Sei l’autore di una trilogia della quale in Italia abbiamo per ora letto due libri: Berlino 1944 e I figli di Odino. Perché hai deciso di fermarti al terzo libro? La serialità , così amata dal pubblico, non ti attrae?
A dire il vero, ala momento sto lavorando a quarto libro della serie con il commissario Oppenheimer, così , come vedi, non mi fermerò al terzo. La serialità è un concetto intrigante perché, come autore, hai la possibilità di espandere il personaggio e farlo crescere in molte puntate e anche di piazzare strategicamente lungo le storie alcuni temi ricorrenti. Allo stesso tempo, una trilogia fornisce la struttura ideale che io uso come linea guida per orientarmi nella storia. Non è così ampia come una serie con un finale ancora aperto, perché solitamente in una trilogia , si raggiunge l’apice al termine del terzo episodio.
Credo che la serie di Oppenheimer potrebbe svilupparsi in una serie di trilogie che potrebbero arrivare anche a coprire gli anni ’60. Tutto dipende da quanti argomenti interessanti riesco a trovare.
Berlino, dopo la guerra, diventò un punto focale per la politica internazionale. Succedevano un sacco di cose a Berlino e Oppenheimer è proprio lì, nel mezzo di tutto.
Un detective ebreo che si ritrova ad aiutare un nazista nel periodo più complicato e delicato della storia della Germania, perché questa scelta?
Questo è il risultato di una mia strategia narrativa, In Berlino 1944 io volevo mostrare i devastanti effetti del bombardamento aereo ma, allo stesso modo, volevo sottolineare come ad avere colpa di tutto questo fosse l’inumana ideologia nazista. Quella fu una tragedia autoinflitta.
Per fare in modo che i miei lettori avessero questo costantemente in mente, ho scelto come protagonista uno degli ultimi ebrei che era rimasto in città. Oppenheimer ha costantemente davanti agli occhi tutti gli orrori del nazismo ed è contemporaneamente vittima dei bombardamenti.
Senza contrasto non c’è nessuna storia. Oppenheimer è il tipico emarginato, così il potenziale per creare un contrasto è altissimo. Allo stesso tempo, i lettori di solito amano molto i personaggi più deboli, perché ti ci affezioni e tieni a loro. Ecco, tutto questo mi sembrava una premessa molto interessante.
Quanta documentazione e quanta fiction sono presenti nei tuoi libri?
La documentazione storica è molta ed è quella che richiede la maggior parte del tempo che impiego per prepararmi a scrivere. Cerco di raccogliere il maggior numero di informazioni possibile, anche se poi solo una parte di tutto quello che raccolgo finisce effettivamente nel libro.
Documentandomi ho realizzato che la storia non è statica, ma cambia continuamente ed evolve.
Per esempio, il panorama politico nella primavera del 1944 era molto diverso da quello dell’estate seguente.
Prima ci fu la stanchezza per la guerra che segui alla disfatta di Stalingrado, sconfitta che fece calare radicalmente il consenso popolare per il regime nazista, poi però ,dopo il tentativo di omicidio del 20 di Luglio, Hitler ritorno popolarissimo, seppur per un breve periodo. Così ho deciso che la mia storia si sarebbe dovuta svolgere in una data ben precisa.
I fatti quotidiani che io racconto sono solitamente reali e documentati e i vecchi diari sono molto utili per avere le informazioni per ogni giorno. Usando Google Earth, inoltre, puoi andare a vedere delle autentiche foto aeree del marzo 1945. In questo modo mi faccio un’idea di quali edifici e strade erano distrutte. Anche per I figli di Odino ho avuto accesso ai dati dei raid aerei, in questo modo so esattamente a che ora suonarono gli allarmi e quanto durarono. Ho cercato di amalgamare tutto questo nella storia. I costanti bombardamenti contribuiscono a dare alla storia un ritmo particolare. Io non sarei riuscito a immaginarlo così. I miei protagonisti reagiscono a dei fatti reali accaduti a Berlino. A un certo punto, dopo una giornata di bombardamenti particolarmente intensi, tutto sembra sul punto di disintegrarsi. Oppenheimer e gli altri personaggi devono raccattare i pezzi e continuare a indagare. Però è tutta ovviamente un’opera d fiction, quindi c’è anche la libertà di prendere spunto anche da fonti di altri periodi o luoghi.
Quanto è complicato scrivere una storia gialla ambientata in un periodo storico così complesso e complicato?
La cosa peggiore che uno possa fare è stravolgere la storia. Credo che uno scrittore non dovrebbe mai distorcere gli eventi storici per farli entrare nella sua storia. Purtroppo ci sono molti che non sono della stessa opinione, io invece sono molto rigoroso su questo aspetto, anche se ovviamente lo sviluppo della trama diventa molto più difficoltoso perché devi costruire la tua storia intorno a fatti storici realmente accaduti. Ed è per questo che i romanzi di Oppenheimer hanno una struttura totalmente diversa da quella che userei per raccontare una normale storia.
Il punto focale per me è sempre interrogarmi su quanta conoscenza storica hanno i miei lettori.
Nelle prime bozze dei miei romanzi di solito ci sono moltissimi nozioni storiche, che poi taglio nelle revisioni seguenti quando ho l’impressione che rallentino il flusso della narrazione.
