“In questo romanzo, non del tutto affidabile storicamente, le vicende per metà sono romanzate e altrettante vere. Le parti più incredibili sono quelle realmente accadute.”
Così mette le mani avanti nei ringraziamenti l’autore, Lorenzo Beccati, di cui almeno una volta avremo ascoltato la voce vedendo Paperissima o Striscia la notizia, essendo sua la voce del Gabibbo e del tormentone “Vicini, vicini”.
Lorenzo Beccati, da poco in libreria col raffinato “Il pescatore di Lenin”, ha spulciato a fondo nella bibliografia esistente sulla presenza a Capri di Lenin e ne ha plasmato un romanzo pieno di sentimento. La realtà storica vede soggiornare Lenin nell’isola azzurra due volte: nel 1908 nel 1910 (vi rimane una settimana la prima volta e tredici giorni la seconda), ospite di ricchissimi russi e tra loro lo scrittore Maksim Gor’kij e Bogdanov, con cui disputerà una partita a scacchi rimasta celebre.
L’incipt del “Il pescatore di Lenin” comincia ai giorni nostri, quando Thomas Cap, un professore che vive in Australia sbarca a Capri per leggere in un libro che qualcuno gli ha lasciato in albergo una storia che lo tocca da vicino. Una storia che racconta avvenimenti di un secolo prima e coinvolge la sua esistenza e la intreccerà con quella di Lenin e di Antò Caputò ‘o muto di Capri.
Antò è un vigoroso e riccioluto pescatore prossimo alla quarantina, innamorato della sensuale e bellissima Carmela e degli ideali socialisti propugnati da Lenin. Di carattere focoso che non indietreggia davanti all’arroganza dei padroni, Antò è l’unico ad accogliere Lenin quando, proveniente da Parigi, sbarca a Capri in una piovosissima giornata. E gli regala un gigantesco totano con cui il futuro padre della rivoluzione bolscevica, che si macchierà le mani del sangue di migliaia di russi giustiziati in nome di una rivoluzione proletaria, bagnato fradicio e con quel cefalopode si presenta a Villa Blaesus suscitando l’ilarità dei padroni di casa.
Sull’isola Lenin è tenuto sotto costante sorveglianza dalla polizia e l’unico vero amico su cui potrà contare sarà quel muto dal cuore rivoluzionario, dove si agita indomito lo spirito di chi non accetta i soprusi dei padroni, come dimostrerà quando Antò difenderà a rischio della propria vita la quattordicenne Sofia. Serva dall’età di sette anni in casa Nascimbeni, Sofia sarà abusata fin bambina dall’infame padrone di casa, don Gennaro, che però non si farà scrupolo di scacciarla in malo modo dopo averla messa incinta, appoggiato dalla moglie, vecchia e consapevole.
L’autore ci offre lo spaccato di una società avariata che segna in maniera nettissima le differenze sociali e ne rimarca le nefandezze con pennellate che leggere ma capaci di incidere nel profondo. Anche sul tema degli abusi sui minori l’autore si sofferma ancora, in particolare quando emergono le depravazioni di Friedrich Alfred Krupp, rampollo della ricchissima famiglia tedesca produttrice di armi. Friedrich Alfred aveva acquistato la grotta di un eremita, l’aveva arredata con mobili antichi di lusso, tappeti, arazzi e lampade marocchine e ne aveva fatto la propria alcova dove abusava dei bambini capresi.
Lenin si trova sul panfilo dei Krupp e lo scrittore Gor’kij, dopo averlo scioccato con quelle rivelazioni, aggiunge: “Spesso i genitori erano a conoscenza di questo commercio carnale, ma lo accettavano per non morire di fame. Portavano al sacrificio non solo i prescelti dal pervertito, ma anche i fratelli più piccoli”.
Un romanzo dove riecheggiano le differenze sociali che, ieri come oggi, non tengono conto dell’innocenza dei più deboli e rimarcano come l’uomo capace di grandi ideali è anche un essere che divora le proprie creature. Basti pensare al turismo sessuale che avviene ai nostri nei Paesi del Terzo mondo.
Tra Antò e Lenin nasce un rapporto di reciproco rispetto.
Antò dà rifugio a Lenin nella sua modesta abitazione quando lo stesso sfugge saltando dal balcone a un repentino tentativo di arresto da parte di un finto ufficiale.
E Lenin difende Antò quando subisce le prepotenze del poliziotto violento che gli scaraventa a mare il pesce freschissimo sostenendo che sia marcio.
Il rapporto tra Lenin e Antò diventa virile complicità quando sull’isola sbarca Elizaveta, sensuale amante francese di Lenin e Antò finalmente conquista Carmela. A Capri Lenin viene anche chiamato il professore Drin drin, dopo che Antò gli aveva insegnato a pescare e tale nomignolo, se dapprima scandalizza Elizaveta che lo troverà irriverente, poi la farà sorridere quando ne capirà l’origine.
E sui tale origine, l’autore ci regala pennellate struggente della Capri del tempo.
La scena vede gli altri pescatori che osservano incuriositi il russo e il muto che gli insegna a pescare.
Gli uomini si passavano, da un’imbarcazione all’altra, il buonumore di una bottiglia di vino e pezzi di pane secco intinti nell’acqua di mare per ammollarli e su cui era stato sfregato del pomodoro. Affiorò dall’acqua un sarago di tutto rispetto. Il muto lo acchiappò col retino e lo travasò nel mare rubato col secchio. Lenin gioiva felice come un bambino davanti a un regalo impacchettato. Il pescatore voleva fargli sapere che i pesci catturati in quel modo rimanevano integri, e non con la spina dorsale spezzata o le squame raschiate come succedeva con le reti, e dunque assai più gustosi, ma era un concetto impossibile da esprimere a gesti.
La storia dell’amicizia tra i due culminerà in una mini rivoluzione di cui nulla diremo, ma di cui leggerà il prof australiano che abbiamo visto all’inizio del romanzo sbarcare a Capri, e che a libro ultimato, si ritroverà davanti la tomba di Antò, dove qualcuno che non aveva mai visto prima e di cui ignorava perfino l’esistenza, ha messo una rosa colta da poco.
Un libro insolito, fresco, che regala ore di lettura e lascia sulle labbra il sapore del sale e del sole dell’isola azzurra, dove un secolo fa, su un terrazzo della magnifica Villa Blaesus, Vladimir Lenin giocava a scacchi con i socialisti Alexander Bogdanov e Maksim Gorki, tracciando il futuro di sangue della rivoluzione russa che sarebbe scoppiata da lì a pochi anni e avrebbe segnato la nascita dell’Unione Sovietica.
Ancora oggi il busto di Lenin rimane nei giardini di Augusto a guardare i Faraglioni.