Proprio in questi giorni Barbara Perna è in libreria con Annabella Abbondante. L’essenziale è invisibile agli occhi (Giunti, ottobre 2022), seconda, felicissima prova per una irresistibile protagonista, che fin dal suo esordio (Annabella Abbondante. La verità non è una chimera, Giunti, 2021) ha incantato lettori e critica.
Annabella è un’affascinante quarantenne curvy, abbondante non solo di grazie femminili ma soprattutto di spirito e di cuore. Amata, e come potrebbe essere diversamente, da famiglia, amici e colleghi e desiderata da numerosi corteggiatori. Finora però le sue storie sentimentali non hanno avuto un lieto fine, lei comunque si dichiara felicemente single.
Magistrato come la sua creatrice, svolge un lavoro importante presso il tribunale di Pianveggio in provincia di Lucca ma, in quanto giudice civile, non ha responsabilità investigative eppure…davanti a un mistero proprio non resiste e la caccia alla verità è una attrattiva cui non può sottrarsi.
Come tu stessa affermi, uno dei vizi “capitali” di Annabella è proprio la ricerca della verità, gli altri due sono il caffè e i cannoli…
Annabella ha una vera e propria venerazione per la verità. La ricerca sempre sul lavoro, e la insegue anche nella vita privata. È una di quelle persone che sanno guardarsi allo specchio e raccontarsela senza fronzoli. In nome della verità è disposta anche a trasgredire alle regole, se necessario.
Annabella è giudice civile di un piccolo tribunale, privo di sezioni specializzate, come è capitato a te nei tuoi primi incarichi. Si trova quindi ad affrontare le più varie tematiche, che spaziano dal diritto di famiglia a quello fallimentare e la portano a diretto contatto con un’umanità carica di afflizioni.
L’empatia è una sua dote spiccata, accompagnata da una dedizione assoluta al suo ufficio. Una sorta di riscatto della figura del magistrato, spesso misconosciuta ai più e oltretutto bistrattata dalla narrativa di genere?
Sì. Non posso negare che uno dei motivi ispiratori del mio romanzo è rappresentato dalla voglia di raccontare la figura del giudice civile. Una figura poco conosciuta e spesso fraintesa. Il mio desiderio era arrivare a proporre una figura di magistrato più umana e divertente senza dover rinunciare all’autorevolezza e terzietà. I magistrati italiani hanno bisogno di imparare a raccontarsi, perché gli errori di pochi non finiscano per oscurare la serietà e il grande impegno dei più.
Entrambi i tuoi romanzi portano un sottotitolo significativo per comprendere la personalità della tua protagonista: il primo, La verità non è una chimera, attesta il credo profondo di Annabella nella doverosa ricerca del vero; il secondo, L’essenziale è invisibile agli occhi, riprende un significativo passo de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupery, il colloquio tra il ragazzo e la volpe.
«Non si vede bene che con il cuore» dice la volpe al Piccolo Principe, «L’essenziale è invisibile agli occhi». E questo che cosa ci racconta di Annabella?
Annabella nel secondo romanzo inizia a guardarsi dentro e alcune delle sue convinzioni di sempre iniziano a vacillare. Si rende con che forse si sta facendo sfuggire aspetti importanti della vita.
Molto di Annabella ci è anche rivelato dal suo milieu famigliare: quello di origine, molto avvolgente, in cui la madre e soprattutto la sorella Maria Fortuna esercitano su di lei un autentico pressing per “sistemarla”, e quello acquisito, degli amici più stretti, in primis i suoi compagni di liceo, il commissario Nicola Carnelutti e la giornalista Alice Villani. Ma non solo…
Maurizio De Giovanni ti ha tenuto “a battesimo” nella tua prima presentazione a Napoli. Mi pare, che tu con lui condivida la convinzione che la tridimensionalità dei personaggi derivi anche dai loro rapporti sociali. Vero?
Certamente. Annabella non sarebbe Annabella senza il suo complesso mondo affettivo. I personaggi secondari non sono mai davvero tali e contribuiscono a illuminare la protagonista di mille caleidoscopiche sfaccettature.
La tua collega e conterranea Serena Venditto in una recente presentazione sottolineava l’abilità allusiva di cui fai sfoggio nell’attribuire nomi e cognomi ai tuoi personaggi. Qui, per esempio, chiami Albino Diomiaiuti il giovane assistente che viene dal Nord, mentre la signora Fantastichini è una testimone che racconta, inventandoli, anche eventi cui non ha assistito.
Secondo te, quindi, i nomi propri raccontano molto di chi li possiede?
Assolutamente si. Ho sempre fatto molta attenzione ai nomi delle persone che incontravo. Secondo me un cognome può perfino incidere sul destino di chi lo porta.
Questo tuo secondo romanzo è più “giallo” del primo, non manca neppure un omicidio a pochi passi dal luogo dove Annabella sta tenendo corsi di formazione per i nuovi magistrati.
Una trama crime impeccabile e complessa, allentata dalla “commedia umana” cui danno vita Annabella e una nutrita schiera di personaggi.
