Protagonisti assoluti del bel romanzo di Liz Moore, pubblicato da NN Editore, sono sicuramente i boschi delle Adirondack e le insidie che essi nascondono. La terza regola, che veniva inculcata ai ragazzini appena giunti a Camp Emerson, era infatti: «Se ti perdi, siediti e mettiti a urlare», scritta a lettere maiuscole in molti spazi comuni. A Tracy, lì per lì, era sembrata una direttiva quasi comica, ma gliel’avrebbero ripetuta la sera stessa davanti al falò, spiegandone la logica.
Tracy, quell’estate del 1975, avrebbe voluto fare altro, invece che andare a Camp Emerson. Avrebbe desiderato continuare a trascorrere i mesi estivi come aveva fatto sino ad allora. Capelli rossi, voluminosi, indomabili, viso cosparso da lentiggini così pronunciate che un gruppetto di ragazzini l’aveva soprannominata «Unisci i puntini», cercava di passare inosservata, limitando i rapporti, e le chiacchiere con i coetanei, al minimo indispensabile. Avrebbe sperato di poter tornare nella casa vittoriana di Saratoga Springs, quella che i genitori prendevano in affitto da dieci anni, abbassare un poco le tapparelle, socchiudere le finestre, puntarsi addosso tutti i ventilatori della casa, sdraiarsi sul divano e alzarsi solo per prepararsi degli spuntini elaborati. E leggere, leggere, leggere. Il padre aveva invece pensato di divorziare e trovarsi una fidanzata molto più giovane, e bella: Donna Romano. Era lei che l’aveva condotta al campo estivo: lui non si era nemmeno disturbato di accompagnarla personalmente.
Era stata assegnata al bungalow «Aceto balsamico», insieme ad altre otto ragazze. Era stato facile, quasi naturale, fare amicizia con Barbara, figlia dei Van Laar, banchieri di Albany e proprietari di Camp Emerson. Contrariamente a ogni regola e consuetudine, Barbara aveva deciso, quell’estate, di partecipare alle attività estive del Camp. Ribelle, amante delle provocazioni, non perdeva occasione di mettere in imbarazzo la famiglia. Così Alice, sua madre, emotivamente e psichicamente fragile, aveva colto al volo l’occasione di liberarsi della presenza imbarazzante di quella figlia troppo originale.
«Fiducia in sé stessi» era il nome che i Van Laar avevano dato alla casa di famiglia, nel parco delle Adirondack, sulla riva del lago Joan, vicino al monte Hunt. L’atmosfera che vi si respirava era tutto fuorché un invito ad acquisire una reale fiducia in sé stessi. Questo, per lo meno, era quanto successo ad Alice, madre di Barbara e moglie dell’ultimo erede dei Van Laar, che si chiamava Peter, come suo nonno e suo padre. La scomparsa del primo figlio Bear aveva infatti inferto un duro colpo alla fragile Alice, che non si era più ripresa. E che non riusciva a prendere decisioni o imporsi alla volontà del marito, soprattutto per quel che riguardava l’educazione della figlia Barbara, nata anni dopo la scomparsa del fratello.
Era stata Louise, la coordinatrice-ventitré anni, gambe e braccia corte, voce roca e piena di allegria- ad accorgersi della scomparsa di Barbara dal bungalow in cui alloggiava: la mattina, il suo posto nel letto a castello che condivideva con Tracy, era inspiegabilmente vuoto. Ma, sia lei che la sua vice Annabel avevano dei buoni motivi per non volerlo rivelare: la notte precedente non si trovavano a Camp Emerson, a vigilare sulle ragazzine loro affidate.
T.J., Tessie Joe, figlia di Vic Hewitt, vecchio direttore di Camp Emerson, diventata direttrice dopo la malattia mentale che aveva colpito il padre, dirigeva il campo estivo con fermezza. Originale, mascolina, capelli tagliati a forma di scodella, aveva conosciuto e amato Bear, il primogenito dei Van Laar, e ora proteggeva con occhio vigile Barbara. Era temuta e rispettata dai suoi sottoposti e dalla stessa Alice, madre di Barbara. Il suo affetto, un tempo rivolto a Bear, sembrava ora confluire su Barbara, non senza creare sospetti.
Judyta Luptak, detta Judy, era la giovane detective inviata nelle Adirondack, insieme alla sua squadra, declinata completamente al maschile. Inizialmente osteggiata dalla famiglia Van Laar, poco per volta era entrata in confidenza con elementi chiave della ricerca ed era riuscita a far luce su diversi aspetti ancora oscuri.
Di ricerca in ricerca, si era così giunti a rivedere il caso, archiviato troppo velocemente, della sparizione del primogenito Bear, di cui era stato frettolosamente accusato Carl Stoddard, guardiano della proprietà nonché pompiere volontario, morto di infarto per il dolore. C’era il sospetto che molti personaggi non dicessero la verità , o volessero nascondere qualcosa: Peter, padre di Bear e marito di Alice; Delphine, sorella di Alice; John Paul McLellan, ambiguo, ricco e violento fidanzato di Louise; Annabel vicecoordinatrice di Louise; Jacob Sluiter, evaso cinquantenne. Pareva che fossero in molti a conoscere tante, forse troppe, cose e a non volerne parlare.
In maniera poco comprensibile Jacob Sluiter, una volta trovato e arrestato, aveva voluto essere interrogato dalla giovane Judy, per rivelarle dettagli e aiutarla a venire a capo del mistero della sparizione e presunta morte di Bear. Dai suoi racconti, Judy intuisce che niente è avvenuto come si era pensato e la soluzione, molto più vicina di quanto ipotizzato, sorprende e stupisce il lettore. Anche la scoperta di dove, come e perché Barbara sia sparita, spariglia le ipotesi formulate e getta nuova luce sull’intero sviluppo della storia.
La vicenda, narrata al presente con riferimenti precisi all’estate del 1975, procede aprendo ampi capitoli e digressioni non solo sui mesi precedenti ma anche sugli anni passati, raggiungendo storie avvenute in altri luoghi nel lontano 1961. Liz Moore procede avanti indietro sulla linea spazio-temporale, alternando flash back e narrazioni in presa diretta, calandoci nel vivo della storia.
Le molte domande che ci hanno incuriosito durante la lettura–dove andava ogni notte Barbara uscendo dal bungalow? Che ruolo aveva nell’intera vicenda John Paul Mc Lellan fidanzato di Louise e amico di famiglia dei Van Laar? Quanto era affidabile Annabel? Quale il posto occupato da Delphine, sorella di Alice, nella famiglia Van Laar?-trovano infine risposta.
La lettura, avvincente e mai noiosa, scorre velocemente fino al finale.