La donna della mansarda – Davide Longo



Davide Longo
La donna della mansarda
Einaudi
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Si apre un nuovo capitolo della serie con Corso Bramard e Vincenzo Arcadipane, a cui la scrittura tesa, tagliente e nerboruta di Davide Longo regala atmosfere piemontesi cupe e sfrigolii avvincenti. Ne La donna della mansarda (Einaudi), in un ottobre denso di tradizioni provinciali e di segreti, a Torino scompare una pittrice di fama internazionale. Si tratta di Maria Pia Biancamano Bottero, che si fa chiamare Tina e vive rinchiusa nel suo appartamento-studio all’interno della Prora, il bizzarro palazzo progettato dal bisnonno architetto. 

Il caso verrebbe archiviato come presunto allontanamento volontario se la critica e tuttofare Muriel Gallirossi non si rivolgesse a Bramard chiedendo di riaprirlo. Lui all’inizio resiste ma poi, complice il fascino della donna e non solo, decide di interpellare il commissario Arcadipane. Tra problemi alla dentatura, un dispettoso cane Trepet e una scombinata vita sentimentale, il commissario si fa strada nell’indagine ciucciando sucai. Si destreggia tra arte, storia, pruderie e altro ancora, inanellando ipotesi riassunte dal suo sferzante eloquio, che nulla concede alla ridondanza. A supportarlo troviamo il suo acuto mentore Bramard, tra battibecchi impareggiabili per ritmo e comicità.

La narrazione è molto godibile, complici le frasi secche dei dialoghi e un simpatico tocco ironico o sarcastico che vincitore del Prix du Polar Européen dispensa anche nelle descrizioni:

La porta nel suo schiudersi rivela quella che una volta si sarebbe detta una bella donna, solo che lo si sarebbe detto una volta, appunto. Anche se la sua settantina cerca di rintuzzarla con un abito decoroso e una capigliatura a sufflè, l’impressione è quella di un certo smottamento delle parti dure, diventate molli e con un piede ormai nello stato liquido. Però ha il rossetto. Però della cipria.

Altri pregi di questo romanzo sono di amalgamare bene il quotidiano con le indagini e di appassionarci con un passato della donna scomparsa che affonda nella storia e nelle sue efferatezze. Dipinti, documenti, libri presi in prestito, abitudini bizzarre di Tina compongono un affresco a tinte misteriose ma stuzzicante per chi indaga anche fuori dalle pagine del libro. Ma dove è mai finita l’estrosa pittrice?

Come sembra dirci Davide Longo dal punto di vista di Corso Bramant, lanciandoci una sfida:

È il bello del suo mestiere: ascoltare un brano e capire le note che l’hanno prodotto, le pulsioni che hanno mosso il compositore di quel delitto. Peccato che qui non ci siano un corpo, una scena del crimine e un movente, quindi nemmeno una musica. La scomparsa di Tina non ha prodotto alcun suono. E non basta l’orecchio assoluto per trovare le note in un silenzio.

Monica Sommacampagna

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