Intervista a Susanna Raule, psicologa e psicoterapeuta, nota al pubblico come scrittice di fantathriller, sceneggiatrice di fumetti e vincitrice di alcuni prestigiosi premi.
Ciao Susanna, grazie per aver accettato di rispondere a qualche domanda per MilanoNera.
Iniziamo con la tua produzione letteraria, che ha introdotto nel panorama editoriale quello che mancava, un personaggio sospeso tra realtà e fantasia, un commissario di origini goriziane di stanza a Spezia, con un look gotico assolutamente personale, ma molto amato dalle donne, come dimostrano le sue tante conquiste. Parlaci di Ermanno Sensi, chi è e chi rappresenta, con quei demoni interiori che lo divorano e che lui riesce solo in parte a domare.
Il look è nato in modo piuttosto casuale. Stavo scrivendo un racconto e ho pensato “non sarebbe buffo se…” Penso roba del genere tutto il tempo, cioè mi vengono in mente cazzate in continuazione, specie se sto facendo qualcosa di serio. Quindi gli ho dato quel look lì perché lo trovavo divertente, e in parte anche perché per me era piuttosto comodo: musicalmente sono più sul versante punk, ma in vita mia ho ingollato anche parecchio goth. Poi ho dovuto trovare una giustificazione convincente per quel look. In quanto ai demoni, certo, Astaroth è un demone molto specifico e anche con una discreta personalità, ma i demoni interiori li abbiamo tutti. Si potrebbe quasi teorizzare che Sensi sia fortunato ad averne uno così ben definito, ma sappiamo tutti che in realtà Astaroth è il minore dei suoi demoni, una comoda scusa per non occuparsi degli altri, che poi sono quelli comuni a tutti noi: la paura della perdita, della solitudine, dell’impotenza di fronte agli eventi della vita. Sensi è molto bravo a chiudere tutto da qualche parte e a non pensarci più. Non la definirei un’abitudine salutare.
I tuoi studi e la pratica professionale hanno in qualche modo influenzato la narrazione?
Penso che mi abbiano influenzato nella creazione dei personaggi. La consapevolezza che abbiamo tutti una vita interiore segreta, che all’esterno filtra nelle nostre azioni, ma di cui a volte non siamo neppure ben consapevoli. E una gamma molto variegata di stati di colpevolezza.
Al di là di questo, ho esercitato per un po’ di anni. So descrivere il disagio mentale in modo credibile. Per una giallista è una fortunata coincidenza.
Devi comunque aver amato molto Sensi, tanto da dedicargli una quadrilogia e pure una raccolta antologica. Lo rivedremo?
È molto disdicevole, ma ho fatto una dichiarazione avventata alla Arthur Conan Doyle dicendo che non avrei più scritto nulla del mio personaggio principale, e circa tre mesi dopo ho scritto un nuovo romanzo. Se fossi stata zitta sarei sembrata meno suonata. Comunque, il mio problema era che Sensi aveva preso una china prevedibile, stava andando nella direzione di ogni altro investigatore immaginario. Gente che a una certa età inizia a risolvere i conti con la famiglia e con il passato, ritrova la moglie morta che è ancora miracolosamente viva, ma ha mille oscuri segreti e muore di nuovo straziando il cuore del protagonista. Uhm, detta così sembra che mi sia stancata di Pendergast. Non è vero, lo adoro. È un piacere colpevole che coltivo da anni. Ma non volevo che Sensi finisse come lui, anche perché uno basta e avanza.
Però poi mi è venuta in mente un’idea… diversa, ecco. E l’ho scritta. Non so bene quando uscirà, ma uscirà.
Ho anche visto che utilizzi forme diverse di divulgazione letteraria, a parte il classico formato cartaceo ed il meno classico, ormai sempre più usato, e-book, utilizzi piattaforme tipo Wattpad. Perché?
So di essere un po’ incompresa sul tema di Wattpad. Ci sono persone che ancora faticano ad accettare gli ebook e io vado su una piattaforma pubblica di condivisione letteraria, su cui si trovano dei gioielli, ma anche un’infinità di spazzatura. Ma il pubblico di Wattpad è un pubblico diverso, per cui se l’altro pubblico non lo capisce non è un problema. È un gran modo per confrontarsi con lettori che sono spesso anche autori, e che provengono da esperienze diversissime dalla tua. Lo trovo prezioso, anche se molto perfettibile.
Infatti il tuo “La signora Holmes” è li che si trova, insieme ad altre tue produzioni.
