro cultura il profondo senso dell’onore e quanto poco si parli di argomenti ritenuti scomodi.
Un altro problema che viene affrontato è quello degli  hikikomori, fenomeno sociale grave che purtroppo non vede una soluzione.
Insomma,  leggendo si ha come l’impressione che un amico di buona volontà provi a farci entrare in punta di piedi in un mondo sconosciuto ed affascinante, pieno di saggezza antica, riflettete sulla figura bellissima del giardiniere, e di contrasti attuali, senza per questo essere pedante o didascalico, al contrario stimolandoci con quello che è un noir nel pieno senso del termine.
Ne rimane che abbiamo voglia di leggere ancora altre avventure di Nishida  immergendoci nella sua Tokyo.
P.S. Un gradito regalo dell’autore è l’epilogo del romanzo, in cui ci racconta che ne è stato di alcuni dei protagonisti della storia.

Roberta Gatto

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