Liberty Hotel ovvero la famosa nevicata del 1936
Il 28 ottobre è sbarcato in libreria Liberty Hotel di Giuseppe Calogiuri. E la storia, un convincente romanzo breve ambientato nella primavera del 1936 anno XIV dell’Era Fascista, è preceduta dalla dettagliata planimetria di un borgo a nome “Castel Domiziano”, sito in Trentino nei primi contrafforti delle Alpi Retiche in una “leggo” Valle di Magellano sulle sponde o meglio posto a mo’ di isola nella biforcazione del torrente Brusago.
Primavera 1936, anno XIV dell’Era Fascista, con l’esercito abissino in rotta, il 3 maggio il Negus ha abbandonato l’Etiopia. Il vittorioso ingresso, il 5 maggio di Badoglio in Addis Abeba ha provocato adunate “oceaniche” a Roma in piazza Venezia e in tutta Italia. Alle quali ha fatto seguito il proclama di Mussolini che annunciava: “l’Etiopia è italiana”.
Il 9 maggio Vittorio Emanuele III assumeva il titolo di Imperatore di Etiopia. Mussolini pronunciava dal balcone di Palazzo Venezia il “discorso dell’Impero” e Badoglio veniva nominato viceré di Etiopia. Con la conquista dell’Etiopia– secondo la tesi di molti storici, – il regime fascista aveva raggiunto l’apice del consenso popolare. Perfino nell’ambiente dei fuoriusciti, intellettuali e politici, in molti applaudirono l’impresa di Mussolini. Da quel momento in poi, però, prendeva il via la fase discendente della parabola. L’Etiopia, infatti, non era la terra promessa che centinaia di migliaia di contadini italiani attendevano come soluzione ai propri problemi e alla povertà. E furono disattese le tante aspettative di coloro che, specie tra i più giovani, si attendevano una svolta in senso liberale, del regime una volta conquistato l’impero contro il volere delle potenze europee.
E nel ’38, poi furono introdotte le abominevoli leggi razziali…
Ma con Giuseppe Calogiuri torniamo al 1936 e al pomeriggio del 27 maggio, quando Benito Mussolini convoca Zeno Fontana, funzionario del Ministero della propaganda che “imboscato” sotto la copertura di giornalista del Popolo d’Italia, quotidiano vicino al regime. Fontana dovrà recarsi immediatamente per suo conto a Berlino. E là, su suo riservato e delicato incarico, incontrare Joseph Goebbels , nuovo ministro per l’istruzione pubblica e la propaganda, del Reich. Il duce intende, per tramite di Fontana, apprendere e far tesoro dei metodi adottati dal tedesco e poi servirsene su il Popolo d’Italia per indottrinare gli italiani.
Zeno Fontana, un metro e novanta, calvo ma con barba lunga e ben curata, benestante, melomane è un personaggio di spicco, con private abitudini internazionali quali la pipa inglese e il tabacco sudamericano ma sempre discretamente calato nella sua funzione. Per Mussolini infatti occupa il ruolo di eminenza grigia con indispensabili funzioni indefinibili ed è uso da anni, come in altre occasioni ad adempiere i suoi voleri. Lo conosce a fondo, con le sue ambizioni le sue tante astuzie, ma anche con le varie debolezze quali lo spropositato consumo di aglio, che non facilita le conversazioni ravvicinate e il suo solito vizio (o piacere che dir si voglia) giornalmente consumato di primo pomeriggio con l’amante di turno. Abitudine del “capo” che aveva fatto sì che la maschia schiera fascista quasi non ritenesse potersi più ritenere tale se ogni giorno non si dedicava alla domestica fornicazione. O, se il caso, nelle accoglienti sale e salette dei casini finanziati e regolati dal regime. Figli per la patria, predicavano gli slogan, e tutti a darci sotto.
Berlino e la Germania tuttavia resteranno per lungo tempo un miraggio per l’emissario segreto di Mussolini perché, dopo aver rapidamente raggiunto Milano, il tempo impazzito e una nevicata fuori stagione bloccheranno il suo treno in partenza verso nord e il suo tentativo di rimediare noleggiando una macchina e mettersi al volante, nonostante la tormenta, si concluderà con un malaugurato incidente di percorso che lo manderà fuori strada. Salvato da Ortolani, proprietario del Liberty Hotel, a bordo di una rombante e duttile Eight Morris, attrezzata per la neve, si ritroverà, pur gradito ospite pagante della bella e confortevole struttura alberghiera, a lungo prigioniero del maltempo in un isolato borgo montano tra le Alpi Retiche, un enigmatico luogo “Castel Domiziano” che sembra lontano mille miglia dal mondo e la mentalità romana e in cui aleggia ancora la memoria del Vate, perché da lui eletto ad alcova di una fugace passione. Ma in un paese dove, ohimè, sempre per la primaverile nevicata, è interrotto ogni contatto telegrafico e telefonico. Un borgo, un fiero microcosmo umano dove tuttavia allignano servili i simboli del regime imperante: quali il Bar Balilla e una Casa del Podestà, ma che pare fuori dal mondo e si rivela abitato ancora da persone dotate di teste puntualmente lucide e pensanti. Un grazioso borgo in cui solo un qualcosa tuttavia par voler turbare la quasi soporifera serenità del luogo, pur allietata per Fontana da generose grazie femminili. Un qualcosa rappresentato da un’ombra oscura, da un angoscioso incidente e da un lutto del passato e ora da una bambola malvagia che pare indemoniata e in grado di muoversi, seminando terrore nella famiglia del proprietario del Bar Balilla. Terrore che, dopo un inspiegabile delitto nell’hotel, si propagherà contagiando anche i pochi abitanti del paese. E la storia, risalendo rapidamente tutti i diversi e imprevedibili gradini del thriller, andrà ad assumere i contorni di una malefica favola gotica. Tutti i segreti emersi dall’omertosa nebbia del passato torneranno però a nascondersi nel ritmico fluire delle acque del Brusago, sotto il bianco candido della neve , pronta a tingersi del rosso porpora del sangue..
Ambiguo ma realista, lucido e spietato, questo romanzo di Giuseppe Calogiuri ci regala un ardito flash back e con un salto del tempo, che ci rimanda al secolo scorso, ci fa rivivere a suo modo una pagina oscura e dimenticata della storia, un difficile periodo, sul quale si addensavano minacciose nuvole nere , ritracciandone un plausibile diverso finale.
Liberty Hotel – Giuseppe Calogiuri
Patrizia Debicke