Forse non dovrei dirlo, ma penso che La signora Holmes sia uno dei miei libri migliori. L’ho messo su Wattpad perché non avrei saputo come altro valorizzarlo, ma so che questo significa che molti dei “miei” lettori non lo leggeranno. In compenso l’hanno letto gratuitamente migliaia di altre persone, una cosa che trovo bellissima. Non so se avrà una vita cartacea, uno di questi giorni, ma per il momento ho il carniere pieno, quindi se succederà, sarà più avanti. Niente di male a salvare la vita a qualche albero, no?
E adesso lasciamo, seppure a malincuore Sensi, e parliamo del Club dei Cantanti Morti. In una delle ultime interviste da te rilasciate spieghi che, dopo la morte di Cobain, hai trovato quasi consolatorio pensare che queste rockstar tanto amate quanto dannate, dopo la morte, si possano ancora riunire, fare musica, discutere. Potresti raccontare da dove nasce l’idea di questo geniale romanzo.
Grazie per il geniale, ma penso che sia un’idea piuttosto vecchia. Il club dei 27, o il club delle rockstar morte di morte violenta prima del loro tempo, è una delle molte leggende del rock. Come hai già detto tu, io ne sono venuta a conoscenza quando è morto Kurt Cobain. Avevo quattordici anni e l’ho trovata un’idea potente e consolatoria, un po’ come tutte quelle che prevedono l’esistenza di un aldilà. In questo caso non un aldilà in cui i nostri cari siano felici, ma un posto in cui il motore creativo che ha dato vita a tanta musica indimenticabile scoppietta ancora. Certo, sono canzoni che noi non sentiremo mai, il che lo rende anche un pensiero malinconico. In fondo sono davvero un po’ goth, via. Mi piacciono i pensieri belli e malinconici.
Anche per questa nuova serie il paranormale si mescola con la realtà di tutti i giorni, ma tutto narrato con una sottile vena ironica, che ci fa amare anche i personaggi altrove descritti con toni horror. Da dove nasce la capacità di rendere empatica perfino la Triste Mietitrice ed i suoi collaboratori?
È l’assenza di empatia che mi è aliena, anche se forse sarebbe più realistica. Ma gli umani immaginano da secoli vari tipi di morte personificata, suppongo che serva ad attutire la strizza, e le (o gli) danno sempre delle caratteristiche umane. Non c’è caratteristica più umana dell’empatia. Esistono personificazioni della morte fin dall’antichità, dal Thanatos greco al Mors romano. Nell’induismo abbiamo Yama, che prende anche il nome di Dharma (Giustizia) e Kala (tempo), e che nel buddismo si trasla nel Vajrayana. Le tre religioni monoteiste hanno tutte una qualche forma di angelo della morte. Se arriviamo ai giorni nostri, ci sono dei gran personaggi, dal Morte di Pratchett (nella tradizione anglosassone il Tristo Mietitore è spesso maschio) a quella di Gaiman. Per la mia Morte mi sono ispirata alla mitologia, più che al folklore, e le ho dato una psicologia umana simile a quella di certe signore facilmente abbindolabili, ma comunque piene di risorse. Sì, direi che la mia morte è un po’ una Florence Foster Jenkins dell’aldilà.
Anche Jake Wyte è nei nostri cuori, hai annunciato una trilogia con lui; domanda da un milione, anche se non si dovrebbe fare all’autore, chi ti è più caro tra Sensi e Wyte?
Ma figurati, li odio entrambi.
Parliamo adesso del lavoro come sceneggiatrice, che tante soddisfazioni ti ha procurato, che progetti hai a lunga o a breve scadenza?
Come sceneggiatrice io penso nessuno. Ogni tanto inizio a scrivere qualcosa di nuovo, ma dopo poche tavole mi scoccio e lascio perdere. Ho dei libri a fumetti nel cassetto, ma così nel cassetto che sono nel cassetto di una scrivania futura. In parole povere, ho solo il soggetto.
Ho letto sul tuo blog alcuni commenti sulla realtà che ci circonda e su alcuni luoghi comuni più citati, stigmatizzandoli con acuta ironia. Potresti spiegarci cosa ti dà più fastidio, o meglio cosa vorresti non sentire più?
Quando ho scritto “Ciao, sono una radical chic”, me la prendevo con chi ti appiccica addosso etichette di dubbia utilità. È uno sport sempre in voga, che con i social è addirittura deflagrato. Invece mi piacerebbe che le persone provassero a conoscersi, a comunicare davvero.
Poi, sai, ci sono le solite cose: nel mondo del lavoro, non vorrei più vedere all’opera meccanismi di svalutazione nei confronti delle donne, che già guadagnano in media meno degli uomini, e devono pure sentirsi trattare da sceme. Vorrei che persone in posizioni di forza la smettessero di dire a chi subisce discriminazioni che sta esagerando. Vorrei che i nostri politici la piantassero di usare gli argomenti più vili sul catalogo delle viltà per guadagnare consensi.
