In meno di due giorni, in ventinove ore appena, si consuma il diabolico piano di un serial killer che, invasato dalla sua perversa sete di vendetta, riesce a plagiare, ricattare e sfruttare i suoi complici per commettere i suoi efferati delitti.
Ma spesso, si sa, la pazzia ignora le regole e pretende di imporre le sue.
«L’unico modo per fermarlo è entrare nella sua testa. Scoprire cosa lo muove: nel modus operandi si nascondono il carattere, le pulsioni, ciò che prova. È il regista di un film crudele e ce lo sta somministrando poco alla volta. Capiamo il film e troveremo lui» dichiara alla sua squadra Barbara Schiller, abile profiler alla quale la polizia ha affidato il compito di tracciare il “mostro” e che vuole solo riscattarsi dopo un grave errore del suo passato.
Il romanzo non è diviso in capitoli, bensì in un tempo che, dopo l’introduttivo prologo, scorre rapido, denso di paure, di spaventosi delitti e di attentati e che, come una implacabile clessidra, scandisce minuti e ore della macabra carneficina, rovesciando i granelli della sua sabbia fino all’epilogo.
Si dice addirittura che il 29 sia quasi un numero cabalistico per età, numero di omicidi, eccetera eccetera, da quanto figura negli annali dei serial killer di oltreoceano. Il romanzo poi, volutamente impostato come un thriller all’americana, è ambientato a New York, la città della grande mela. E nell’attuale mondo semi dorato ma che trasuda sporcizia, che è poi quello dei talk show e delle grandi agenzie giornalistiche d’assalto, sempre pronte a tutto pur di aggiudicarsi le esclusive più scottanti. Senza dimenticare gli attacchi degli hacker ai sistemi informatici e la loro crescente e inquietante possibilità di potere e controllo.
Il cadavere di un falso barbone, al quale sono stati barbaramente asportati i bulbi oculari e con una macchina fotografica incollata con del nastro adesivo sul volto, aprirà la serie dei crimini.
La fotoreporter Veronika, specializzata con il suo network nella denuncia sociale newyorkese dell’emarginazione, tipo riprendere poveri barboni, anziani abbandonati, cani randagi alla ricerca di cibo, si trova suo malgrado coinvolta in un incomprensibile e strano complotto di morte. A conti fatti dopo un anno dalla sua partecipazione a un famoso talk show, qualcuno (un killer spietato?) comincia a uccidere barbaramente uno dopo l’altro tutti gli ospiti intervenuti alla puntata con lei. Tutti possibili vittime, ma anche possibili carnefici. Durante le indagini saltano fuori indizi che non tornano e, almeno così pare, nessun vero movente. Ma gatta ci cova e chi è il perfido folletto che chiede favori a chi non li può rifiutare? Fra i possibili sospetti, insieme a Veronika, ci sono anche un famoso reporter di guerra, un bravo avvocato che è anche proprietario di un’agenzia fotografica concorrente e lo stesso conduttore del talk show… Qualcuno di loro potrebbe essere il mostro? Oppure?
Il modo di scrivere e concepire la concatenazione dei fatti fa dell’autrice, nell’editoria da anni con la De Agostini e oggi a Londra con Eaglemoss (e quindi, dico io, il mestiere lo conosce), un’intraprendente seguace dei grandi scrittori americani di thriller. Per lei niente commissari o ufficiali di carabinieri all’italiana.
Una partenza a cento all’ora, seguita da un frenetico e talvolta addirittura surreale susseguirsi di colpi di scena, quasi fossero fuochi d’artificio, per un killer specialmente macabro, ci schiera pronti e impavidi ad assistere al grand guignol, che continuiamo a scoprire fino in fondo .
Elisabetta Cametti fa dire a una delle sue pedine vittime predestinate (una realtà che chi scrive conosce bene): «Ho scoperto che “il potere dello scrittore” è strabiliante: agisce sullo spirito, stimola la parte più irrazionale, tocca le corde profonde. Se lo scrittore è bravo a scatenare emozioni, il gioco è fatto. Lo scrittore muove i propri personaggi e ne sceglie il ruolo. Possono essere protagonisti o comparse. Vittime o assassini. Attori dinamici o interpreti passivi. Anime condannate a vivere o a morire. In altre parole, lo scrittore ha il mondo in mano.»
Quindi attenti a noi perché ogni scrittore potrebbe essere un potenziale killer.
Il regista
Patrizia Debicke