I complici



Georges Simenon
I complici
adelphi
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Joseph Lambert ha solo il tempo di schivare il pullman. Mano sinistra sul volante e destra tra le cosce di Edmonde, la taciturna segretaria, riesce a tenere l’auto sulla strada con un pericoloso zig zag. Pericoloso per il pullman, che si schianta contro un muro poco oltre. Joseph ha solo il tempo di guardare dallo specchietto retrovisore l’immenso falò che l’impatto produce. Non si ferma. Non ci ha pensato un attimo. Solo poco dopo viene a sapere che quel pullman trasportava una cinquantina di bambini. Tutti morti i passeggeri, con l’eccezione di una ragazzina che i medici non disperano di salvare, nonostante un quadro clinico che non lascia molto spazio all’ottimismo.

Ed è in quel momento che Joseph incomincia a scendere verso un suo personale inferno. Anche se nessuno lo ha visto e niente lo può incastrare. Neanche la segretaria-amante, troppo presa in quel momento nell’universo del piacere. Non si è accorta di nulla. Però si è accorto lui. Si accorge quanto gli pesi la normalità del saggio fratello e quanto sia diventata irritante l’improvvisa mediocrità che attribuisce alle vite dei compagni di bridge al caffè. Ma se il nulla di fuori gli mozza il respiro, non che il panorama che trova dentro sé sia un scintillio di colori e odori. Come giudicare un uomo che non cerca altro che rivedere il momento di godimento impresso sul volto della fredda amante, una maschera tra narici contratte e smorfia del labbro per niente sinonimo di sorriso? Poca roba, è vero. Ma niente ormai davanti alla domanda prima: sono davvero colpevole della tragedia?

Uno dei roman-roman più duri di Georges Simenon questo I complici, scritto nel 1956 e ora riproposto come consueto da Adelphi. Perché il tribunale interno è quello che in genere offre meno attenuanti. E se il circostante continua nel suo grigio organizzarsi come sempre, se non c’è proprio il più lieve pericolo che imponga di mettere a punto una fuga che, pur in modo perverso, testimoni che la propria libertà è carne fresca da darci il senso di una vita via, allora la situazione sembra davvero compromessa. Forse neanche un grido munchiano si rivelerebbe utile per svuotare una solitudine che in modo lacerante fa esplodere improvvisamente tutto il silenzio di cui si è nutrita per troppi decenni. Romanzo eccellente (e vabbè direte voi, è pur sempre Simenon). Lezione di stile per chi scrive, o pensa di scrivere, dei noir.

Corrado Ori Tanzi

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