Sarà per il nome, Patrizia; sarà per la sua professione, psicanalista; sarà – soprattutto – perché Patrizia Pesaresi è molto brava a creare dal nulla, senza ricorrere a trucchi da B-movie, un’atmosfera di sottile inquietudine. Sarà per tutte queste cose assieme che dopo aver letto le prime pagine del suo Dopo la prima morte viene istintivo pensare a Patricia Highsmith e ai suoi thriller psicologici.
Dopo la prima morte è il secondo romanzo della Pesaresi, entrato quest’anno nella cinquina del premio Scerbanenco (il precedente era stato selezionato due anni fa per la fase finale); ancora prima, nel 1985, un suo racconto aveva vinto il premio Gran Giallo al Mystfest di Cattolica.
Il leit motiv del romanzo è, fin dalla copertina, il labirinto, che ritorna ossessivamente quasi ad ogni pagina; la sua struttura è semplice: i capitoli si alternano, ognuno vissuto attraverso lo sguardo e la mente di uno dei due protagonisti, il famosissimo attore inglese Harold Bayley e l’antropologa italiana, esperta di labirinti, Patrizia Del Greco.I due si incontrano – molto poco casualmente – quando lui, collezionista di motociclette d’epoca, cerca di comprarne una appartenente a lei, custodita in una villa nel Dorset inglese e appartenuta (forse?) a Lawrence D’Arabia. Come in un gioco di specchi, e per l’appunto di labirinti, si intrecciano storie accadute in epoche diverse, la morte della spia inglese avvenuta proprio in quella zona e proprio dopo un incidente motociclistico – un incidente, o un attentato? – e quella del figlio di Patrizia, avvenuta, sempre a causa di un incidente motociclistico, nove anni prima in Italia, non lontano dal set di uno dei film girati da Harold.
La tensione sale man mano che il gioco tra i due diviene sempre più intimo, psicologicamente intimo, come un’unica ragnatela intessuta da due ragni; fino allo scioglimento, drammatico, imprevedibile, ma non definitivo. Perché…
Dopo la prima morte
Ugo Mazzotta