Antonino Fiore
I delitti delle Malebolge
Pelledoca
Valvendia, paese prealpino di 10.000 abitanti dove non succede mai niente, viene improvvisamente sconvolto, come se fosse finito in un girone infernale dantesco. Mentre persone con fascette colorate al braccio cercano di promuovere un culto new age, il Club Prismatico, avvengono tre efferati omicidi: un uomo nudo addirittura frustato dopo essere morto, un poliziotto cliente del primo e suo complice nell’intorbidare le acque delle indagini affogato nella fogna e un terzo appeso a testa in giù e piedi carbonizzati insù. Lo scopre Ibra, II media, che avverte subito il commissario Karim, incaricato delle indagini su quelle strane morti, il quale gli chiede di “essere i suoi occhi” all’interno della scuola e di riferirgli ogni dettaglio utile.
Quando il capo dei Prismatici è brutalmente assassinato e il preside ucciso con il volto girato indietro, oltre a politici corrotti impeciati e perforati, Ibra, che sta penando sulla parafrasi della Divina Comedia, ha un flash, un colpo di genio: gli viene in mente la pena del contrappasso. Così colloca idealmente i malcapitati nel girone infernale delle Malebolge, quello dei truffatori: in particolare i simoniaci, che chiedevano soldi ai loro seguaci per salire di grado, e quindi venivano appesi a testa in giù con i piedi infuocati per aria, e maghi e indovini, che pensavano di vedere più avanti degli altri e per questo erano costretti a camminare col capo rivolto indietro.
Mentre il sindaco alimenta subdolamente un’atmosfera di sospetto e xenofobia – come i fomentatori di discordia nelle Malebolge, rischiando pure lui – e dà la colpa dei delitti agli stranieri, Ibra, nel suo ruolo di aiuto-detective, comincia a osservare e fare domande come un giornalista. Nota anche sul banco della bidella un libro su Dante con due parole sottolineate: Minosse e Gerione, ovvero il Giudice e il Guardiano dell’Inferno. Adesso ha indizi e prove, il movente, l’arma del delitto, il modus operandi (le Malebolge); manca solo un testimone, ma trova anche quello. Il finale è un po’ buonista, in senso pedagogico, alla De Amicis, ma dopo l’Inferno di Dante, che sembra uscito da un film di Tarantino, ci può anche stare.
Da 11 anni