In questi giorni Enrico Bertolino sta portando in tournèe lo spettacolo « Lampi accecanti d’ovvietà », un monologo legato all’attualità che ogni sera viene aggiornato in tempo reale poco prima dell’inizio con l’introduzione di commenti sui fatti del giorno consultando le ultime notizie in collegamento internet dal camerino. Viene anche fatto riferimento a fatti accaduti nella località in cui si svolge lo spettacolo. E’ una satira sugli italiani e i politici italiani, con proiezioni su 3 schermi allestiti sul palcoscenico di filmati. Prodi, Rutelli, Mastella e Berlusconi che cercano di esprimersi in inglese a convegni internazionali rubano per alcuni minuti la scena a Enrico Bertolino.
In una della tappe dello spettacolo è stata realizzata quest’intervista per MilanoNera.
Come hai pensato di intraprendere l’attività artistica?
Lavoravo in banca, che è un luogo dove si possono trovare buoni spunti per il cabaret. E’ stata la casualità che ha fatto in modo che il cabaret da hobby diventasse un lavoro. Continuo anche la mia professione di consulente in formazione di scienze comportamentali, per il miglioramento delle aziende attraverso le persone con i corsi aziendali.
Chi è il tuo pubblico?
Non l’ho ancora capito, ci sono giovani e meno giovani, il pubblico del teatro è diverso da quello televisivo.
Un sempreverde da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare…
Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar
La cura di Franco Battiato
Amici miei di Mario Monicelli. Mi piacciono anche i film storici
La più grande soddisfazione della tua vita?
Fare quello che faccio, ho la soddisfazione di riuscire a fare ciò che mi piace.
Quale attività ti gratifica maggiormente?
Il teatro perché hai un riscontro immediato del gradimento del pubblico, la televisione non è così gratificante perché non sai subito se lo mspettaccolo è piaciuto. L’uno aiuta l’altro, la televisione porta le persone a teatro e il teatro aiuta la televisione perché stimola a scrivere, a creare nuovi testi per gli spettaccoli.
Raccontaci del tuo rapporto con Milano, la tua città…
La mia famiglia ha origini piemontesi, da parte di madre di Canelli e da parte di padre delle valli del Canavese, i miei nonni erano emigrati a Milano nel quartiere Isola e i miei genitori sono cresciuti lì. L’Isola era come un paese dove ci si conosceva. Oggi i palazzinari con la scusa dell’Expo cementificano tutto e costruiranno anche lì. Ultimamente a Milano al posto dei teatri sorgono garage, i negozi chiudono per fare posto agli ipermercati. Siamo consederati come dei maiali, buoni per consumare, è come essere all’ingrasso, spero che un giorno non ci facciano a pezzi…
Milano ha ancora zone molto belle, quali Corso Italia con i giardini pensili. Hanno ridotto le visite al Cenacolo di Leonardo da Vinci perché i turisti sono accusati di portare le polveri sottili. La colpa non è dei turisti che hanno le polveri sottili sugli abiti, ma di chi le butta nell’aria. Sono orgogliosamente milanese, finchè posso non me ne andrò dal mio quartiere, anche se a Milano non ci si sente più cittadini, partecipi dei progetti ma ci si sente arredo urbano. Non c’è più l’identità di cittadino, la gente non guarda più in là del proprio zerbino.
L’ecopass è stato introdotto visibilmente per fare cambiare macchina alla gente. “Cambia macchina e potrai girare dove vuoi” . Letizia Moratti è come Francesco Sforza che faceva pagare la gabella per entrare in città. Oltre le telecamere facciano pure il ponte levatoio e il fossato. Se proprio si doveva tornare indietro nel tempo, avrei preferito tornare al Rinascimento, quando la Firenze dei Medici era il modello.
Milano è una città che dà tanto ma chiede tanto. Chi viene da fuori va via con il mal di testa, è come una giostra veloce, ma se ci sali è molto bello. Invito a conoscere meglio Milano, ci sono ancora angoli caratteristici, e finchè ci sono invito a visitarli e a non fermarsi alle tangenziali.
Tre ani fa hai fondato una Onlus, Vida a Pititinga, una fondazione benefica per gli abitanti di questa località brasiliana, vuoi parlarcene?
Nell’ottobre 2004, durante una vacanza in Brasile con la mia compagna brasiliana Edna Galvao, ho scoperto Pititinga una località sul mare nel Rio Grande do Norte, dove ho acquistato una casa. Invece di circondarla di cancelli elettrici per proteggerla, abbiamo deciso di aiutare la popolazione locale, perché la criminalità spesso deriva dalla fame, e ci siamo dati da fare dando vita alla fondazione Onlus Vida a Pititinga (www.pititinga.org).
Abbiamo costruito un asilo per 50 bambini, una scuola di calcio e una scuola di Capoeira (danza locale), alcune case per chi non ne poteva avere, un presidio sanitario e un centro sportivo polivalente. Abbiamo qualche sponsor, ma cerchiamo altri aiuti, nel sito è spiegato come è possibile effettuare una donazione o devolvere il cinque per mille nella dichiarazione dei redditi. Vorremmo che i brasiliani fossero in grado di gestire da soli tutto quanto perché è patrimonio loro. Una volta terminato e messo tutto in funzione, intendiamo aprire un progetto simile da un’altra parte. Ora siamo già a buon punto, ma ci servono ancora aiuti.