La donna nel frigo è sicuramente il miglior libro di Gunnar Staalesen che io abbia letto fin qui.
La storia parte semplicemente e continua a farlo senza particolari scossoni, ma con una crudeltà e un cinismo sempre crescenti fino al climax finale. Temi sociali, temi ecologici e relazioni familiari sono il condimento per questa storia in cui il nostro Varg Veum si trascina a fatica e contro voglia solcando per l’ennesima volta i segni delle proprie ferite non ancora rimarginate. In una Stavanger ingrassata dai soldi del petrolio e delle multinazionali, ma gelida, recalcitrante e troppo viziosa, Staalesen muove il suo personaggio con maestria, e lo avvolge in una narrazione essenziale, priva di fronzoli e dannatamente romantica.
La trama è semplice e concisa: Varg Veum deve ritrovare un ragazzo che lavora sulle piattaforme petrolifere al largo di Stavanger e per farlo si infilerà in posti dai quali è meglio scappare e scoprirà che i frigoriferi a volte è meglio trovarli vuoti. I richiami chandleriani sono più forti che nelle precedenti avventure e mi sento di dire che la tristezza di fondo mascherata da sagace ironia è qui un po’ più densa e melanconica. Ottimo.