Credo ciò rifletta in pieno la tua volontà di mantenerti all’interno di un gustoso registro giallo-rosa…
Anche in cucina mi è sempre piaciuto accostare ingredienti tra loro e cercare nuovi sapori. Nel secondo libro ho aggiunto un pizzico di “pepe rosa” in più. Ma nel mio progetto ogni romanzo di Annabella avrà un “gusto” leggermente differente. Senza però perdere mai di vista la trama gialla, che cercherò di costruire sempre con rigore.
Giallo sì, ma con una dose abbondante di ironia, un ingrediente che fa parte di te anche nel quotidiano. D’altronde, tu spesso dichiari di amare la commedia intelligente, quella italiana classica, alla Goldoni per intenderci, ma anche la penna di alcuni giallisti nazionali, come Marco Malvaldi, Antonio Manzini, Andrea Vitali. Perché «Leggerezza non è superficialità», vero?
Infatti. Amo indossare gli occhiali dell’umorismo per osservare la realtà. Ma ciò non toglie che io consideri il romanzo giallo un efficace strumento di narrazione della società in cui viviamo. Come Leonardo Sciascia ebbe modo di sottolineare, il genere poliziesco eredita il compito di denuncia delle storture della realtà che fu proprio del romanzo sociale.
Un aspetto altrettanto avvincente dei tuoi romanzi riguarda, poi, le peripezie sentimentali di Annabella. Nel primo abbiamo conosciuto due suoi corteggiatori: Lorenzo Gualtieri, capitano dei carabinieri, e Tano, l’amico d’infanzia. Nel secondo compare il seducente PM Maurizio Landi.
Eppure qualcosa sembra sempre impedirle il lieto fine. Qualcosa di interiore, che pare trattenerla e indurla ad affermare: «Mi sembra di vivere un eterno presente, intrappolata in una me stessa che forse neppure esiste più»…
Annabella crescerà. Deve ancora guardare meglio in sé stessa e forse soffrire un po’. Ma diventerà una donna più completa e consapevole.
La dimensione divertente ti avvicina ad alcune colleghe che dividono con te questa cifra stilistica, nonché la scelta di una protagonista “investigatrice per caso”. Ne cito alcune: Alice Basso e la sua dattilografa Anita; Valeria Corciolani e la docente di storia dell’arte Edna Silvera; Patrizia Rinaldi e Blanca, la stagista non vedente; Rosa Teruzzi e il trio poliziotta-fioraia-insegnante di yoga; Serena Venditto e l’archeologa Malù. E tante altre.
Con loro avete costituto una sorta di circolo, quello delle cosy crimers. Vi proponete in futuro di dar vita a iniziative comuni?
Sì. Ci sono molti progetti in pentola. Editoriali e non. Non posso essere più dettagliata per adesso. Quello che posso dirti è che stiamo condividendo il gusto di fare rete e questo nel mondo dell’editoria è una cosa ancora piuttosto rara.
In realtà, la tua Annabella ha un’antesignana importante, Jane Marple di Dame Agatha Christie, che peraltro tu annoveri tra i tuoi modelli letterari. Marple divide con Annabella la vita di paese, St. Mary Meade nel suo caso, Pianveggio nel tuo.
La Christie è una delle autrici più significative nel sottogenere crime village, in cui l’ambiente ristretto dove tutti conoscono tutti e spiano la vita l’uno dell’altro è particolarmente adatto a studiare le relazioni tra i personaggi e i drammi che spesso ne scaturiscono…
Sì, hai ragione. Il crime village mi ha in effetti sempre affascinato. La tecnica investigativa di Annabella si basa molto sull’osservazione e nel raggiungere i suoi obiettivi di ricerca il supporto dei tanti personaggi secondari è essenziale. Sotto il profilo della tecnica investigativa i miei romanzi sono sicuramente molto “corali”.
A giugno, quando ebbi il piacere di averti ospite a Bologna, mi raccontasti che era già abbozzato anche il terzo romanzo della serie, ma che non avevi intenzione di “imprigionare” Annabella in una serialità senza fine.
Hai cambiato idea? Sappi che i tuoi lettori vogliono godersi Annabella ancora a lungo…
Sicuramente ho un progetto definito per i prossimi romanzi. Ti confermo che non credo nella serialità infinita. Ma in ogni caso andrò dove mi porta il cuore.
Grazie a Barbara Perna per aver trovato il tempo, tra i suoi mille impegni professionali, di rispondere alle domande di MilanoNera e grazie per la carica di irresistibile umanità che ha saputo infondere nella sua protagonista.
L’AUTRICE
BARBARA PERNA, nata a Napoli, è giudice civile dal 1999. Ha lavorato presso i tribunali di Lagonegro, Santa Maria Capua Vetere e Montepulciano. Attualmente è in servizio presso la sezione fallimentare del Tribunale di Roma. Ha 51 anni, è felicemente sposata, e ha due figlie. Annabella Abbondante, La verità non è una chimera (Giunti, 2021) è il suo romanzo d’esordio, seguito da Annabella Abbondante, L’essenziale è invisibile agli occhi (Giunti, 2022).