L’allievo, di Daniel Zimmermann, è uno di quei libri che non possono – e non devono – passare inosservati.
Prendiamola alla lontana: Zimmermann nasce nel 1935 da padre francese – spia al servizio dei russi – e da madre ebrea polacca emigrata in Francia dal ghetto di Varsavia. Costretto fin dalla gioventù a subire gli orrori della civiltà – il ramo materno della famiglia, con l’eccezione della sola madre, venne rinchiuso ad Auschwitz e sterminato; il padre, scoperto, fu giustiziato – Zimmermann decide di contrastare il corso degli eventi diventando educatore e scrittore. Dopo essersi laureato in Francia, in scienze dell’educazione, è stato prima insegnate elementare per bambini disadattati e poi docennte a “l’université de Paris VIII-Vincennes”. I suoi scritti continuano la sua opera di formazione in maniera diretta, disincatata e lucida.
L’allievo, è un libro che fa male. Dentro ci sono tante storie: c’è il racconto di un ragazzino che dev’essere a tutti i costi “salvato ” da un insegnante che vuole cambiare il mondo. C’è il dramma di un rapporto familiare dove nessuno è quello che sembra e dove tutti i ruoli si scambiano e si intrecciano. C’è un assassinio voluto, ma da chi? C’è il disancanto dell’essere ciascuno, inesorabilmente, ruota di un unico – perverso – ingranaggio. C’è la psicanalisi e il complesso di Edipo. C’è il destino. C’è il caso. E c’è la furbizia, ottusa, dell’uomo. Soprattutto, però, c’è la “scimmia”.
Quando ho letto il libro, l’ho fatto – l’ho già scritto – d’un fiato. La sensazione di inesorabilità, di caduta libera, che provoca nel lettore – che ha provocato in me – si è trasferita nel desiderio di finirlo “il prima possibile” di arrivare “al termine” della storia. Eppure mentre ne seguivo il corso, quelle pagine mi hanno trasferito gli echi delle antiche tragedie greche. Leggevo “L’allievo” e ripensavo all'”Edipo re”, di Sofocle e a quello che la critica ne ha tratto: “l’Edipo re è un ‘dramma a tesi’: il destino travolge gli uomini e gli dei puniscono il peccatore”. Non c’è libertà, neanchè nell’orrore. Edipo, però, si acceca e in lui si compie la “catarsi aristotelica”. Nella scimmia, in Patrick, non c’è catarsi – non c’è espiazione – e il meccanismo del destino si compie inesorabile e beffardo, sovvertendo persino le utlime certezze dei personaggi.
E dei lettori. (fabio fracas)
Daniel Zimmermann – L’allievo – Meridiano Zero