Quando due sorelline di undici e otto anni scompaiono su una spiaggia della Kamčatka, all’estremo nord-est della Russia, le autorità danno quasi per scontato che siano annegate. Non molto tempo dopo, infatti, le indagini vengono sospese e solo la madre, una giornalista di nome Marina, continua a cercare la verità, basandosi sulla testimonianza di una donna che avrebbe visto le due bambine salire sull’auto di uno sconosciuto. Nessuno mette in relazione la loro sparizione con quella di una ragazza diciottenne, avvenuta quattro anni prima. Questo perché Lilija è una nativa del posto e non c’è motivo per affannarsi troppo nelle ricerche. In tal modo si avverte subito la netta distinzione fra i russi che vivono in Kamčatka e la popolazione locale: i primi guardano gli altri con un disprezzo che spesso sfocia in un vero e proprio razzismo. A pagare pegno sono soprattutto le donne, reali protagoniste del romanzo. In una penisola dove gli inverni sembrano non avere mai fine, rendendo l’ambiente ancora più claustrofobico, le figure femminili sono ridotte all’infelicità, annichilite e sottoposte a violenze non solo fisiche. Ciononostante, alcune di loro mantengono una fierezza con la quale cercano di contrastare l’esistenza cui sembrano predestinate.
Le vicende narrate coprono un arco di tempo lungo un anno e i capitoli del romanzo portano ognuno il nome di un mese. L’autrice ne approfitta per descrivere a fondo il paesaggio della Kamčatka: un mondo quasi incantato, dove si alternano montagne, boschi, geyser, vulcani e una sconfinata tundra in cui passeggiano le renne. Le tensioni sociali, sin dal crollo dell’impero sovietico, si avvertono in maniera palese: i nativi, sono malvisti dai russi. Prima del 1990 la penisola ospitava solo basi militari e la presenza di civili, sovietici e stranieri, non era ammessa. Ora gli abitanti sono concentrati quasi esclusivamente nella città di Petropavlovsk-Kamčatskij, mentre il villaggio di Esso ospita le etnie degli Eveni e dei Coriachi. Proprio qui si reca Marina per assistere, anche se controvoglia, al Festival tradizionale in onore delle minoranze culturali della regione.
La terra che scompare è il romanzo d’esordio di Julia Phillips ed è candidato ai più prestigiosi premi letterari degli Stati Uniti, fra cui il National Book Award. L’inizio della vicenda è quello di un thriller, come anche il sorprendente finale. Nel mezzo, però, c’è molto di più: la difficile storia di una terra isolata, nella quale sono le donne a pagare il prezzo più alto. A partire da Marina, la giornalista madre delle due bambine scomparse e poi Lilija, Ksenia, Olga, Zoja, Oksana, Katja e Valentina, tutte figure femminili che, in un modo o in un altro, affrontano le difficoltà della vita con una dignità che le unisce e che, alla fine, non le rende mai davvero sole.
La terra che scompare – Julia Phillips
Massimo Ricciuti