Non a caso il presidente del mio club di cantanti morti è John Lennon. Vorrei che la società provasse ad andare in direzione di Imagine, invece che di Smack My Bitch Up (gran canzone, però).
Susanna Raule che rapporto ha con i sogni? E con i desideri? E non voglio una risposta da psicoterapeuta….
Con i sogni ho un gran rapporto, però ti devo dare per forza una risposta da psicoterapeuta. Nel senso che quando sogno, poi ci rifletto e di solito vengo a capo di quello che ha voluto comunicarmi il mio subconscio. A volte sogno “lucido”, il che è piuttosto gradevole, e spesso sogno dei film che sul momento mi sembrano avvincenti. Poi il mattino dopo li ripercorro e mi rendo conto di quanto siano incasinati, ma d’altronde è così che sono i sogni.
Per i desideri, non saprei. Seguo un mio progetto, non mi demotivo facilmente perché so che cosa voglio ottenere dal punto di vista artistico, del lato pratico cerco di occuparmi nel modo più sbrigativo ed efficace possibile. Il che non significa che di solito ci riesca anche.
Susanna che rapporto hai con i tuoi lettori? Trovi positivo il fatto che ci sia una comunicazione diretta ed immediata, o tutto ciò toglie qualcosa all’immaginazione?
È un curioso paradosso: mi piace interagire con chi mi legge, vorrei diventare amica con tutti loro, ma nel contempo ho ben poco desiderio di conoscere i miei scrittori preferiti. Non perché temo di esserne delusa, anche se ovviamente è sempre possibile, ma perché non ne sento il minimo bisogno. Mi rendo conto che è un curioso double standard.
Le critiche che puoi eventualmente ricevere ti spaventano o ti aiutano?
Una critica costruttiva è la cosa più preziosa del mondo. Non lo dico solo perché si usa, lo penso davvero. Tempo fa ho ricevuto una lettera con dieci pagine di critiche ben argomentate sulla prima bozza di un libro. Preziosissime. Considera, però, che venivano da una persona del settore ed erano estremamente competenti. Se non hai un ego fragilissimo, riesci a distinguere le critiche utili, o anche solo sensate, da quelle di persone che parlano a vanvera.
A volte ho ricevuto delle recensioni su Amazon quasi surreali. Quelle non sono critiche. D’altro canto, a volte ho ricevuto critiche anche severe a mezzo stampa e quasi sempre mi sono trovata d’accordo. E ho poi cercato di ammorbidire quei difetti.
In una categoria del tutto a parte metto di haters. Sono uno degli effetti collaterali di internet, pare che ci siano persone che si sentono vive solo vomitando schifezze sugli altri.
Hai uno o più luoghi del cuore? E libri del cuore?
Nella mia città il mio luogo del cuore è il quartiere in cui vivo. Lo amo perché è pieno di decine di nazionalità diverse, di ristoranti etnici, di botteghe vecchio stile. Qua confluiscono turisti e stranieri residenti in pianta stabile, spezzini di decima generazione e immigrati interni. Dal punto di vista culinario è un attentato alla salute, perché trovi dall’indiano, al giapponese, alla pizza napoletana, alle specialità siciliane, alle frittelle di baccalà, alla cucina “alta”. Non ti stupirà sapere che sono perennemente a dieta.
Un altro posto del mio cuore è Londra. Mi dispiace per l’atmosfera che si respira di questi tempi nel Regno Unito, ma Londra è come un’immensa biblioteca in forma di città, non smetterei mai di esplorarla.
Poi, non lo so, sono tanti i posti che amo. La Sicilia, Napoli, Edimburgo, la Tunisia. In alcuni sono stata solo una volta, in altri continuo a tornare. E sto molto bene a Milano, il che per una spezzina è forse curioso.
15) Ti vogliamo salutare con la speranza di incontrarci ancora per parlare dei tuoi prossimi lavori letterari.
Lo spero anch’io! Per il momento sto lavorando come una pazza al terzo capitolo della trilogia dei cantanti morti. Ci sarà Paganini! Qua immaginate pure che tiro un urletto da fangirl. Cioè, sul serio: ci sarà Paganini! Il secondo libro l’ho già scritto e, anche se non ci sarà Paganini, ci saranno altri personaggi a me cari. Poi mi occuperò di Sensi, di cui, tra l’altro, sto rimettendo insieme i racconti. Poi ho un libro di fantascienza su cui lavoro da quasi un decennio. E poi non lo so, perché un po’ tutti i miei progetti prendono sempre strane pieghe, e in fondo mi piace così.
MilanoNera rigrazia Susanna Raule per la disponibilità e per la sua grande cortesia.