A meno che non si voglia evocare per l’ennesima volta- ma non del tutto a sproposito- l’anima creativa di Emilio Salgari, l’Italia fino a una decina d’anni fa non aveva una tradizione di action-writers. Il thriller d’azione è, letterariamente parlando, americano. Un po’ deriva dai dime –novel (romanzi da un soldo) che si vendevano già alla fine dell’800 e proponevano fantasiose elaborazioni della vita di famosi pistoleros.
Il genere, che poi si trasformò in pulp( nome derivato dal tipo di carta di cattiva qualità impiegato per le edizioni economiche) con il nuovo secolo spostando l’azione dalle praterie a scenari urbani, ha sempre destato interesse. Ai “cappelloni” si sostituivano gli agenti della Pinkerton, i poliziotti privati come l’agente Callahan (che poco a che fare con il personaggio di Eastwood che è degli anni 70) e persino Joe Petrosino, sbirro di origine italiana ma impegnato con la mano nera trapiantata a brooklyn. Dopotutto i Cowboys, la banda Canton-McLowry della famosa sfida all’OK Corral rappresentò la prima forma di malavita organizzata americana. Da qui una tradizione popolare di eroi con la mascella di ferro, il pugno facile e la pistola sempre carica. Nei fumetti c’era Dick Tracy e, nel corso del tempo arrivarono romanzi di una ben più salda struttura letteraria. Se pure Chandler e Hammet siano in bilico sul noir d’atmosfera, il modello del Private Eye virò all’azione nei loro successori Lemmy Caution e Lew Harper. Con la Guerra fredda il poliziesco si contamina con l ‘avventura di spionaggio creando un genere nuovo. Qui l’avventura, l’esotismo e l’erotismo si abbinano per imporre nuovi ritmi, nuovi temi al filone. Intendiamoci action –thriller non significa storie dominate da sparatorie e morti ammazzati a ogni pagina. L’azione, come concetto letterario,è sinonimo di un ritmo particolare che impone capovolgimenti di fronte,colpi di scena insomma “movimento” non solo nel senso fisico. È l’essenza della Hard Boiled school ma anche dei romanzi neri di Richard Stark (alter ego nero di Donald Westlake)e, alla fine della spy-story di Ian Fleming e di 007. E qui l’azione si sposta in Europa seguendo vie solo in apparenza differenti. Le indiavolate avventure di OSS117 e di Malko Linge appartengono a quel nero avventuroso dove l’azione si sposta continuamente per il mondo ma, alla fine, non c’è grande differenza con i rifili di Le Breton. Storie di gangster, storie di spie. Colpi alle banche e attacchi a basi segrete, di fondo cambiano le impalcature ma non il succo. Ci sono sempre eroi solitari, un po’ tristi con quella spavalderia con cui vorrebbero spaccare il mondo, vicoli bui, tradimenti e donne che ci si illude essere fedeli e invece il più delle volte rappresentano l”ultimo insormontabile ostacolo. E in mezzo a tutto questo appostamenti, inseguimenti, scazzottate, sparatorie ma anche indagini condotte con dialoghi serrati e metodi sbrigativi. In questo l’action thriller si discosta dal noir d’atmosfera con il quale condivide un cinismo di fondo ma non il ritmo. Woolrich e Goodis seguono una strada se vogliamo meno rapida ma attraversano le stesse città livide di pioggia con le stesse insegne ammiccanti di Nick Carter e Vicky la Berlinese. E in Italia?
Il punto sull’action thriller
Stefano Di Marino