E prima della versione finale, il mio editor segna altri passaggi che dovrebbero essere tagliati.
E poi c’è sempre il problema di come applicare le regole del genere senza sacrificare la plausibilità.
I figli di Odino inizia come una cospirazione paranoide di Dan Brown, anche se poi i fatti non la rispettano. I seguaci delle sette ariane sono poveri idioti senza molto seguito e così ho deciso che la storia si sarebbe dovuta sviluppare come un dramma in un’aula di giustizia.
Ne I figli di Odino l’omicidio di un SS costringe Oppenheimer a indagare fin nelle basi ideologiche del nazismo. In che modo questo aspetto influenzò l’azione politica del Terzo Reich?
I culti derivati dall’ ariosofia ebbero una certa influenza su Hitler e sullo sviluppo dell’ideologia nazista, anche se questo si limitava alla ridicola e assurda idea che esista una razza superiore.
Alcuni alti ufficiali nazisti come Himmler e Hess erano molto interessati e ricettivi riguardo i culti ariosofici e il misticismo in generale. Himmler creò il simbolo delle SS seguendo immagini del culto ariano.
Ci sono voci insistenti che sostengono che la Thule, una specie di setta religiosa nascosta, ebbe una grande influenza e effettivamente determinò il percorso del reich. Ma secondo me sono scemate.
La politica nazista di basava essenzialmente sul potere politico di Hitler e lui fu abile a eliminare tutti i rivali interni. Alfred Rosemberh cerco di creare una religione nazista con il suo lavoro “ il mito del ventesimo secolo”, ma in pochissimi lo presero sul serio. Si potrebbe discutere del fatto che un’ideologia come il nazismo è essa stessa una specie di religione sostitutiva, essendo basata su credenze piuttosto che fatti. Durante la propaganda Hitler veniva presentato come una figura salvifica, ma era pura strategia. Il contatto di Hitler con le religioni ariane fu brevissimo e limitato pare ai primi anni a Vienna. Fece sua qualche idea, ma più in là nel tempo non fu un grande amante di quel tipo di misticismo.
Specialmente la fine del Terzo Reich fu un periodo altamente irrazionale. C’era una credenza comune che con l’atteggiamento giusto, una grande volontà di vittoria, la sconfitta potesse ancora essere evitata, mentre intanto i carri armati tedeschi non avevano più benzina…
Questo mi ha ricordato i farfugliamenti dei primi culti ariani, così ho cercato di andare a ritroso, cogliendo nella fine del nazismo la possibilità di parlare delle origini di quella ideologia.
Sei stato direttore di un teatro, stai pensando di usare le tue opere anche per trasposizioni cinematografiche?
Teatro, cinema e letteratura sono media molto diversi l’uno dall’altro e ognuno ha le proprie regole. Nel teatro solitamente la parte più importante sono i dialoghi. Come direttore cerchi di creare un sottotesto che arricchisca il testo con degli elementi visivi, anche se in linea di massima sei legato ai dettami dell’autore. Il problema è che la macchina scenica è complessa e molto lenta. Cambiare scenario crea enormi problemi. In un film, invece, passare a un’altra scena è la cosa più facile da fare allo stesso tempo però il dialogo è molto ridotto. Diciamo che in un film, idealmente, cerchi di raccontare una storia con le immagini. Con un romanzo hai molta più libertà. Probabilmente la cosa più importante è la possibilità di rappresentare i mondi e le tribolazioni interiori dei personaggi come se avessi una sorta di macchina a raggi X. Puoi descrivere cosa una persona sta sentendo o provando e, cosa più importante di tutto, non ci sono limitazioni di tempo.
Nelle storie con Oppenheimer volevo includere alcune informazioni storiche, così scrivere un romanzo sembrava la soluzione ottimale. In questo modo avevo anche la possibilità di creare un affresco del tempo senza preoccuparmi di budget da rispettare: non servono soldi per set costosi e effetti speciali. Tutto quello che mi serve sono carta, inchiostro e il mio computer.
Ma vengo dal teatro e ho anche diretto un paio di corti, così è normale che la mia scrittura abbia uno stile molto “visivo” che si adatterebbe perfettamente a una trasposizione televisiva o cinematografica. Al stanno lavorando su Berlino 1944 per un adattamento televisivo, probabilmente una miniserie. Ma trovare i fondi richiede tempo e questo progetto è talmente complesso che serve una coproduzione internazionale.
Ci sono diverse possibilità sul tavolo e molte persone meravigliosamente creative che hanno già accettato di partecipare ma, onestamente, non so se questo progetto vedrà mai la luce, o almeno, quando vedremo il risultato finale.
I tuoi progetti dopo la trilogia?
Proprio ora sto scrivendo i primi progetti per una trilogia che si colloca temporalmente tra la seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. I romanzi saranno ambientati tra il 1946 e il blocco di Berlino del 48/49. Le relazioni tra gli alleati dell’est e dell’ovest cominciamo gradualmente a deteriorarsi e Oppenheimer deve decidere se vuole lavorare ancora come commissario. Insomma, deve decidere da che parte stare e,sebbene l’era nazista sembri finita, ci sono ancora un sacco di affari in ballo..
Milanonera ringrazia Harald Gilbers per la disponibilità