Un bellissimo incipit lungo un capitolo, interamente dedicato alla primavera, dove vengono coinvolti tutti i sensi del lettore, portato a volo d’uccello dall’alto fino a planare tra i vicoli, fino alla piazzetta dove c’è il chiosco di un fioraio, per mostrargli il contrasto stridente tra la languida bellezza della nuova stagione e il sangue, la cattiveria, il delitto. Così il lettore è subito incatenato a questo romanzo, uno dei più affascinanti di Maurizio de Giovanni, dalla prima pagina lirica al finale scandito dal ritmo dell’anafora. Fiori e ancora fiori per ricoprire di colori e di profumo le miserie umane, per parlare, col loro linguaggio, dei dolori e soprattutto dell’amore. Un fiore diverso per ciascuno degli otto protagonisti Bastardi e sono sicura, uno offerto a ogni lettore.
“Rinunciate una meta, se siete a Pizzofalcone in primavera. Diventate sensoriali, andate a vela. Affidatevi alla pelle, alle orecchie, al naso”.
È possibile scrivere una crime story usando toni lirici e contemporaneamente rimanere aderenti alla realtà dei fatti, all’argomento cruento, al genere letterario. È possibile cambiare tonalità e colore da un romanzo all’altro e a seconda del personaggio, andare dal dramma, al melodramma, alla lirica, alla poesia e anzi, all’interno di un solo libro cambiare tonalità nei vari capitoli a seconda del personaggio che sale in scena.
C’è un legame forte tra lo scrittore e i suoi personaggi, da cui si fa condurre nella storia, in cui si immedesima a tal punto da soffrire e gioire con loro, cambiando la sua voce a seconda di quello che accade loro, tante volte quante sono le loro personalità. Credo che l’autenticità dei sentimenti che rappresenta sia una delle ragioni per cui ogni scritto di Maurizio de Giovanni attrae e avviluppa il lettore in una sorta di fascinazione per la sua opera.
Nella serie dei Bastardi assistiamo a un’evoluzione degli otto protagonisti: il lavoro di squadra si sta consolidando, non sono più gli individui sbagliati capitati per caso in un commissariato in fase di chiusura, con ferite profonde difficili da sanare: anche se non sono amici e ognuno continua la sua strada personale, indipendentemente dagli altri, ora nel lavoro formano un’unità, si fidano l’uno dell’altro, ragionano in collettivo, in un brainstorming che risulta molto efficace per risolvere i casi.
Del resto si sa, il tutto è maggiore della somma delle parti.
La serie dei Bastardi è quindi corale, polifonica, otto voci formano un’orchestra affiatata, accompagnati dal coro e dai suoni di un quartiere che sta nel cuore di una città polifonica: ne risulta un bel concertato, caratteristico del melodramma che tanta parte ha avuto nella cultura cittadina.
Nell’incontro precedente con Maurizio de Giovanni, in occasione dell’uscita di “Troppo freddo per Settembre” gli avevo chiesto cosa vede sente prova e pensa quando gira per le strade di Napoli , sempre protagonista, non secondaria, dei libri dello scrittore, davvero innamorato della sua città. In “Fiori” ci fa assaporare assieme a lui, come e forse più di sempre, l’atmosfera dei vicoli di quella città dai mille volti, dai mille suoni, dalle mille emozioni: così multiforme da sfuggire a ogni classificazione rigida.
Un altro tema caro a de Giovanni si sviluppa ampiamente in questo romanzo: l’amore in tante manifestazioni, perché tutti i personaggi di questo romanzo corale sono alle prese con i problemi del cuore, ognuno diverso, sempre doloroso. Si intuisce, da tutti gli scritti, che l’autore conosce bene quello che descrive, sa entrare empaticamente nell’anima di donne e uomini travolti dalle emozioni più forti, perché ha provato sulla sua pelle il dolore e la passione.
La narrazione della storia personale dei protagonisti sembra a volte prendere il sopravvento rispetto alla trama gialla. Si parla di un omicidio perché Eros e Thanatos non sono disgiunti, perché i Bastardi sono una squadra di poliziotti, ma l’indagine va di pari passo col romanzo dei Bastardi e con la storia del quartiere di Pizzofalcone, un villaggio nella città.
Un fioraio, molto amato in tutto il quartiere, viene massacrato. Un gesto inspiegabile: era un uomo dolce, gentile, una specie di “sindaco morale” e nel suo chiosco, una specie di biblioteca vegetale, non c’erano libri ma tante storie sue e della gente che gliele raccontava. La sua natura è in netto contrasto con la sua morte violenta e ben presto viene accusato un ragazzo albanese, che l’uomo proteggeva, a cui pagava gli studi.
Il tema del pregiudizio emerge subito: gli dà corpo un personaggio macchietta come Aragona che, come tanti altri, incolpa subito lo straniero.
Un pregiudizio contro cui combatte anche Alex, per altri motivi: lei che “vive una vita e in corpo ne ha un’altra”.
C’è anche il pregiudizio che emargina gli anziani, considerati inutili, improduttivi, incapaci di amare.
Pregiudizi contro cui combatte la squadra intera: nonostante i loro successi l’idea di chiudere il commissariato pesa ancora, come una spada di Damocle. La poca fiducia dei capi nei loro riguardi spinge la squadra a unirsi sempre più, a fare scudo contro chi vuole distruggerli, sempre nei limiti della legge, perché loro la rappresentano.
C’è un pregiudizio anche contro il genere giallo, considerato minore: ed è davvero assurdo, perché ci sono scrittori talmente bravi che è ridicolo che la critica abbia difficoltà a perdonarne il successo, e a riconoscerne il valore come narratori completi, come se non fosse sempre il pubblico dei lettori a determinarlo. Quando un romanzo ha visioni ampie e significati profondi non è certo la pastoia di un genere a determinare la qualità.
Chissà se de Giovanni ci regalerà anche romanzi d’amore senza storie nere? Lui stesso ha annunciato che ha in cantiere un romanzo senza delitti per il 2021. Ma vedranno la luce anche altre storie, di Sara, di Mina e dei Bastardi…tanti libri da non perdere!